domenica 20 Ottobre 2024

Gaza, Israele rade al suolo un intero isolato residenziale: almeno 73 morti

Al quindicesimo giorno di assedio totale dell’area settentrionale della Striscia di Gaza, Israele non sembra volere dare tregua al governatorato di Nord Gaza, dove continua a compiere una strage dietro l’altra. Ieri, dopo avere bombardato due scuole, continuato l’assedio di un ospedale, sparato su un’ambulanza, bersagliato tende e rifugi per sfollati, e prelevato indiscriminatamente persone da deportare a sud, è arrivato l’ennesimo massacro: nella sera, l’aviazione israeliana ha lanciato un bombardamento su un intero blocco residenziale della città di Beit Lahia, uccidendo almeno 73 persone e ferendone decine. Molti sono ancora intrappolati sotto le macerie, e il numero delle vittime sembra destinato ad aumentare. Tra feriti e dispersi, non è ancora possibile definire il numero totale delle persone coinvolte, anche perché i medici stanno riscontrando sempre più difficoltà nel prelevare i corpi di defunti e feriti: dall’inizio dell’assedio, Israele ha infatti cinto l’intera area di carri armati e soldati, impedendo l’accesso a cibo, acqua, medicine, e carburante, e ha continuato a bersagliare gli operatori medici della zona.

Il massacro di Beit Lahia è stato annunciato ieri, qualche minuto prima delle 22:30. A essere preso di mira è stato un intero isolato residenziale, raso al suolo da un’intensa serie di bombardamenti dell’aviazione israeliana. Dopo il raid aereo, avvenuto senza preavviso, i quadricotteri delle IDF hanno iniziato a prendere di mira i paramedici che tentavano di raggiungere i feriti e le persone intrappolate sotto le macerie. Vista la portata della devastazione causata dall’attacco, non si sa ancora quante persone siano state uccise o ferite da quest’ultimo massacro. Il primo bilancio delle vittime arrivava a 60 morti, ma poco dopo le fonti ufficiali lo hanno alzato a 73. Da allora, non ci sono ulteriori notizie riguardo al possibile numero di morti, feriti e dispersi, perché gli operatori sanitari non stanno riuscendo a soccorrere le persone, tra complicazioni logistiche nello spostamento dovuti alla mancanza di carburante, questioni di natura medica derivanti dalla scarsità di medicine, e non indifferenti problemi di sicurezza, visto che gli ospedali sono assediati, le ambulanze vengono colpite dal fuoco dei soldati, e i medici sono oggetto dei medesimi attacchi che colpiscono i veicoli. Secondo il giornalista palestinese Hossam Shabat, che risulta ancora attivo nell’area di Nord Gaza, il numero di morti dovrebbe essere salito a 80.

La strage di ieri si inserisce nel più ampio piano di assedio totale del nord della Striscia, dove da 15 giorni le forze israeliane hanno intrappolato circa 400.000 persone, bloccando sin dall’1 ottobre l’accesso a cibo, acqua, medicine e carburante. Dal 6 ottobre, invece, le città di Jabaliya, Beit Hanun, e Beit Lahia risultano completamente accerchiate e isolate dal cordone di soldati e carri armati. In questi 15 giorni, l’esercito israeliano ha emesso vari ordini di evacuazione, prendendo tuttavia di mira gli stessi civili in fuga, e non fornendo ai cittadini il tempo sufficiente per andarsene. Nel frattempo, ha iniziato ad assediare gli ospedali e le strutture mediche dell’area, senza risparmiare dai propri colpi medici e giornalisti. Venerdì 18 ottobre è stata infine interrotta la copertura internet della zona, rendendo ancora più difficile a civili e giornalisti comunicare verso l’esterno e documentare quanto accade. Dall’inizio dell’assedio, Israele ha ucciso oltre 500 persone. In generale, in tutta la Striscia di Gaza, dall’escalation del 7 ottobre, l’esercito israeliano ha ucciso direttamente almeno 42.519 persone, anche se il numero di morti totale potrebbe superare le centinaia di migliaia di persone, come sostenuto da un articolo della rivista scientifica The Lancet, e dalla recente lettera di medici volontari nella Striscia.

[di Dario Lucisano]

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