Il tempo a Gaza non è relax,
ma un assalto di calura cocente.
Perché i valori a Gaza sono diversi,
completamente diversi.
L’unico valore di chi vive sotto occupazione è il grado di
resistenza all’occupante.
Questa è l’unica competizione in corso laggiù.
E Gaza è dedita all’esercizio di questo insigne e crudele
valore che non ha imparato dai libri
o dai corsi accelerati per corrispondenza, né dalle fanfare
spiegate della propaganda
o dalle canzoni patriottiche.
L’ha imparato soltanto dall’esperienza e dal duro lavoro
che non è svolto in funzione della pubblicità
o del ritorno d’immagine.
Gaza non si vanta delle sue armi,
né del suo spirito rivoluzionario, né del suo bilancio.
Lei offre la sua pellaccia dura,
agisce di spontanea volontà e offre il suo sangue.
Gaza non è un fine oratore, non ha gola.
È la sua pelle a parlare attraverso il sangue, il sudore, le fiamme.
Per questo, il nemico la odia fino alla morte, la teme fino al punto di commettere crimini e cerca di affogarla nel mare, nel deserto, nel sangue.
Per questo, gli amici e i suoi cari la amano con un pudore che sfiora quasi la gelosia e talvolta la paura, perché Gaza è barbara lezione e luminoso esempio sia per i nemici che per gli amici. […]
La resistenza a Gaza non si è trasformata in
un’istituzione.
Non ha accettato ordini da nessuno, non ha affidato il
proprio destino alla firma né al marchio di nessuno.
Non le importa affatto se ne conosciamo o meno il nome, l’immagine, l’eloquenza.
Non ha mai creduto di essere fotogenica, né tantomeno di essere un evento mediatico.
Non si è mai messa in posa davanti alle telecamere
sfoderando un sorriso stampato.
Lei non vuole questo, noi nemmeno.
La ferita di Gaza non è stata trasformata in pulpito per le prediche.
La cosa bella di Gaza è che noi non ne parliamo molto, né incensiamo i suoi sogni con la fragranza femminile delle nostre canzoni.
Per questo Gaza sarà un pessimo affare per gli allibratori.
Per questo, sarà un tesoro etico e morale inestimabile per tutti gli arabi.
La cosa bella di Gaza è che le nostre voci non la
raggiungono, niente la distoglie.
Niente allontana il suo pugno dalla faccia del nemico.
Né il modo di spartire le poltrone del Consiglio Nazionale, né la forma di governo palestinese che fonderemo dalla parte est della Luna o nella parte ovest di Marte, quando sarà completamente esplorato.
Niente la distoglie.
È dedita al dissenso: fame e dissenso, sete e dissenso,
diaspora e dissenso, tortura e dissenso, assedio e dissenso, morte e dissenso.
I nemici possono avere la meglio su Gaza.
(Il mare grosso può avere la meglio su una piccola isola.)
Possono tagliarle tutti gli alberi.
Possono spezzarle le ossa.
Possono piantare carri armati nelle budella delle sue
donne e dei suoi bambini.
Possono gettarla a mare, nella sabbia o nel sangue.
Ma lei: non ripeterà le bugie.
Non dirà sì agli invasori.
Continuerà a farsi esplodere.
Non si tratta di morte, non si tratta di suicidio.
Ma è il modo in cui Gaza dichiara che merita di vivere.
[di Mahmud Darwish]