Con 35 voti favorevoli e 14 contrari, la Sardegna è diventata la prima regione italiana ad approvare il ddl sulle aree idonee, che individua le zone destinate alla costruzione di impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile (FER). Tra di essi figurano i tanto discussi impianti eolici, contro cui la popolazione sarda manifesta da mesi. Fuori dal palazzo della Regione, i cittadini hanno inscenato una protesta simbolica con fantocci vestiti di stracci e pezze, su cui erano attaccate le immagini dei capigruppo della maggioranza in Consiglio e della presidente Todde. Intanto, i comitati rilanciano la mobilitazione contro gli espropri per il Tyrrhenian Link: a Selargius è iniziato un presidio di tre giorni per fermare gli espropri dei terreni che dovrebbero partire da oggi.
La Sardegna ha approvato il cosiddetto “ddl aree idonee” ieri, mercoledì 4 dicembre, dopo mesi di discussione. Esso individua le aree della regione in cui si può – e quelle in cui non si può – costruire impianti FER, distinguendoli per categoria (eolico, fotovoltaico, termodinamici…) e taglia (piccola, media e grande). Di preciso, le aree non idonee alla costruzione di impianti eolici sono elencate nell’allegato C della legge, e quelle idonee per tutti gli impianti FER sono listate nell’allegato F. Per quanto riguarda le aree non idonee agli impianti eolici, l’allegato identifica una quarantina di tipi di area, tra cui, per esempio, i parchi naturali o le riserve, in cui non è possibile costruire impianti; la legge si applica “a tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica irreversibile dello stato dei luoghi”.
Il concetto di “modifica irreversibile dello stato dei luoghi” è di recente introduzione. Esso include gli impianti già in fase di costruzione qualora i lavori abbiano interessato almeno il 20% del “valore economico dei lavori”, o il 30% dell’area lorda di interesse; nel caso degli impianti eolici, a questo secondo criterio va aggiunta l’installazione di almeno il 30% delle torri eoliche previste dal progetto. In ogni caso, basta che si verifichi solo una delle due condizioni perché la “modifica” dell’impianto venga considerata “irreversibile”. Questo punto, unito all’articolo 3 della legge, che permette ai comuni “di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno di un’area individuata come non idonea ai sensi della presente legge”, è – sebbene non risulti l’unico – uno dei principali motivi per cui la legge approvata dalla giunta Todde è definita da molti come insufficiente. Essa, insomma, non bloccherebbe molti degli impianti già attivi e, di fatto, garantisce una scappatoia per edificare anche sulle aree non idonee.
È anche per questo che, lo scorso ottobre, i cittadini sardi si sono mobilitati per presentare le oltre 210.000 firme raccolte a favore della legge di iniziativa popolare “Pratobello” che, contrariamente alla legge “aree idonee”, bloccherebbe in maniera definita gli impianti non ancora autorizzati o completati e consegnerebbe nelle mani della Regione la gestione di questi progetti. Malgrado la consegna delle firme, la legge è stata momentaneamente accantonata, ma la protesta dei cittadini non si è fermata. Ieri alcuni dei promotori della legge Pratobello si sono presentati davanti al palazzo della Regione a Cagliari con una decina di manichini di cartone, tra sagome umane coperte dai volti di Todde, dei consiglieri e di Draghi, e animali, come quella di un asino. Nel frattempo, non si è fermata neanche la protesta contro gli espropri per il Tyrrhenian Link, il lungo cavo che collegherà la Sardegna alla penisola per trasportare l’energia elettrica prodotta dall’eolico sull’isola: il 20 novembre, il presidio di Selargius, la cosiddetta “rivolta degli ulivi”, era stato sgomberato per fare spazio alle ruspe di Terna, l’azienda incaricata di effettuare i lavori per la messa in funzione del Tyrrhenian Link. A partire da oggi, i comitati locali hanno rilanciato la mobilitazione, indicendo un presidio di tre giorni: «Siamo qui contro l’arroganza di Terna e quella speculazione energetica che sta devastando la nostra Sardegna», hanno dichiarato gli attivisti. «Queste terre sono nostre».
[di Dario Lucisano]