giovedì 12 Dicembre 2024

Con il ritorno di Trump, i coloni israeliani rilanciano l’obiettivo del controllo totale della Cisgiordania

Nonostante gli anni di espansione senza precedenti, confische record di terreni e persino sanzioni statunitensi rivolte ad insediamenti israeliani accusati di “perpetrare violenza” nella Cisgiordania occupata, con la vittoria di Trump la conquista potrebbe persino accelerare: è la speranza degli stessi coloni israeliani che, effettuando dichiarazioni alla stampa internazionale, hanno riferito di «essere ottimisti» riguardo al fatto che, grazie al cambio di inquilino alla Casa Bianca, la Cisgiordania potrebbe essere completamente assorbita da Israele. D’altra parte, attivisti palestinesi e organizzazioni non governative israeliane avvertono che l’annessione seppellirebbe ogni speranza di una soluzione a due stati e che le aree situate nella zona centrale della regione sono già «sotto il controllo dei coloni».

La Cisgiordania è il territorio lungo circa 100 chilometri e largo 50 situato tra Israele e il fiume Giordano ed è uno dei principali teatri del conflitto israelo-palestinese. Ospita circa 3 milioni di civili e oltre 500.000 coloni israeliani che vivono in insediamenti ritenuti illegali dal diritto internazionale e da diverse risoluzioni dell’ONU che ne chiedono lo smantellamento. È suddivisa inoltre in tre zone amministrative stabilite dagli Accordi di Oslo: l’Area A (sotto pieno controllo palestinese), l’Area B (con controllo congiunto) e l’Area C, sotto controllo esclusivo israeliano, caratterizzata dalla maggior parte degli insediamenti e da frequenti tensioni, scontri armati e accuse di violazioni dei diritti umani. La creazione di nuove costruzioni israeliane nella regione ha raggiunto livelli record nel 2023 – in particolare da quando è iniziato il conflitto a Gaza lo scorso ottobre – e, di pari passo, sono aumentati gli scontri tra i coloni e palestinesi, culminati questa settimana con nuove sanzioni statunitensi contro individui e gruppi accusati di aver «perpetrato violenze in Cisgiordania». Nel 2024, secondo Ong israeliane come Peace Now, si è verificata la più grande crescita mai registrata, la quale rappresenterebbe la metà di tutte le terre dichiarate terra demaniale negli ultimi tre decenni.

Tuttavia, tale tendenza potrebbe persino accelerare dopo la recente elezione di Donald Trump: nelle ultime settimane sono spuntate bandiere israeliane sulle cime delle colline rivendicate da alcuni coloni nella valle del Giordano, i quali hanno dichiarato di aver festeggiato per il cambio di inquilino alla Casa Bianca. «Abbiamo grandi speranze. Siamo persino ottimisti in una certa misura», ha riferito alla Reuters Yisrael Medad, un attivista e scrittore insediato in Cisgiordania che sostiene l’assorbimento della zona da parte di Israele. Inoltre, la Cisgiordania non sarebbe “sotto occupazione” secondo l’ambasciatore Mike Huckabee, un cristiano evangelico che ha dichiarato di preferire termini come «comunità» ed «insediamenti». Israel Ganz, presidente del Consiglio Yesha, un gruppo che riunisce i comuni ebraici della Cisgiordania, ha dichiarato di sperare che l’amministrazione Trump «lasci» che il governo israeliano vada avanti. Infine, parlando della colonia Shilo – la quale secondo alcuni attivisti palestinesi avrebbe circondato, insieme a all’insediamento Eli, i villaggi palestinesi – alcuni coloni hanno spiegato a Reuters che “il legame con la Bibbia” sarebbe ciò che conferisce loro il diritto di essere lì, “qualunque cosa dica” il diritto internazionale: «Anche se la governavano i Bizantini, i Romani, i Mamelucchi e gli Ottomani, era la nostra terra», ha aggiunto Medad.

D’altra parte, c’è chi pensa che non sia certo che Trump possa appoggiare una strategia che potrebbe mettere a rischio l’ambizione di Washington di ampliare gli Accordi di Abramo e complicare i rapporti con l’Arabia Saudita, la quale rifiuta la sovranità israeliana in Cisgiordania: «Non c’è modo che i sauditi prendano seriamente in considerazione l’idea di unirsi se Israele assorbe formalmente la regione», spiega Dennis Ross, ex negoziatore per il Medio Oriente per le amministrazioni democratica e repubblicana. La portavoce della “transizione Trump” Karoline Leavitt, inoltre, non ha risposto dettagliatamente alle domande dei giornalisti, limitandosi a dichiarare che il nuovo presidente «ripristinerà la pace attraverso la forza in tutto il mondo». Tuttavia, tali considerazioni sicuramente non sembrano aver lasciato perlplesso il ministro delle Finanze Benzalel Smotrich, il quale ha formalizzato la speranza che, con il sostegno di Trump, Israele possa assorbire la Cisgiordania già dall’anno prossimo.

[di Roberto Demaio]

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3 Commenti

  1. Difficile argomentare con gente che sta ancora aspettando il Messia. Il fatto è che Trump ha ricevuto un bel po’ di milioni dai ricchissimi sionisti americani durante la campagna elettorale e secondo la dottrina del “do ut des” un contentino agli Israeliani dovrà darlo. Vedremo in quale misura lo farà sperando, in questo specifico caso, che propenda per un accordo con i Sauditi.

  2. Se il legame con la Bibbia conferisce ai coloni israeliani il diritto di essere lì, cosa dovrebbero fare i romani di Roma che, legati alla storia e non alla Bibbia, vantano legami con vaste aree?
    Paradossalmente potrebbero andare a riprendersi Sirmione? Cosa direbbero i lombardi?
    La questione del pensiero radicato nei coloni, che dichiarano:”qualunque cosa dica il diritto internazionale” “anche se governano bizantini, romani, …… era la nostra terra”, dimenticano che proprio questo fa la differenza. L’avvicendarsi della storia e il susseguirsi dei cambiamenti che ne seguono non gli danno più il diritto di essere lì, e se ci sono è una forza di occupazione a tutti gli effetti con la complicità di chi li sostiene militarmente.
    Non si può neanche sostenere questa forma di pensiero che viene inculcato nei coloni, i quali non si accorgono che questa interpretazione del mondo ci mette a rischio di estinzione.

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