Si sono incatenati dentro le macchine e sopra i veicoli, parcheggiati davanti ai due ingressi: così cinque attivisti di Palestine Action hanno costretto ieri, 10 dicembre, la fabbrica con sede a Edimburgo di Leonardo a chiudere i battenti. Almeno per un giorno. «Mentre i governi britannico e scozzese continuano a sostenere l’industria bellica israeliana, Palestine Action si oppone a tale complicità. Chiudendo la Leonardo di Edimburgo, questi attivisti stanno impedendo la produzione di carneficine palestinesi», ha dichiarato una delle portavoce del gruppo. Gli attivisti sono stati portati arrestati e poi rilasciati questa mattina.
Leonardo, società pubblica italiana attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza, è uno dei maggiori produttori di armi al mondo, con ampi legami con lo Stato israeliano. Dal 2015, lo stabilimento di Edimburgo produce i sistemi di puntamento laser per i caccia F-35, il modello utilizzato da Israele per sganciare bombe da 2.000 libbre sulla popolazione palestinese di Gaza. Inoltre, Leonardo produce parti per gli elicotteri Apache di Israele e mantiene una profonda partnership con Elbit Systems, la più grande azienda israeliana di armi, per rifornire l’aeronautica militare israeliana.
A causa dei suoi profondi legami con l’esercito di Tel Aviv, il gigante italiano degli armamenti è diventato uno dei bersagli delle azioni di solidarietà dei gruppi pro-palestinesi, che, oltre a denunciare le connessioni e la responsabilità dell’azienda, cercano di rallentare la produzione dei suoi armamenti. È la seconda volta in un mese che Palestine Action prende di mira lo stabilimento di Edimburgo: la mattina del 15 novembre, un centinaio di persone aveva bloccato l’ingresso alla fabbrica, chiedendo all’azienda di rompere ogni legame con Israele.
Il 28 maggio invece attivisti di Palestine Action Scotland avevano colpito la stessa azienda in territorio scozzese sabotando i cavi internet dello stabilimento, spruzzando schiuma espandente all’interno della scatola di derivazione e scrivendo con lo spray “Stop Arming Israel”.
Palestine Action sottolinea anche la complicità del Regno Unito nel sostenere il massacro in corso e chiede al governo di Westminster di negare le licenze di esportazione di armi e attrezzature militari. Tra il 2016 e il 2020, infatti, Leonardo ha ricevuto sovvenzioni per 7 milioni di sterline dal governo scozzese guidato dall’SNP, e altre 786.125 sterline nel 2023 dalla sua agenzia Scottish Enterprise, rendendo il governo scozzese stesso complice dell’uccisione di massa dei palestinesi da parte di Israele.
Il colosso italiano ha chiuso il 2023 con risultati record, registrando ordini per 17,9 miliardi e ricavi di 15,3 miliardi, evidenziando una crescita di tutte le divisioni, anche grazie alla guerra in Ucraina e al genocidio in Palestina. Anche i cannoni da 76 mm, fabbricati in Italia dall’azienda OTO Melara (controllata da Leonardo S.p.A.) e venduti a Tel Aviv, vengono utilizzati per lanciare i missili che stanno devastando la Striscia di Gaza, come dichiarato dalla stessa Marina Militare israeliana. Le dichiarazioni del governo italiano, così come dell’azienda – il cui maggior azionista è il Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano – di aver interrotto la vendita di armi a Tel Aviv dopo il 7 ottobre sono state infatti ripetutamente smentite dai fatti.
Negli ultimi mesi sono stati diversi i siti di produzione dell’azienda a essere “sanzionati” dagli attivisti per la Palestina: oltre ai blocchi e ai sabotaggi di Edimburgo, il 2 novembre 2023 era stata occupata e colorata di rosso, a simboleggiare il sangue dei morti di Gaza, la sede di Londra. Il 15 novembre 2023, invece, era stata bloccata e danneggiata la sede di Southampton, con attivisti sul tetto che erano riusciti a compiere piccoli sabotaggi.
[di Moira Armagi]