Un nuovo decreto di sequestro ha colpito l’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto. Lo ha emesso il gip di Potenza Ida Iura, la quale ha sancito che lo stabilimento è stato utilizzato in modo «criminale» e «a fini di profitto», ignorando gli accordi per ridurre l’impatto sulla salute e l’ambiente. Il provvedimento segue l’annullamento della sentenza nel maxi processo “Ambiente Svenduto”, legato alle attività inquinanti dell’Ilva tra il 1995 e il 2012, nella cui cornice è stato decretato l’invio di tutti gli atti a Potenza. Tuttavia, nonostante il nuovo provvedimento del gip, come accaduto in precedenza grazie ai decreti “salva Ilva”, le attività industriali non si fermeranno. La città rimane divisa: mentre governo e azienda puntano a rilanciare la produzione, ambientalisti e cittadini chiedono la chiusura definitiva dello stabilimento, evidenziando i rischi per la salute pubblica.
«È evidente – ha messo nero su bianco la giudice potentina – che l’utilizzo criminale dello stabilimento a fini di profitto in spregio persino agli accordi presi per ridurre l’impatto mortale delle lavorazioni non può che essere arrestato sottraendo la disponibilità delle aree in cui avvengono le lavorazioni che hanno determinato la compromissione dell’ambiente, della salute dei lavoratori e della popolazione residente». L’atto, con cui è stata scongiurata l’eventualità di un dissequestro, è stato notificato ai commissari straordinari di Acciaierie d’Italia e Ilva in Amministrazione Straordinaria. «È stato accertato il gravissimo quadro sanitario della popolazione di Taranto – si legge ancora all’interno del provvedimento scritto dal gip – in ragione della esposizione alle emissioni industriali e dell’impiego in diversi comparti lavorativi, quadro destinato inesorabilmente a peggiorare nel tempo per la latenza tra esposizione ed esiti». Eppure, grazie ai diversi decreti salva-Ilva che si sono succeduti negli anni e alla facoltà d’uso, lo stabilimento potrà continuare la sua attività. Il primo provvedimento di sequestro, sottoscritto dalla gip di Taranto Patrizia Todisco, era stato emesso nell’estate del 2012: concerneva l’area dei parchi minerali, le cokerie, l’agglomerato, gli altiforni, le acciaierie e l’area di gestione dei rottami ferrosi.
Per la conferma del sequestro, la pronuncia del gip di Potenza era necessaria in seguito all’annullamento del verdetto di primo grado con cui, nel maggio del 2021, erano state comminate significative condanne a 26 dei 37 imputati al processo denominato “Ambiente svenduto”, incentrato sul disastro ambientale contestato all’Ilva dal 1995 al 2012, sotto la gestione dei Riva. La Corte d’Assise d’Appello di Taranto, a settembre, ha infatti accolto la richiesta avanzata dalla difesa della famiglia Riva di spostare il processo a Potenza, dal momento che i giudici di primo grado, residenti a Taranto, sarebbero stati a loro volta «parti offese» nel procedimento, ovvero vittime dello stesso potenziale reato che avevano il compito di giudicare, non potendo dunque avere la «giusta serenità» per pronunciarsi. Il nuovo provvedimento del giudice arriva a pochi giorni dalla riaccensione dell’altoforno 1, avvenuta martedì scorso alla presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. I comitati e le associazioni ambientaliste avevano protestato, denunciando l’incompatibilità dell’impianto con le normative europee in materia ambientale, criticato la cerimonia come un «affronto alla dignità» del territorio e consegnando al ministro un simbolico “daspo urbano”.
[di Stefano Baudino]