martedì 26 Novembre 2024

Haiti in preda alla guerra tra governo e bande: ONU e ambasciatori stranieri in fuga

L’intensificarsi degli scontri tra bande armate, polizia e civili ad Haiti ha costretto le Nazioni Unite a ordinare l’evacuazione del proprio personale dalla capitale, Port-au-Prince, dove, al momento, la maggior parte delle ambasciate straniere sono chiuse. Ieri, lunedì 25 novembre, alcuni funzionari sono stati trasportati nella città settentrionale di Cap Haitien in elicottero, mentre altri lasceranno direttamente il Paese con voli appositi. Il principale aeroporto dell’isola è infatti stato chiuso dopo che le bande armate hanno preso di mira gli aerei commerciali, sparando contro i velivoli mentre le persone erano a bordo.

Haiti si trova nel terzo anno di transizione politica dopo che l’ex presidente, Jovenel Moïse, è stato assassinato nella propria casa nel 2021. Da allora il Paese è sprofondato in una profonda crisi, tra instabilità politica e violenza delle gang. Il quarto primo ministro ad interim in tre anni, Alix Didier Fils-Aimé, è salito in carica lo scorso 11 novembre, eletto dal Consiglio presidenziale di transizione. Quello stesso giorno, quattro aerei commerciali sono stati presi di mira dalle bande armate, che hanno esploso colpi di arma da fuoco mentre i passeggeri erano ancora a bordo. L’aeroporto di Port-au-Prince è stato chiuso e la Federal Aviation Administration statunitense ha vietato voli commericali tra USA e Haiti fino al 12 dicembre. Molti vettori nazionali hanno disposto interruzioni ancora più lunghe. «Queste misure hanno sospeso l’accesso internazionale alla capitale e hanno gravemente limitato la nostra capacità di trasportare per via aerea il personale delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali, secondo le necessità» ha spiegato il segretario generale aggiunto delle Nazioni Unite per l’Europa, l’Asia Centrale e le Americhe, Miroslav Jenča.

Le bande armate sono inoltre riuscite a ottenere il controllo sull’85% della capitale, portando anche avanti attacchi contro gli uffici governativi. Lo scorso 18 novembre è stato condotto un attacco coordinato a Petion-Ville, dove è concentrata la maggior parte del personale internazionale, degli uffici ONU e delle missioni diplomatiche. La polizia ha cercato di respingere l’attacco, ma negli scontri sono morte decine di persone. Nel mentre, i civili haitiani si auto organizzano per difendersi, assoldando vigilantes e istituendo posti di blocco. «Non si tratta di un’altra ondata di insicurezza, ma di un’escalation drammatica che non mostra segni di diminuzione» ha dichiarato Jenča. Secondo l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM), vi è stato un aumento notevole degli sfollati – oltre 20 mila in soli 4 giorni a novembre, ai quali si devono aggiungere gli oltre 700 mila sfollati interni a partire dallo scorso settembre. «Inoltre, quest’anno oltre 167.000 haitiani sono stati espulsi da diversi Paesi, di cui 35.000 dal 1° ottobre» riferisce Jenča. Sono necessarie maggiori risorse per far fronte alla crisi, spiega il segretario aggiunto, sottolineando che il programma di risposta umanitaria per Haiti, che dovrebbe constare di 674 milioni di dollari, è finanziato al momento solamente al 43%.

Lo scorso 25 giugno è stata lanciata la Missione Multinazionale di Supporto alla Sicurezza (MSS), autorizzata dal Consiglio ONU e guidata dal Kenya, alla quale partecipano contingenti di Bahamas, Belize e Giamaica. A contribuirvi (in maniera volontaria) con risorse logistiche e finanziarie vi sono poi Paesi quali Canada, Germania, Francia e USA. Tuttavia, fino ad ora, è stata implementata solo in parte, con il dispiegamento di soli 400 militari rispetto ai 2.500 previsti. Il Fondo Fiduciario ONU per la missione ha inoltre stanziato «solamente» 96,8 milioni di dollari. Alla luce del peggioramento della situazione il MSS ha pubblicato su X una nota nella quale ha ribadito il proprio pieno appoggio alla polizia haitiana e riferito di aver lanciato «importanti operazioni a Delmas» domenica 24 novembre, i cui obiettivi specifici erano «i leader delle gang responsabili del terrore di civili innocenti». Il principale di questi è Jimmy “Barbecue” Cherizier, che controlla diversi gruppi criminali ed opera proprio nell’area di Delmas. Tuttavia, secondo quanto riferito da alcuni media, Cherizier sarebbe riuscito per un soffio a evitare l’arresto nel corso delle operazioni del MSS.

Secondo l’OIM, sono già 4 mila i morti per le violenze delle gang nel solo 2024, che si sommano agli oltre 8.400 uccisi, feriti o rapiti nel 2023. Nel 2025 sull’isola dovrebbero svolgersi le elezioni generali, le quali, agli occhi delle Nazioni Unite, dovrebbero riportare un po’ di stabilità nell’isola. Tuttavia, l’escalation di violenza sembra segnare il fallimento delle istituzioni internazionali nel portare a termine il proprio obiettivo e non lascia intravedere una fine della crisi sull’isola.

[di Valeria Casolaro]

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

+ visti