giovedì 28 Novembre 2024

Il consumo dei centri di dati per l’IA rischia di provocare una crisi energetica in Irlanda

La crescente diffusione dell’intelligenza artificiale, il cui funzionamento richiede un grande dispendio di energia elettrica, sta ridisegnando la geografia dei centri di elaborazione dati (o data center) a livello europeo e mondiale. L’Irlanda, tradizionalmente al centro della scena tecnologica europea, rischia di perdere terreno. Secondo uno studio recente condotto dalla società di analisi statunitense Synergy Research Group, Dublino è attualmente il terzo hub di data center hyperscale più grande al mondo e il primo in Europa. Gli hyperscaler, ossia i grandi fornitori di servizi cloud come Amazon, Microsoft e Google, gestiscono reti immense costituite da migliaia di server. Tuttavia, l’incessante crescita della domanda di elettricità generata dall’IA potrebbe spingere l’Irlanda a cedere il primato europeo, poiché la rete elettrica del Paese fatica a soddisfare una richiesta in continuo aumento.

Lo studio di Synergy Research Group rivela che venti mercati, tra statali e metropolitani, rappresentano il 62% della capacità globale di data center hyperscale. In testa si trovano lo Stato della Virginia settentrionale e la cosiddetta Greater Beijing Area (che comprende le municipalità di Pechino e Tianjin e la provincia di Hebei), le quali insieme costituiscono il 22% del totale. Dublino occupa il terzo posto, con quasi il 5% della capacità globale. Dei primi 20 mercati, 13 si trovano negli Stati Uniti, quattro nell’area Asia-Pacifico (APAC) e tre in Europa. La predominanza degli Stati Uniti è spiegabile con due fattori principali: quasi il 60% degli operatori hyperscale ha sede negli USA, e questi ultimi generano quasi la metà dei ricavi del mercato globale del cloud.

In Europa, l’Irlanda ha dominato il settore grazie a una politica fiscale favorevole alle aziende tecnologiche, nonostante le critiche dell’Unione Europea. Tuttavia, il crescente consumo energetico dei data center irlandesi sta sollevando preoccupazioni. EirGrid, l’ente che gestisce la rete elettrica nazionale, ha avvertito di un potenziale “esodo di massa” dei data center se non sarà possibile garantire nuove connessioni alla rete. Già dal 2016, EirGrid aveva segnalato la pressione sulla fornitura energetica e nel 2021 aveva chiesto un intervento urgente al Ministro dei Trasporti, denunciando un “deficit significativo” nella produzione di energia. Secondo l’Ufficio Centrale di Statistica irlandese, nel 2023 i data center hanno superato, per la prima volta, il consumo energetico delle abitazioni urbane, rappresentando il 21% dell’elettricità consumata nel Paese. Guardando ai dati storici, la crescita della domanda è impressionante: dal 5% del 2015 si è passati al 18% nel 2022.

La digitalizzazione e i rapidi progressi dell’intelligenza artificiale hanno spinto notevolmente verso l’alto la domanda di energia dei data center, con effetti rilevanti sul mercato globale dell’energia. Uno studio dell’International Energy Agency stima che il consumo energetico globale dei data center, legato all’IA e alle criptovalute, potrebbe raddoppiare entro il 2026. Nel 2022, i data center hanno consumato circa 460 terawattora (TWh) a livello globale, una cifra destinata a superare i 1.000 TWh entro il 2026, equivalente all’incirca all’intero consumo elettrico del Giappone.

In Europa, uno studio condotto da McKinsey, società di consulenza statunitense, prevede che la domanda di energia dei data center crescerà fino a circa 35 gigawatt (GW) entro il 2030, rispetto ai 10 GW attuali. Per soddisfare questa crescente domanda, riporta la società, saranno necessari tra i 250 e i 300 miliardi di dollari di investimenti nelle infrastrutture. A questo ritmo, il consumo energetico dei data center europei dovrebbe passare dagli attuali 62 TWh a oltre 150 TWh entro la fine del decennio. Questo aumento rappresenterà uno dei principali motori della crescita della domanda di energia in Europa, portando il consumo dei data center dal 2% al 5% del totale entro i prossimi sei anni.

[di Michele Manfrin]

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