martedì 7 Gennaio 2025

Dopo quasi un anno finisce l’odissea giudiziaria di Seif, incarcerato per un post pro-Palestina

È passato quasi un anno dall’inizio della vicenda giudiziaria di Seif, l’educatore algerino accusato di istigazione all’odio etnico, religioso e razziale per aver pubblicato un post pro-Palestina su Instagram, una vicenda che era stata rivelata da L’Indipendente. Ieri, il tribunale di Milano ha revocato la richiesta di cancellazione dell’asilo politico, restituendogli lo status di rifugiato. La sua odissea era cominciata con una perquisizione, seguita dal licenziamento dall’istituto scolastico presso cui lavorava. Tra febbraio e marzo, la Commissione territoriale gli aveva revocato lo status di rifugiato, portando al suo trasferimento nel CPR di Ponte Galeria, centro di permanenza per i rimpatri.

Ai poliziotti che gli erano piombati in casa a seguito della pubblicazione di alcuni post sui propri social in solidarietà ai Palestinesi, all’indomani dell’inizio dell’aggressione israeliana del 2023, Seif aveva riferito quello che pensava, ovvero che Hamas non è un’organizzazione terroristica, ma un gruppo che sta facendo resistenza. Tanto era bastato, tuttavia, perchè l’istituto nel quale lavorava, il liceo Chateaubriand di Roma, gli vietasse di tornare a lavoro «per motivi di sicurezza». Nelle settimane successive gli era stato poi revocato lo status di rifugiato e successivamente gli era stato notificato il provvedimento di espulsione dal territorio italiano. L’uomo era stato quindi trasferito nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Ponte Galeria, in attesa di essere espulso dall’Italia.

Dopo quasi un anno, la vicenda giudiziaria sembra giunta a una fine: il Tribunale di Milano ha infatti restituito a Seif lo stato di rifugiato, accogliendo la richiesta dei legali contro la revoca della protezione. Secondo quanto dichiarato dall’avvocato di Seif a L’Indipendente, la vicenda dell’uomo «si iscrive in un quadro di omologazione e intimidazione rispetto a quella che è l’ormai estremamente diffusa critica alle politiche israeliane a Gaza», poiché «Seif diventa da questo punto di vista un esempio emblematico di un insegnamento che si vuole fornire al popolo che si muove attorno alla protesta».

La vicenda di Seif non è isolata nel suo genere: sono numerosi i tentativi di censura del pensiero di chi si oppone alla corrente dominante, che impone appoggio incondizionato a Israele tacciando qualsiasi opinione diversa come “terrorismo”. Dalle manifestazioni in solidarietà al popolo palestienese vietate alle alla persecuzione giudiziaria per contenuti pubblicati sui social, dalle decine di misure cautelari per i manifestanti pro-Palestina alle fiaccolate cancellate, sono numerosi i tentativi di silenziare la voce di chi chiede giustizia per la popolazione di Gaza, martoriata da oltre un anno di aggressione militare, e la fine della politica israeliana guerrafondaia in Medio Oriente.

[di Valeria Casolaro]

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3 Commenti

  1. E’ una questione culturale e di informazione. Tutti gli attori negativi di questa vicenda sono il prodotto della mancanza di informazione e di assorbimento della propaganda anglosassone e dei suoi servi europei. Se così non fosse avrebbero azionato il cervello e avrebbero disobbedito o eluso gli ordini ricevuti. L’indipendente è una potente arma che libera i cervelli dei cittadini, promuovendo il risveglio civile e democratico.

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