La Basilicata è alle prese con una grave crisi idrica che sta colpendo ben 29 comuni nelle province di Potenza e Matera, costretti ormai da settimane a subire razionamenti dell’acqua per 12 ore al giorno. La situazione, aggravata dalla siccità persistente e dalla scarsità di riserve idriche, sta suscitando un’ondata di proteste e tensioni sociali in tutta la regione. La mobilitazione si è intensificata negli ultimi giorni: a Potenza, centinaia di cittadini e studenti sono scesi in piazza per denunciare l’impossibilità di fare una doccia e di accedere a servizi igienici adeguati nelle scuole. Le proteste proseguiranno nelle prossime settimane.
Circa 140mila persone, in Basilicata, combattono da mesi contro l’estrema scarsità d’acqua cui la diga del Camastra – principale fonte di approvvigionamento idrico per molte comunità, dallo scorso gennaio gestita dalla società controllata dal Ministero dell’Economia “Acque del Sud S.P.A.” – non riesce a rispondere, avendo raggiunto livelli critici. L’allarme è stato lanciato dagli enti locali e da diverse associazioni ambientaliste, che puntano il dito contro la gestione inefficace delle risorse idriche e la mancanza di una strategia preventiva. La tensione si è alzata fino a portare centinaia di cittadini in piazza in seguito alla decisione dell’Unità di crisi di far confluire l’acqua del fiume Basento nella diga del Camastra. «Il Basento ci fa paura», hanno urlato in piazza le persone in protesta, che hanno manifestato la preoccupazione per i livelli di inquinamento del fiume, su cui per ora Arpa Basilicata ha fornito rassicurazioni. L’unica certezza, per i cittadini, è ad oggi lo stop giornaliero all’erogazione dell’acqua nella consueta fascia oraria 18.30-6.30. Ieri, il Comitato acqua pubblica Camastra ha protestato contro la presunta inazione del Consiglio Regionale diramando una nota in cui ha scritto: «Sconcerto e rabbia. Questi i sentimenti che proviamo dopo aver appreso che il consiglio regionale di domani non discuterà dell’emergenza idrica. Non è pensabile che, dopo le richieste pressanti della cittadinanza e di fronte a una situazione che appare ogni giorno più preoccupante, ancora una volta le massime istituzioni di questa regione decidano di non affrontare la questione. Esigiamo trasparenza, esigiamo rispetto». Stamane, nel corso della riunione dell’Assemblea lucana, alcuni rappresentanti del Comitato hanno protestato alzando dei volantini, senza però disturbare i lavori dei consiglieri. Nel frattempo, hanno indetto per sabato 23 novembre una nuova manifestazione, chiedendo massima partecipazione alla cittadinanza.
La Giunta regionale aveva deliberato a inizio settembre lo stato d’emergenza, istituendo l’Unità di crisi regionale. Lo scorso 21 ottobre, il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per una durata di sei mesi, stanziando 2,5 milioni di euro dal Fondo per le emergenze nazionali in vista dei primi interventi. Tra le motivazioni elencate nella delibera, vi era «il lungo periodo di siccità, causato sia dalla eccezionale scarsità di precipitazioni pluviometriche della stagione autunnale del 2023 e delle stagioni invernali e primaverili dell’anno 2024, sia dalle temperature rilevate più alte della media». Una circostanza che avrebbe determinato «una rilevante riduzione dei deflussi idrici superficiali, nonché la mancata ricarica delle falde e, conseguentemente, una esigua disponibilità di acqua negli invasi». Il segretario generale della Cgil di Potenza, Vincenzo Esposito – in prima linea nelle proteste –, aveva reagito puntando il dito contro la «cattiva gestione della risorsa acqua che perdura da anni, anni in cui si sono susseguiti errori e inadempienze, e di cui la governance lucana tutta, di oggi e di ieri, è responsabile». Poi, a inizio novembre, associazioni, alcuni partiti politici e sigle sindacali avevano evidenziato in un comunicato congiunto come «i mancati interventi protratti per decenni» abbiano «causato un enorme accumulo di fanghi sul fondo; di conseguenza la capienza della diga si è ridotta così tanto che, sebbene essa possa nominalmente contenere 32 milioni di metri cubi d’acqua, all’inizio del 2024, prima che iniziasse la precipitosa riduzione del volume invasato, ne conteneva soltanto 9 milioni».
[di Stefano Baudino]