Si chiama Lafayette, proviene da Marte e rileva nuove informazioni tutt’altro che irrilevanti sulla storia del pianeta rosso: è il meteorite espulso da Marte 11 milioni di anni fa e analizzato recentemente da una squadra di ricercatori guidata da scienziati della Purdue University, i quali ne hanno dettagliato le caratteristiche in un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Geochemical Perspectives Letters. Gli scienziati hanno datato i minerali di alterazione del meteorite, rivelando che interagì con acqua liquida che presente sulla superficie del pianeta rosso fino a 742 milioni di anni fa, e scoprendo inoltre che l’acqua potrebbe provenire dallo scioglimento di ghiaccio sotterraneo causato da attività magmatica. «Questo meteorite ha prove uniche di aver reagito con l’acqua. La data esatta di ciò è stata controversa e la nostra pubblicazione risale a quando l’acqua era presente», ha commentato Ryan Ickert, ricercatore senior presso il Department of Earth, Atmospheric, and Planetary Sciences della Purdue e coautore del documento.
Marte, conosciuto come il pianeta rosso, è il quarto pianeta del sistema solare, è visibile a occhio nudo ed è l’ultimo dei pianeti terrestri dopo Mercurio, Venere e la Terra. Nonostante le basse temperature medie superficiali, che vanno da −120 a −14 °C, e un’atmosfera rarefatta, è il pianeta più simile alla Terra. Le sue dimensioni sono tra quelle della Terra e della Luna, e la durata del giorno e l’inclinazione dell’asse di rotazione sono simili a quelli terrestri. Alcune teorie scientifiche ipotizzano la presenza di acqua sul pianeta in passato. Marte avrebbe avuto un clima caldo e umido, con oceani, fiumi e laghi, come dimostrato da prove geologiche. Alcuni studi suggeriscono che l’acqua sia evaporata a causa della perdita dell’atmosfera, ma altre teorie ipotizzano che acqua liquida possa ancora esistere sotto la superficie, intrappolata nel permafrost. Recenti scoperte, inoltre, rafforzano l’idea che Marte potrebbe aver ospitato vita microbica.
Nel caso della ricerca pubblicata su Geochemical Perspectives Letters, si è scoperto che l’acqua potrebbe essere persistita molto più a lungo di quanto si pensasse in precedenza: «Abbiamo datato questi minerali nel meteorite marziano Lafayette e abbiamo scoperto che si sono formati 742 milioni di anni fa. Non pensiamo che ci fosse abbondante acqua liquida sulla superficie di Marte in quel periodo. Invece, pensiamo che l’acqua provenisse dallo scioglimento del ghiaccio sotterraneo vicino chiamato permafrost, e che lo scioglimento del permafrost fosse causato dall’attività magmatica che si verifica ancora periodicamente su Marte ai giorni nostri», ha spiegato Marissa Tremblay, professoressa associata presso il Department of Earth, Atmospheric, and Planetary Sciences (EAPS) della Purdue University, e coautrice della ricerca. Inoltre, Ryan Ickert, ricercatore senior presso Purdue EAPS e coautore del documento, ha spiegato che utilizzando isotopi stabili e radioattivi pesanti per studiare le scale temporali dei campioni analizzati, il meteorite fu espulso dalla superficie di Marte circa 11 milioni di anni fa da un evento di impatto: « Lo sappiamo perché una volta espulso da Marte, il meteorite ha subito un bombardamento da parte di particelle di raggi cosmici nello spazio esterno, che hanno causato la produzione di certi isotopi a Lafayette. Molti meteoroidi sono prodotti da impatti su Marte e altri corpi planetari, ma solo una manciata alla fine cadrà sulla Terra».
Infine, i ricercatori hanno spiegato l’importanza degli studi condotti sui meteoriti, i quali risultano vere e proprie “capsule del tempo dell’universo”. Secondo gli scienziati portano con sé frammenti di dati che possono essere sbloccati dai geocronologi e si distinguono dalle rocce che possono essere trovate sulla Terra per una crosta che si forma dalla loro discesa attraverso la nostra atmosfera. Per quanto riguarda i metodi utilizzati, inoltre, gli autori hanno spiegato di aver sviluppato un approccio innovativo per la datazione che impiega alcuni gas nobili per classificare i minerali presenti nel corpo roccioso. Il lavoro condotto su Lafayette, spiegano i ricercatori, ha dimostrato che i dati ottenuti erano affidabili, in quanto non influenzati da eventi successivi che avrebbero potuto alterare la datazione, e che quindi rappresenta un ottimo precedente per le future indagini a riguardo.
[di Roberto Demaio]