giovedì 19 Dicembre 2024

L’ipocrita boicottaggio di giornali maistream e celebrità contro il social X

Negli ultimi giorni, media, giornalisti, politici e celebrità di tutto il mondo stanno abbandonando la piattaforma social X, ex Twitter, di proprietà di Elon Musk. Il grande esodo è stato inaugurato dal noto quotidiano britannico The Guardian, con un editoriale in cui spiega le proprie motivazioni: “X è una piattaforma mediatica tossica e il suo proprietario, Elon Musk, è stato in grado di utilizzare la sua influenza per modellare il discorso politico”. Tra chi lo accusa di silenziare le opinioni a lui scomode, chi di fare da megafono a posizioni illiberali, e chi sostiene che la piattaforma sia diventata una piazza sregolata densa di discorsi d’odio, in tanti hanno deciso di lasciare il social nel nome della libertà di parola e della democrazia. A guadagnarci sono i maggiori competitor di X, tra cui Threads, recente piattaforma di Meta, di Mark Zuckerberg. Mascherata da operazione di boicottaggio volta a ristabilire la giustizia, l’iniziativa contro Musk sembrerebbe avere intenti di natura politica, portati avanti da giornali che, esattamente come X, fanno gli interessi propri e di un’élite dominante, rappresentando, semplicemente l’altra faccia della medaglia.

L’editoriale del Guardian è stato pubblicato venerdì 13 novembre, a poche ore dall’annuncio ufficiale rilasciato da Donald Trump con cui il futuro presidente ha nominato Musk vertice del neonato Dipartimento di Efficienza Governativa. “Riteniamo che i vantaggi di essere su X siano ora superati dagli aspetti negativi e che le risorse potrebbero essere utilizzate meglio per promuovere il nostro giornalismo altrove”, inizia il comunicato del quotidiano britannico. Il Guardian motiva la propria scelta schierandosi apertamente contro “i contenuti, spesso inquietanti, promossi o presenti sulla piattaforma”, tra cui si annoverano “teorie del complotto di estrema destra ed episodi di razzismo”. All’abbandono del giornale londinese sono seguiti a ruota analoghi annunci dal quotidiano spagnolo La Vanguardia, dall’attrice premio Oscar Jamie Lee Curtis, o dal giornalista Don Lemon; in Italia, l’iniziativa è stata portata avanti dall’Eurodeputato del PD Sandro Ruotolo, da musicisti come Piero Pelù, e dal Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana Vittorio di Trapani, che ha definito Musk «uno dei protagonisti del tentativo in atto di trasformare le democrazie occidentali in democrazie illiberali».

Le motivazioni dietro questo esodo di massa, seppur variegate, confluiscono in un’unica generale ragione di fondo, secondo cui Elon Musk sfrutterebbe X per fare propaganda, portando avanti i propri interessi e mancando di tutelare la democrazia. Il boicottaggio di X, insomma, svela il grande segreto di Pulcinella: una piattaforma privata fa gli interessi di un privato, e un plurimiliardario oligarca non opera a difesa della democrazia. In tal senso, l’iniziativa sembrerebbe sfociare in un’operazione di natura strettamente politica, “casualmente” scoppiata proprio quando Musk ha iniziato ad avvicinarsi a Trump. Effettivamente, malgrado gli innumerevoli processi, le condanne, le multe e le analoghe controversie, le piattaforme legate a Meta di Mark Zuckerberg non hanno vissuto una simile ondata di sdegno e tentativi di boicottaggio. Eppure, anche su Facebook, Instagram e Threads si leggono commenti razzisti, dilagano episodi di antisemitismo e di inneggiamento al nazismo, e vengono censurati contenuti in base all’opinione espressa (specialmente quando si tratta della denuncia del genocidio in Palestina).

Lo stesso si può dire delle altre grandi realtà dei social. Spotify censura periodicamente canzoni e contenuti in cui si fa esplicito riferimento alla resistenza palestinese, tra cui canzoni popolari antecedenti al 7 ottobre (è il caso di Dammi Falastini, di Mohamed Assaf, o dell’italiana Rossa Palestina). TikTok lascia circolare come se niente fosse video di soldati israeliani che umiliano, degradano e torturano la popolazione araba (ne abbiamo riportato una lista nel 39esimo Monthly Report: Palestina, un anno dopo). Da anni, i palestinesi denunciano la violazione dei propri diritti digitali da parte di Youtube. Per quale motivo X andrebbe boicottata e tutto il resto del diversificato panorama dei social media no? Una possibile risposta si può trovare guardando alcuni dei promotori di quella che sembrerebbe una falsa operazione di boicottaggio verso la piattaforma di Musk: il Guardian è un quotidiano schierato, da sempre, con le élite liberali del Regno Unito. La Vanguardia ha mutato faccia più di una volta, ma oggi è portatrice di posizioni liberali e moderate volte a mantenere lo status quo. Anche alcune delle celebrità che hanno abbandonato la piattaforma, come Curtis, si sono dichiaratamente schierate politicamente contro Trump, facendo campagna attiva per Harris.

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3 Commenti

  1. Beh, Zuckerberg è Ebreo, anche se forse non sionista, e quindi gode di un vantaggio politico-finanziario superiore a Musk, che inoltre si è esposto durante i lock down e le vaccinazioni di massa (non si fece vaccinare, una delle cose più invise ai sedicenti democratici), ha messo in guardia sui pericoli della IA ed è arrogante e determinato. Tutti aspetti che il potere dominante non accetta e che il cittadino comune non comprende.

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