Batterie antiaeree, porti e aeroporti, siti di produzione e di stoccaggio di armi, depositi e strutture militari. In una manciata di giorni, dopo la conquista di Damasco da parte del fronte di opposizione ad Assad, Israele ha decimato le capacità militari siriane portando avanti complessivamente 480 attacchi aerei. L’obiettivo è dichiarato: distruggere tutte le capacità strategico-militari del Paese ed evitare che chiunque lo governi abbia tra le mani la possibilità di lanciare operazioni di natura offensiva. Alcuni tra gli attacchi più incisivi sono stati lanciati sulla città di Laodicea (anche nota come Latakia) dove trovava sede la maggior parte delle navi dell’esigua flotta della marina militare siriana, mentre intanto le navi russe situate nella base navale di Tartus si sono allontanate dalla costa e hanno abbandonato la base. Procede inoltre l’invasione terrestre del Paese, che ha raggiunto buona parte della zona cuscinetto con la Siria, e che per ora sembra destinata a una futura annessione da parte dello Stato ebraico.
Gli attacchi israeliani hanno seguito la presa di Damasco da parte delle milizie di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), il principale gruppo che ha guidato l’avanzata “ribelle”, e continuano tuttora. Ieri, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno condiviso una serie di dati sulle operazioni, che le stesse IDF hanno definito «preventive». Da quanto si apprende, per ora l’aeronautica ha lanciato oltre 350 attacchi aerei, colpendo una vasta gamma di obiettivi, tra cui batterie antiaeree, aeroporti dell’aeronautica siriana e decine di siti di produzione di armi a Damasco, Homs, Tartus, Latakia e Palmira. Sono state prese di mira, inoltre, numerose risorse «strategiche», tra cui missili Scud, missili da crociera, missili terra-mare, terra-aria e terra-terra, droni, aerei da combattimento, elicotteri d’attacco, radar, carri armati ed hangar. A questi si aggiungono 130 attacchi contro depositi di armi, strutture militari, piattaforme balistiche e postazioni di tiro.
Tra le macerie causate dagli attacchi aerei e navali israeliani che stanno devastando la Siria, le truppe di fanteria delle IDF non sono rimaste ferme. Già all’indomani della presa di Damasco, con la scusa della minaccia armata rappresentata dai “ribelli”, le IDF hanno occupato parte delle Alture del Golan sotto il controllo della Siria. Qui, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato l’occupazione militare della «zona cuscinetto» esistente tra i due Paesi, dopo che i militari siriani hanno abbandonato le loro postazioni. L’esercito intende controllare con precisione una zona cuscinetto demilitarizzata di circa 400 chilometri quadrati. Nelle ultime ore, sembra che i carri armati siano arrivati nella città di Qneitra, nell’area sudorientale del Paese.
L’obiettivo degli attacchi israeliani è manifesto ed è stato dichiarato dallo stesso esercito: le IDF intendono distruggere la capacità bellica della Siria e lasciare un futuro potentato privo di qualsiasi possibilità di offesa. Che al potere ci siano sunniti, sciiti, alauiti o salafiti, insomma, non importa. Ciò che conta è che non possano in alcun modo avere la forza di agire – o reagire – militarmente. Meno esplicito è invece l’obiettivo delle cosiddette «operazioni terrestri». Israele sostiene di non voler conquistare il territorio siriano, ma tutto sembrerebbe puntare a una futura annessione delle aree occupate, in linea con l’idea del Grande Israele, sostenuta da vari esponenti della politica israeliana. Lo stesso primo ministro Benjamin Netanyahu ha più volte affermato che le alture del Golan appartengono a Israele di diritto, lasciando presagire ripetutamente le sue intenzioni di annetterle per intero. Il Golan siriano, situato nella Siria sud-occidentale, è stato occupato da Israele nel 1967. Con gli accordi di disimpegno che seguirono la Guerra d’Ottobre del 1973, la Siria riconquistò una parte di territorio che comprendeva Qneitra, la capitale del Golan – completamente rasa al suolo dagli israeliani pochi giorni prima del loro ritiro. Le restanti aree del Golan occupato furono formalmente annesse da Israele nel 1981, decisione cui seguì la condanna della comunità internazionale.
[di Dario Lucisano]