Il World Economic Forum (WEF), la potente organizzazione dell’élite finanziaria globale che ogni anno si riunisce a Davos influenzando le decisioni dei governi, ha individuato in Israele il capofila di quella trasformazione alimentare all’insegna delle proteine alternative che costituisce uno dei capisaldi dei progetti del WEF per il mondo del futuro, sempre più digitalizzato e dominato dalle tecnologie della Quarta rivoluzione industriale. Se quest’ultima, con le sue tecnologie “futuristiche” (intelligenza artificiale, nanotecnologie, biotecnologie, l’Internet delle cose (IoT)), promette un grande reset socioculturale, lavorativo e antropologico, il nascente mercanto delle proteine alternative – che per ora stenta a decollare – è la chiave del grande reset alimentare che, secondo i sacerdoti di Davos, sarebbe indispensabile per fermare il riscaldamento globale e garantire “la sicurezza alimentare”. “Guardando al 2030, la produzione di proteine alternative rappresenta un’opportunità significativa per migliorare la sostenibilità e la circolarità all’interno della filiera alimentare”, si legge nel report del WEF intitolato “Creating a Vibrant Food Innovation Ecosystem”. In quanto Nazione all’avanguardia in questo settore, secondo il rapporto, “Esaminando Israele come caso di studio, si possono identificare spunti più ampi che altri paesi possono seguire, utilizzando risorse locali e sottolineando l’importanza della collaborazione internazionale in questo settore per dare forma al futuro del cibo”.
Israele risulta il più grande investitore globale in proteine alternative – ottenute attraverso tre tecnologie: carne coltivata in laboratorio, derivata dalle piante e fermentata – dopo gli Stati Uniti: Tel Aviv, infatti, nel 2023 ha speso ben 1,2 miliardi di dollari in questo campo, dietro solo a Washington con un investimento di 10,2 miliardi di dollari. Il mix vincente di Israele è costituito da una stretta sinergia tra conoscenze accademiche multidisciplinari, un ambiente imprenditoriale dinamico e propenso al rischio e un coinvolgimento attivo del settore pubblico. Secondo il WEF, infatti, i governi hanno un ruolo fondamentale in questa svolta verso il “cibo del futuro”. Nello Stato ebraico, ci sono più di 70 ricercatori che lavorano allo sviluppo di proteine alternative, oltre a più di 300 scienziati che lavorano in settori paralleli, quali biotecnologie, microbiologia e prodotti farmaceutici. L’Università di Hebron e il Volcani Center (il centro nazionale di ricerca e sviluppo agricolo di Israele) sono le istituzioni con il più alto numero di progetti sulle proteine alternative del Paese. «La leadership di Israele nelle proteine alternative è una testimonianza dell’impegno dell’Innovation Authority (Autorità dell’Innovazione) per l’innovazione nel settore alimentare. Oltre il 75% degli investimenti dell’Authority in tecnologie alimentari è indirizzato verso tecnologie profonde ad alto rischio. Consentiamo lo sviluppo di settori verticali di crescita come incubatori alimentari e consorzi collaborativi quali il Cultivated Meat Consortium, nonché il finanziamento diretto di aziende, dalle start-up in fase iniziale fino alle aziende mature con linee di produzione», ha affermato Ronit Eshel, capo dell’Innovation Authority di israele.
Nel 2023, in Israele, si è registrato un record di 15 nuove start-up nel settore delle proteine alternative, dedicate allo sviluppo di tutte e tre le tecnologie (carni coltivate, vegetali e fermentate). A partire da gennaio 2024, invece, Israele ha 73 start-up attive solo in questo settore e più di 200 start-up nelle tecnologie alimentari nel loro complesso. Secondo l’amministratore delegato (Ad) del Good Food Institute di Israele, Nir Goldstein, «I sistemi alimentari globali affrontano sfide immense, dai fallimenti nella filiera alimentare globale ai declini macroeconomici e alle tensioni geopolitiche che sottolineano la necessità di soluzioni trasformative. Il raggiungimento di zero emissioni nette e la creazione di sistemi alimentari resilienti richiedono l’adozione diffusa di tecnologie proteiche innovative e l’ecosistema israeliano sta tracciando la strada». Secondo il WEF per affermare il grande reset alimentare c’è ancora molta strada da fare, in quanto molte nazioni non stanno investendo in questo settore: “per accelerare la transizione proteica alla scala e al ritmo richiesti sono necessari livelli molto più alti d’investimento”. Come esempi di Stati “virtuosi” che si stanno muovendo in questa direzione, il rapporto dell’organizzazione di Davos cita Danimarca, Singapore e Paesi Bassi. A livello d’investimenti, dopo Stati Uniti e Israele si collocano Svezia, Regno Unito, Cile, Australia, Francia, Singapore, Paesi Bassi e Cina.
Il progetto del Grande Reset – un piano proposto dal fondatore del WEF, l’ingegnere ed economista tedesco Klaus Schwab, e dall’allora Principe del Galles, ora re Carlo III, nel maggio 2020 – nella sua versione alimentare mira a ridurre anche l’agricoltura e il cibo a entità artificiali create in laboratorio e controllate dall’uomo stesso. Quest’ultimo, oltre a voler essere artefice di se stesso (transumanesimo), punta inevitabilmente a voler controllare anche l’alimentazione, nella sua versione artificiale, lontana dai criteri di produzione naturali. Il rischio è quello di un accentramento sempre più esclusivo della produzione alimentare nelle mani di poche multinazionali, a causa degli alti costi di produzione e delle tecnologie necessarie per sviluppare le proteine alternative. Allo stesso tempo, gli eventuali rischi per la salute connessi a questo tipo di tecnologie alimentari non sono presi in considerazione. In questo contesto, grazie alla sua superiorità tecnologica e alla visione di vedute comune con il WEF, Israele viene indicato come esempio virtuoso, mentre gli adepti del circolo di Davos ignorano completamente la strage che sta perpetrando a Gaza, dove i palestinesi soffrono una grave carestia alimentare ormai da più di un anno.
[di Giorgia Audiello]
Harari ha già fatto il lavaggio del cervello a Schwab e si vede. Si vede anche come le proteine alternative o loro conformazioni alterate (prioni) dopo l’ ingestione stiano agendo suI comportamento degli Israeliani. Come da noi oltre vent’anni fa sulla povera mucca pazza.