Ha 32 anni Abazaj Rexhino, “Gino” per gli amici e compagni, il militante antifascista italo-albanese di cui l’Ungheria chiede l’estradizione. Arrestato in una banlieue parigina in ottemperanza di un mandato di arresto europeo, Abazaj è detenuto da quasi una settimana nella prigione francese di Fresnes. Durante la prima udienza, tenutasi il 20 novembre, il giovane ha manifestato la propria opposizione alla richiesta di estradizione. Le accuse che hanno portato i tribunali ungheresi a emettere il mandato di arresto europeo (MAE) sono le stesse che avevano determinato la detenzione di Ilaria Salis per oltre un anno nelle prigioni di Orbán. Si tratta degli scontri avvenuti ai margini del cosiddetto Tag Der Ehre, il “Giorno dell’Onore” celebrato nel febbraio 2023. Questo evento annuale richiama centinaia di neonazisti da tutta Europa nella capitale ungherese, allo scopo di commemorare le gesta dei soldati di Adolf Hitler contro l’Armata Rossa durante la Seconda guerra mondiale.
Abazaj Rexhino, uno dei 17 antifascisti accusati dall’Ungheria di aver causato disordini a Budapest durante una manifestazione neonazista, si trova attualmente al centro di una controversia internazionale. Tra gli arrestati per gli stessi eventi figura anche Ilaria Salis, detenuta in condizioni deplorevoli nelle prigioni ungheresi e minacciata di una condanna fino a 20 anni per reati che, in Italia, sarebbero stati considerati di lieve entità. «Ancora una volta il tiranno Orbán prova a calpestare i valori dell’antifascismo e dello stato di diritto», ha dichiarato su X l’europarlamentare Salis, aggiungendo: «La mia vicenda dimostra chiaramente che, per Gino e per tutti gli antifascisti, in Ungheria non ci si può aspettare né un processo giusto né condizioni di detenzione rispettose dei diritti fondamentali. Spero che l’energia collettiva che mi ha liberata e riportata a casa possa aiutare anche in questa occasione». Salis è stata scarcerata grazie alla sua elezione al Parlamento Europeo nel giugno scorso, ma l’Ungheria ha recentemente richiesto la revoca della sua immunità parlamentare per poterla riportare in carcere. La richiesta è attualmente in fase di valutazione.
Nell’ultimo anno e mezzo l’offensiva giudiziaria ungherese non ha fatto che crescere: nel dicembre 2023 a Berlino a farne le spese è stata Maja T., antifascista estradata quasi di nascosto dalla Germania per evitare l’opposizione tardiva della Corte Costituzionale tedesca e tuttora nelle carceri di Budapest. Il mandato di arresto europeo ha raggiunto anche il giovane italiano Gabriele Marchesi, 23 anni, arrestato nel novembre scorso. Tuttavia, la giustizia italiana ha negato l’estradizione, riconoscendo il rischio di trattamenti disumani e degradanti, equiparabili alla tortura, nelle carceri ungheresi. Ora è il turno di Abazaj, contro il quale pende un mandato di arresto europeo emesso il 30 ottobre 2023. Abazaj, soprannominato “Gino”, è arrivato in Italia all’età di tre anni, dove ha vissuto per oltre vent’anni. Tuttavia, non ha mai ottenuto la cittadinanza italiana a causa di segnalazioni legate al suo attivismo politico. Sin da giovane, si è impegnato nelle lotte per il diritto alla casa, nei movimenti studenteschi e nell’antifascismo. Le sue attività politiche gli hanno attirato l’attenzione della polizia, che gli ha negato l’accesso alla cittadinanza. Per questo motivo, Abazaj si è trasferito in Finlandia e successivamente a Parigi, dove è diventato attivo nella polisportiva popolare antifascista Menilmontant FC, impegnata a garantire il diritto allo sport e a combattere ogni forma di discriminazione.
La prima udienza tenutasi in Francia è servita a formalizzare la posizione di Abazaj sulla richiesta di estradizione. Dichiarandosi contrario, le autorità francesi hanno richiesto all’Ungheria di fornire ulteriori dettagli sui capi d’accusa, che al momento restano ignoti. Gli avvocati francesi di Abazaj, Youri Krassoulia e Laurent Pasquet-Marinacce, hanno sollevato dubbi non solo sulle condizioni di detenzione nelle carceri ungheresi, ma anche sulla sproporzione delle pene previste rispetto ai reati contestati. Secondo loro, l’estradizione esporrebbe l’attivista al rischio di gravi violazioni dei diritti umani e a un processo ingiusto. All’udienza erano presenti i genitori di Abazaj, arrivati dall’Italia per sostenere il figlio, e due deputati de La France Insoumise solidali con l’attivista. In un comunicato pubblicato martedì scorso, il gruppo parlamentare del movimento guidato da Jean-Luc Melanchon ha dichiarato: «Nell’Ungheria di Orbán, non ci sono le condizioni per garantire a Gino un processo equo. Chiediamo che la Francia respinga la richiesta di estradizione, in conformità con l’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo». La prossima udienza, dedicata alla discussione del caso, è fissata per il 18 dicembre. Fino ad allora, Abazaj resterà probabilmente detenuto nella prigione di Fresnes, in attesa di ulteriori sviluppi.
[di Monica Cillerai]