Che lo shopping sia usato come forma di compensazione di stati emotivi non è una novità, siano essi la ricompensa immediata per un’euforia momentanea, per festeggiare un evento o per ripiegare la tristezza su un oggetto che dovrebbe farci stare meglio. È la parte impulsiva ed emotiva che prende il sopravvento, manifestazione dell’inconscio in cerca di gratificazione. Ultimamente, tra gli stati d’animo ricorrenti, ce n’è uno che spinge parecchio sull’acceleratore e che influenza in maniera prepotente gli acquisti (e non solo): lo stress!
Male del secolo, talmente diffuso in ogni fascia di età e senza distinzioni di genere da somigliare più ad uno stato vitale che ad una patologia, è la causa di un fenomeno legato agli acquisti che dovrebbe far scattare un campanello d’allarme, il doomshopping.
Inglesismo, traducibile con “acquisto catastrofico”, è strettamente connesso ad un’altra tendenza, quella del doom-scrolling, ovvero scorrere, cercare e leggere notizie negative su dispositivi digitali (con effetti collaterali quali aumento degli stati d’ansia, paura, angoscia ed insonnia), particolarmente diffusa tra i giovani, ma purtroppo rilevata anche in altre fasce di età.
Stressati dalla vita quotidiana, dalle incertezze sul futuro dovute ad una situazione globale non propriamente rosea, circa il 73% degli intervistati della Gen Z (secondo uno studio di Credit Karma) trova rifugio nello shopping compulsivo, fatto rigorosamente in negozi virtuali e prevalentemente in fasce orarie notturne. Una singolare cura all’insonnia, dove i pensieri che affollano la mente vengono anestetizzati dalla luce azzurra dello schermo di un dispositivo mobile, ipnotizzati dal movimento ripetitivo del dito che scorre e calmati alla visione di un’offerta imperdibile alla quale è impossibile resistere. È allora che scatta il clic, l’acquisto ed il rilascio immediato di dopamina che in qualche modo rilassa la mente stressata. Come dopo un allenamento intenso, ma senza sudare e senza dover muovere nient’altro che le mani (e il denaro presente sul proprio conto). Si compra di tutto, da abbigliamento ed accessori di marchi di lusso, magari con prezzi scontati ed occasioni alle quali è impossibile dire di no, fino a gadget, elettrodomestici, scarpe e prodotti beauty, tutto rigorosamente per se stessi. L’aspetto fondamentale del doomshopping, infatti, è la gratificazione personale.
Questo fenomeno è stato registrato inizialmente negli Stati Uniti, ma grazie alla velocità dei social (i trend su Tik Tok viaggiano più veloci dei virus) si è diffuso rapidamente anche da queste parti. Non si tratta di semplice shopping compulsivo, bensì di un meccanismo psicologico che si inserisce tra l’incertezza del futuro, il voler vivere il presente ed il dover dimostrare (o ostentare) di essere tanto “giusti” come i coetanei visti sulle reti sociali.
Il momento storico in cui adolescenti e neo maggiorenni stanno crescendo è costellato di accadimenti che destano preoccupazione: guerre in corso, eventi naturali devastanti, crisi economiche e sociali in atto, inducono a guardare al futuro con lenti parecchio scure. Se del domani non vi è certezza, perché non concentrarsi sull’oggi? Non c’è niente di male nel vivere il momento e avere il focus sul presente, se questo non fosse fatto con la smania del dover consumare tutto e subito, cercando di compensare stati d’ansia con acquisti immediati, capaci di risollevare l’umore (almeno momentaneamente) e far sentire più simili ai propri coetanei.
Se in futuro non avrò mai una pensione e non potrò mai permettermi di comprarmi una casa, perché non dovrei spendere oggi quel (poco) che ho, magari per oggetti di lusso o che facciano status?
Sembra un controsenso, alimentato da dinamiche social basate sull’esibizione continua (e quindi sul confronto), ma la radice è più profonda: possedere e mostrare beni di un certo tipo cambia la percezione che si ha di noi stessi e quella che gli altri hanno di noi. I problemi esterni, grandi e insormontabili, vengono lasciati da parte e l’ansia generata risolta con un’azione semplice ed immediata: comprare!
Usare lo shopping come antistress è un’arma a doppio taglio. Se da una parte rilassa e attenua l’instabilità emotiva, dall’altro rischia di diventare una pericolosa dipendenza, al pari del gioco d’azzardo, con lo stesso effetto collaterale: quello di vedere le proprie finanze consumarsi rapidamente.
La gestione di impulsi e dipendenze è sempre un tema complicato da affrontare; un problema dal quale, per uscirne, bisogna essere disposti a scavare, riconoscere le cause scatenanti dei propri stati d’animo e sottrarsi dalle dinamiche collettive dannose. Un problema che, in quanto “tendenza”, è sintomatico di un sistema che invece di prendersi cura delle persone (e dei giovani in particolare), offre loro delle armi autodistruttive a portata di mano dalle quali non riescono a separarsi. Nemmeno di notte.
[Marina Savarese]