Il ministero dell’Interno è stato indicato dal Giudice per le Udienze Preliminari di Roma come responsabile civile nel processo relativo al caso Hasib Omerovic, “caduto” dalla finestra della popria abitazione durante un sopralluogo della polizia. In caso di condanna dei poliziotti, dunque, anche il Viminale sarà tenuto a risarcire i danni per il pestaggio e le umiliazioni inflitti al trentasettenne sordomuto di etnia rom, nel corso di quella che, dalle ricostruzioni, sembrerebbe essere stata una vera e propria spedizione punitiva nei suoi confronti. I fatti risalgono all’estate del 2022. Su Omerovic giravano voci, mai confermate, secondo cui l’uomo avesse molestato una ragazza, scattandole delle foto. Nella tarda mattinata del 25 luglio, una squadra di poliziotti in borghese si è presentata alla sua porta, e uno di loro, indagato per tortura, lo avrebbe pestato, legato, e umiliato. In un gesto disperato per sfuggire alle violenze, il ragazzo si sarebbe lanciato dalla finestra, finendo in coma per oltre 50 giorni.
La notizia che il Viminale è stato citato come responsabile civile nel caso Omerovic risale a venerdì 25 ottobre, data di apertura del processo, la cui prossima udienza si terrà il 21 febbraio 2025. Gli agenti coinvolti nella vicenda sono quattro: uno, Fabrizio Ferrari, ha deciso di patteggiare una pena di 11 mesi di reclusione per la redazione del verbale falso, dopo avere fornito la cruciale testimonianza che inchioderebbe Andrea Pellegrini, all’epoca assistente capo del commissariato Primavalle, accusato di tortura. Gli altri due, Alessandro Sicuranza e Maria Rosa Natale, dovranno, come Ferrari, rispondere di falso, e hanno chiesto il rito abbreviato, che permetterebbe lo sconto di un terzo della pena.
Il pestaggio di Omerovic sarebbe avvenuto il 25 luglio 2022, quando, poco prima dell’ora di pranzo, quattro agenti in borghese si presentarono alla porta di Hasib Omerovic riferendo di dover eseguire un controllo dei documenti. Secondo il racconto reso da Ferrari ai pm, Pellegrini avrebbe prima schiaffeggiato Omerovic, per poi minacciarlo con un coltello da cucina. L’agente avrebbe poi sfondato la porta della stanza dell’uomo, nonostante questi «si fosse prontamente attivato per consegnare le chiavi», lo avrebbe costretto a sedersi, legandogli i polsi con il filo elettrico del ventilatore e, continuando a minacciarlo con il coltello, avrebbe aggiunto: «Se lo rifai, te lo ficco nel c…», continuando nel mentre a schiaffeggiarlo. Una volta riuscito a liberarsi, Omerovic si sarebbe poi gettato dal balcone della sua stanza per sfuggire ai soprusi, finendo in coma in ospedale per diversi mesi. I sopralluoghi successivi hanno poi rinvenuto, all’interno dell’appartamento, il bastone di una scopa rotto, la porta della camera di Hasib sfondata, un termosifone quasi divelto dal muro e sangue sulle lenzuola. Una volta rientrato in caserma, Pellegrini si sarebbe rivolto ad un collega domandandogli: «Che te frega se muore?». Il racconto di Ferrari coincide con quello della sorella di Omerovic, presente in casa per l’intera durata dell’aggressione.
[di Dario Lucisano]