La conta delle vittime prosegue senza sosta in Spagna, dopo l’alluvione che ha colpito la Comunità Valenciana lo scorso 29 ottobre. Il bilancio attuale parla di oltre 200 morti, ma il numero delle vittime pare destinato a crescere drammaticamente. Secondo il quotidiano El Diario, sarebbero 1.300 le persone che risultano disperse, anche se si spera che una parte significativa di queste sia semplicemente impossibilitata a comunicare a causa dell’assenza di elettricità. A questo si aggiungono i danni agli edifici, alle linee ferroviarie e alle reti di comunicazione, che complicano ulteriormente le operazioni di salvataggio. È chiaro che ci si trova di fronte a una catastrofe di proporzioni enormi, e il compito dei media deve essere quello di raccontarla. Tuttavia, resoconti e immagini inviate a L’Indipendente da Valencia mostrano una realtà profondamente diversa da quella “città in ginocchio” descritta dai titoli sensazionalistici. Perché, nonostante quanto scritto, la città di Valencia non è stata tra i territori maggiormente colpiti, un fattore che non solo rappresenta un’imprecisione, ma ha anche provocato un terrore in larga parte ingiustificato tra parenti e amici dei circa 14.000 italiani che risiedono nella città.
Il racconto delle devastazioni che hanno colpito la Spagna ha occupato le prime pagine dei periodici di tutto il mondo, e la stampa generalista italiana non è stata da meno. Analizzando alcuni titoli, è possibile, però, notare grandi imprecisioni nella localizzazione dei danni causati dall’alluvione. Ovunque si legge che la città di Valencia, capitale della Comunitat Valenciana, sia uno dei luoghi che hanno sofferto l’impatto principale delle piogge torrenziali degli ultimi giorni: ma questo dato è errato. A salvare le infrastrutture della capitale è stato il nuovo alveo del fiume Turia, costruito negli anni Sessanta in seguito all’alluvione che colpì la città nel 1957. Grazie a queste operazioni infrastrutturali, il corso del fiume venne spostato dal centro di Valencia alla periferia sud. Da questo intervento ingegneristico, nel 1986, è nato il parco della Turia, oggi frequentato da turisti e residenti.
Il sensazionalismo mediatico sta presentando la città di Valencia come l’epicentro di una distruzione post-apocalittica, una città che, in realtà, non ha subito alcuna conseguenza dal passaggio della DANA. Le strade della capitale, eccetto qualche danno causato dal forte vento, sono libere, soleggiate e ben lontane dall’essere il simbolo di una città in ginocchio.
La situazione è talmente diversa da quella descritta dalla stampa italiana che, in realtà, Valencia rappresenta la luce in fondo al tunnel per quelle aree gravemente colpite dall’alluvione. È qui, infatti, che molti sfollati dei paesi vicini si stanno dirigendo, anche a piedi, per ottenere soccorso e accoglienza o, purtroppo, per riconoscere le salme situate negli obitori provvisori istituiti per l’occasione.
Approfondendo i dati comunicati dal ministro dell’Interno del governo spagnolo, i danni della DANA si concentrano principalmente in alcune aree specifiche della Comunità Valenciana, nelle comarche di Horta Sur, Hoya de Buñol, Ribera Alta, Utiel-Requeña, nelle zone attraversate dai fiumi Magro, dal barranco del Poyo e dal fiume Cérvol, oltre che nell’area del delta del fiume Ebro, nel sud della Catalogna, nelle province di Cadice, Siviglia e Huelva in Andalusia, nella zona di Cuenca e Albacete in Castiglia-La Mancia e nella comunità di Aragona, nelle province di Cuenca e Teruel.
È importante sottolineare come la città di Valencia stia subendo gli effetti collaterali della devastazione, tra cui l’inaccessibilità alle principali arterie autostradali intorno alla città, le difficoltà nel raggiungere l’aeroporto e l’interruzione della circolazione sulle linee ferroviarie. Quest’ultima, secondo il ministro dei Trasporti Óscar Puente, sarà ripristinata nei prossimi quindici giorni.
A foraggiare l’esca del sensazionalismo, i giornali nostrani hanno puntato sul pietismo delle dolorose testimonianze dei residenti dei paesi più colpiti. Le immagini delle auto accatastate, delle colonne di fango e dei detriti che riempiono le arterie urbane non rappresentano affatto la realtà della capitale valenciana, ma piuttosto contribuiscono a un’accozzaglia di informazioni imprecise che non fanno altro che aumentare la preoccupazione delle famiglie di chi vive a Valencia.
La consueta pornografia del dolore, messa in scena da questi media, non ci racconta niente di nuovo: ancora una volta è stata sprecata l’opportunità di approfondire la questione, analizzando le responsabilità politiche e presentando un quadro più completo della situazione. Il dovere del giornalismo dovrebbe essere quello di coprire la notizia nella sua interezza, con puntualità e precisione. L’allarmismo dei nostri media, finalizzato ad accaparrarsi voracemente i clic dei lettori, offre una visione distorta, che manca di rispetto a chi sta spalando il fango dalle proprie strade nella speranza di trovare persone ancora in vita.
La catena delle responsabilità
Le responsabilità del governo della Comunità Valenciana sono significative: Carlos Mazón, governatore eletto nel 2023, a poche ore dal disastro ha pubblicato un video in cui minimizzava la questione e si è mosso in ritardo nell’invio delle allerte, quando ormai le persone vedevano le vie dei propri paesi inondarsi. L’allerta tramite il sistema ES-Alert è stata diffusa sui cellulari dei cittadini solo alle ore 20:11 del 29 ottobre, quando in molte delle zone colpite non era più possibile mettersi in salvo.
D’altra parte, le autorità della politica valenciana, dove è al governo il Partito Popolare, stanno incolpando il governo centrale della Spagna e il primo ministro Sánchez, degli avversari del Partito Socialista, di non aver informato in alcun modo le autorità locali dell’arrivo del disastro e di essere in grave ritardo nell’invio dei militari e della protezione civile per i soccorsi, che seppur annunciati in migliaia di unità non si sono ancora visti nelle zone più colpite dal disastro.
In questo contesto è la popolazione ad essersi mobilitata dal basso con maggiore rapidità per portare il proprio aiuto, con migliaia di giovani volontari che si sono diretti verso la Comunità Valenciana con mezzi di fortuna da tutto il Paese. Tuttavia, questa improvvisazione si sta rivelando non solo poco utile, ma potenzialmente dannosa. Nella giornata di ieri, 1º novembre, le autorità locali avevano accolto con favore i migliaia di volontari, creando un punto d’incontro alla Città delle Arti e delle Scienze e proponendosi di coordinarli. Ma la situazione è presto sfuggita di mano: questa mattina le autorità si sono trovate di fronte a diecimila volontari, in gran parte armati semplicemente di scope e stracci, spesso con ai piedi semplici scarpe da ginnastica. Una situazione non solo inutile ai fini degli aiuti, ma potenzialmente catastrofica sotto il profilo sanitario, visto che attualmente si sta alzando il rischio di infezioni a causa delle acque reflue e dei cadaveri in esse presenti.
[di Armando Negro]
trovo sconcertante come in questo articolo sulla tragedia di Valencia non ci sia un cenno sulle reali cause provocate dall’essere umano : cioè cloud seeding e geoingegneria .
Questa vostra politica del falso green e’ la causa del mio NON rinnovo dell’abbonamento .
Un sincero grazie a l indipendente per chiarezza e competenza nel giornalismo! A me duole vedere come si continui a sprecare risorse ed energie per alimentare assurdi conflitti piuttosto che indirizzarle dove sarebbe più utile e salutare…
Sulla questione di localizzazione del danno (e della tragedia in corso), giusto puntualizzare. L’importante è non avere la tentazione di minimizzare, e anche su questo i lettori non si sentano esentati da responsabilità. Attenzione alle semplificazioni e alle generalizzazioni. Non scordiamoci di dire che l’entità della tragedia fa parte di qualcosa di cui siamo direttamente responsabili: dall’ acqua e dal fango ci torna indietro tutta la violenza che imprimiamo sui territori. Ciò accade con sempre più frequenza, i segnali d’allarme vanno esposti ben chiaramente. Certo, con un’informazione che si prenda il tempo per informare rifiutando le tentazioni del sensazionalismo, che poi offre un pasto pronto ai riduzionisti e negazionisti del disastro epocale in pieno corso.
Grazie e complimenti per l’articolo serio e documentato, senza i sensazionalismi né i pietismi che inondano i mass media, concentrati solo nel catturare click. Molto interessante il richiamo all’alluvione del 1957, in seguito al quale è stato spostato l’alveo dl fiume Turia.
Grazie per la puntualità dell’articolo . Come al solito l’informazione italiana assomiglia sempre di più ad un giornale di gossip . Per quanto riguarda le responsabilità politiche mi vien da dire che tutto il mondo è paese , con i soliti rimpallid di responsabilità. Confido comunque che la Spagna , come in altre occasioni, si dimpstri in grado di mettere pronto riparo al disastro subito , sicuramente meglio che nel nostro paese.
Non potrei essere più d’accordo. In occasione di questi disastri naturali (lasciando momentaneamente da parte la causa), i media seguono sempre lo stesso copione, fatto di immagini catastrofiche e storie pietose. Non danno mai un elemento che sia uno per capire la portata e la dinamica de8 fenomeni. Poi intervistano un climatologo, costretto a ripetere, in pochi secondi, la solita spiegazione di massima. Nel 2020, nei media, si parlava solo di virus in tutti i dettagli possibili e immaginabili. Evidentemente, ci sono catastrofi che fanno comodo e catastrofi da mettere alla berlina.