Alla luce degli sconvolgimenti del panorama energetico globale scaturiti dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente, lo European Council on Foreign Relation (ECFR) ha stilato un indice di sovranità energetica delle nazioni europee, da cui emerge un quadro in cui le nazioni del Vecchio Continente risultano ancora eccessivamente dipendenti da fornitori esteri per la loro sussistenza energetica, con l’Italia che staziona di molto sotto la media. «L’indipendenza energetica rimane una debolezza per il blocco, con il punteggio medio a livello di UE che languisce a un misero 4,0 su 10, in aumento di appena 0,4 rispetto al 2023», si legge nel rapporto. In particolare, l’Italia viene classificata nel gruppo dei Paesi dipendenti con uno dei punteggi più bassi (2,0) tra tutte le nazioni europee. Secondo lo studio, l’abbandono delle importazioni energetiche dalla Russia, in seguito all’avvio del conflitto in Ucraina, ha portato a scarsi progressi, in quanto, se da un lato, le nazioni europee hanno ridotto la loro dipendenza da Mosca, dall’altro, permane la forte dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e elettricità da altri Paesi, tra cui spiccano gli Stati Uniti, la Norvegia e il Qatar. Nonostante le sanzioni, inoltre, la Russia rappresenta ancora un importante fornitore di gas naturale e gas naturale liquefatto (GNL) per le nazioni europee.
Nello stilare l’indice di sovranità energetica di ogni nazione, alla sua seconda edizione dopo la prima del 2023, lo studio dell’ECFR ha utilizzato quattro criteri chiave inerenti la pulizia (la proporzione di fonti rinnovabili rispetto ai combustibili fossili nel mix energetico); l’indipendenza da importazioni estere; l’efficienza (domanda energetica interna confrontata con l’uso effettivo) e la narrativa, consistente nella profondità e ampiezza del discorso sulla sovranità energetica in ciascuno stato membro. Per quanto riguarda la pulizia, gli Stati membri hanno ottenuto ottimi risultati, con un punteggio medio di 8,1, in aumento rispetto al 7,3 dell’anno scorso. La maggior parte dei Paesi Ue sta investendo nelle fonti di energia rinnovabile (FER), guidati da Danimarca e Svezia. Per quanto riguarda l’efficienza energetica, nonostante un punteggio medio incoraggiante di 7,5 punti, “alcuni Paesi europei sono ancora lontani dal traguardo”. La narrazione complessiva riguardante la sovranità e la sicurezza energetica è forte, con un punteggio medio complessivo dei Paesi UE di 6,9 su 10. Il tallone d’Achille, tuttavia, arriva nell’ambito dell’indipendenza, dove la maggior parte dei Paesi Ue “rimane fortemente dipendente dalle importazioni di petrolio, gas, carbone ed elettricità da altri Paesi. Ben 17 Paesi ottengono un punteggio inferiore a 5,0 in questa categoria, con Belgio, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta e Portogallo che hanno ottenuto risultati particolarmente scarsi.
Alla luce dei punteggi ottenuti nelle singole categorie, le nazioni sono state suddivise in tre gruppi: quello dei “ritardatari” che comprende Belgio, Bulgaria, Irlanda, Lituania e Malta fa molto affidamento sulle importazioni di energia e mostra progressi limitati nelle altre aree (pulizia, efficienza e narrazione). Il gruppo dei “Paesi dipendenti”, invece – che comprende Austria, Cipro, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Spagna – compensa “la forte dipendenza dalle importazioni di energia con progressi in almeno un’area”. Infine, al primo posto si colloca il gruppo dei “sovranisti emergenti” che comprende Croazia, Danimarca, Estonia, Lettonia, Romania, Slovenia e Svezia: questo gruppo ha “un’eccezionale efficienza energetica (10,0) e una ridotta dipendenza dalle importazioni (8,1)”.
Complessivamente, l’Ue è ancora lontana dalla sovranità energetica dipendendo in larga parte da fornitori esteri, in particolare dalla Norvegia e dagli Stati Uniti: secondo i dati Eurostat, nel secondo trimestre del 2024, la maggior parte delle importazioni dell’UE di oli di petrolio proveniva dagli Stati Uniti (15,1%), dalla Norvegia (14,1%) e dal Kazakistan (11,7%), mentre la maggior parte del gas naturale allo stato gassoso proveniva dalla Norvegia (43,5%), seguita dall’Algeria con il 21,6% e dalla Russia con il 15,5%. Gli Stati Uniti, inoltre, hanno fornito quasi la metà del gas naturale liquefatto importato (46,0%), davanti a Russia (16,8%) e Qatar (11,9%). Come si nota dalle percentuali, il contributo dei combustibili russi al mix energetico europeo è ancora consistente. Per quanto riguarda l’Italia, invece, la sua dipendenza energetica dall’estero è tra le più elevate degli Stati europei: come anticipato, nel punteggio assegnato dallo studio dell’ECFR, l’Italia ha uno dei punteggi più bassi (2,0), superata in peggio solo da Lussemburgo (0,0), Lituania (1,6), Belgio (1,4), Malta (1,8), Portogallo (1,4) e Lettonia (0,9). Sebbene in calo rispetto al 2022, la quota di importazioni nette rispetto alla disponibilità energetica lorda si attestava nel 2023 al 74,6%, secondo i dati del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. In particolare, le importazioni di gas naturale via gasdotto rappresentano il 73,1% delle importazioni totali e hanno registrato rispetto al 2022 una riduzione di 13,1 miliardi di metri cubi. I maggiori fornitori risultano essere l’Algeria (23,0 miliardi di metri cubi, -2,2%), l’Azerbaigian (10,0 miliardi di metri cubi, -3,3%) e la Libia (2,5 miliardi di metri cubi, -3,7%). Sono cresciute, invece, le importazioni di GNL, pari a circa 16,6 miliardi di metri cubi, il 24,9% del totale delle importazioni, in aumento del 17% rispetto all’anno precedente. I principali esportatori di GNL sono Qatar, Stati Uniti e Algeria.
La drastica riduzione del gas russo a favore del GNL americano ha comportato notevoli sovraccosti alle nazioni europee che si trovano così in difficoltà dal punto di vista industriale, specialmente per quanto riguarda la Germania, che importava la metà del suo fabbisogno energetico da Mosca. Nella guerra tra Russia e Ucraina, dunque, i veri vincitori a livello commerciale risultano gli Stati Uniti che sono diventati i primi esportatori al mondo di GNL, a discapito delle nazioni europee che hanno visto lievitare i costi e che hanno ancora diversa strada da fare per raggiungere l’indipendenza energetica.
[di Giorgia Audiello]
Personalmente ho investito su una start up, ovviamente USA, sulla fusione nucleare e l’Eni ha investito su un’altra start up in connessione col MIT, se avessimo un Governo invece che dei fascisti da baraccone, in un paese come l’Italia che ha bisogno di energia per sostenere le proprie industrie, si spenderebbe il 2 % del Pil in ricerche su nuove fonti di energia e si darebbe un credito fiscale ai privati per tutti gli investimenti sulle energie, invece di mandare armi in UKR da bravi fascistelli.
La tua considerazione è corretta, è il contesto che non lo permette. L’indipendenza energetica è una chimera, fino a quando gli equilibri di potere saranno marcati proprio sulle dipendenze, in primis quelle energetiche e quelle finanziarie.
Sappiamo che fine hanno fatto gli Enrico Mattei di turno quando hanno provato a sganciare il nostro paese da quelle logiche che sono profondamente radicate, soprattutto nella nostra coscienza.