Negli ultimi tredici anni oltre mezzo milione di giovani hanno deciso di lasciare il Paese, in cerca di migliori condizioni di vita e lavoro all’estero. A dirlo sono i dati elaborati dalla Fondazione Nord Est e presentati ieri, mercoledì 23 ottobre, al CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Al netto dei rientri, si parla di oltre 370.000 ragazzi e ragazze che hanno deciso di abbandonare l’Italia, corrispondenti, in termini di perdita economica, a un capitale umano di oltre 130 miliardi di euro. Chi per necessità, chi per scelta, la maggior parte si è trovata, effettivamente, in situazioni migliori: i giovani espatriati risultano più soddisfatti dei rimasti, e quasi l’80% è occupato, contro il 64% nel nord Italia. Una situazione critica, considerando inoltre che l’Italia si piazza all’ultimo posto tra i grandi Paesi europei per attrazione di giovani. Lo Stivale accoglie, infatti, solo il 6% di giovani in partenza del Vecchio Continente, dato che rende pienamente l’idea di come “la fuga dei giovani” si configuri come una “vera emergenza nazionale”.
Il rapporto della Fondazione Nord Est è stato pubblicato lo scorso 29 agosto con il titolo “I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero”, ma è stato presentato solo ieri, con qualche aggiornamento dei dati. Lo studio presentato riguarda il periodo 2011-2023 e prende in considerazione i giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 34 anni. Secondo le analisi, sarebbero 550.000 i ragazzi e le ragazze che hanno deciso di trasferirsi all’estero, pari a oltre 377.000 persone al netto dei rientri. Questi corrisponderebbero a una perdita di capitale sociale di 134 miliardi di euro potenzialmente triplicabili se si considera la sottovalutazione dei dati ufficiali. Per ogni giovane che arriva in Italia, insomma, otto la lascerebbero. Secondo il rapporto, la maggior parte degli emigrati (il 35%) proverrebbe dal nord, la metà sarebbe laureata e un terzo diplomato. Tra le motivazioni principali per cui i giovani partono si trovano le migliori opportunità lavorative (25%), le opportunità di studio e formazione (19,2%) e la ricerca di una qualità della vita più alta (17,1%); 10% per la migliore condizione salariale. Il grado di soddisfazione degli espatriati (56%) è molto più alto rispetto a quello di coloro che sono rimasti (22%); il 69% crede in un futuro “felice” (contro il 45%); il 67% lo considera “ricco di opportunità” (contro il 34%), e il 64% lo giudica “migliore” (davanti al 40%). Tra le cause, figura certamente la più appagante situazione lavorativa sul fronte occupazionale, che raggiunge il 100% tra i non diplomati.
Guardando la situazione socio-economica del Belpaese non si può certo biasimare i giovani italiani che decidono di andarsene: l’ultimo rapporto Censis descrive la popolazione come “sonnambula”, impaurita, sfiduciata e scossa dalle difficoltà del Paese. Se si guardano effettivamente i dati sul reddito degli italiani, questo risulta mal distribuito e – nella sostanza – in calo. Male anche per quanto riguarda il dato occupazionale, per cui l’Italia figura, come da anni, fanalino di coda dell’Unione Europea. Secondo un rapporto di Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) realizzato in collaborazione con lo stesso Censis, gli italiani guadagnano e lavorano talmente poco che il 42% delle persone con redditi bassi nel 2023 ha rinunciato a curarsi. Guardando gli ultimi dati Eurostat, il quadro socio-economico risulta in una prospettiva generale in crisi su vari fronti, a partire dai dati sulle persone a rischio di povertà, passando agli eccessivi costi abitativi, fino ad arrivare ai livelli di insoddisfazione.
[di Dario Lucisano]
Da espatriato da 10 anni in Uk, non posso che confermare che in Italia i giovano vengono umiliati: una burocrazia che funziona, uno stato che investe e un mercato del lavoro davvero flessibile che ti permette di riscattarti da lavori che hai sempre fatto e che non vuoi piu’ fare e’ il vero motivo per cui i giovani se ne vanno. In Italia non c’e’ e forse non c’e’ mai stato un piano a lungo termine.
si sopravvive e finche ce n’e’ viva il re, gli altri si arrangino
L’emigrazione e’ sempre stata una necessita’ degli umani. Da sempre la popolazione si sposta verso condizioni piu’ favorevoli. Nel caso dell’Italia la situazione e’ sempre stata dall’Unita’ ad oggi di deficit. Nella seconda meta’ dell’Ottocento l’Italia perse quasi la meta’ della popolazione che emigro’ sopratutto nelle Americhe. Il problema caratterizza anzitutto la classe dominante, la borghesia, che ha avuto sempre un approccio dispregiativo nei confronti della popolazione e una mancanza di visione del futuro. Non avendo cio non investe sui giovani ma preferisce sbarazzarsene per mezzo dell’emigrazione, contando su di un appropriazione della ricchezza da un punto di vista soggettivo, di predatore, ma non ragionando come paese. Cosa che fanno in NordEuropa. Offrendo possibilita’ di studio, di lavoro perche’ questo va a profitto del proprio paese. Anche se attualmente nel NordEuropa si assiste a una sconfitta, dovuta alla politica autolesionista della UE. L’Italia ha avuto ed ha una borghesia miserabile che ha preferito saccheggiare il Mezzogiorno e poi importare manodopera e quadri proprio da li’. E l’atteggiamento non e’ cambiato, anzi si e’ aggravato.
Sarebbe interessante sapere DOVE vanno, la ricerca è incompleta. Così come è spiega metà del problema
Quando questo succede, tutti i leaders andrebbero messi al muro e fucilati, le cose poi miglioreranno.