È stata una delle manifestazioni più partecipate degli ultimi anni quella che si è tenuta ieri, sabato 14 dicembre, a Roma contro il ddl 1660. Il corteo è partito da piazzale del Verano attorno alle 14:30, per poi arrivare a piazza del Popolo verso le 18:30. All’iniziativa hanno aderito oltre 250 realtà, tra associazioni umanitarie, organizzazioni per il diritto alla casa, nonché partiti e sindacati. In totale, hanno partecipato decine di migliaia di persone, ma gli organizzatori hanno parlato addirittura di 100.000 partecipanti, che nella lunga marcia hanno preso parte a flash mob, azioni dimostrative, presidi e cori. Impropriamente ribattezzato “Decreto Sicurezza”, il ddl 1660 è in realtà in tutto e per tutto un “Decreto Repressione”, e al suo interno introduce nuove fattispecie di reato pensate per colpire ogni movimento che preoccupa il governo: operai, ecologisti, movimenti contro le grandi opere, contro la speculazione energetica e per il diritto alla casa.
La manifestazione contro il Ddl Repressione è stata lanciata dalla Rete no Ddl Sicurezza, una piattaforma che ha unito centinaia di realtà eterogenee, spaziando da gruppi locali ad associazioni di respiro internazionale. I manifestanti si sono radunati in piazzale del Verano, per poi muoversi in blocco verso piazza del Popolo, guidati da un camion in testa. Per quanto la manifestazione sia stata unita, numerose sono state le iniziative promosse nei diversi tratti del corteo: gli attivisti di Amnesty International hanno messo in scena un atto dimostrativo, bloccando per alcuni minuti il passaggio della strada all’altezza di piazza Galeno, per protestare contro la criminalizzazione del blocco stradale. Passando per viale Regina Margherita, gli attivisti per la Palestina hanno lanciato un petardo contro la vetrina di un supermercato della catena Carrefour, che è stato anche imbrattato con scritte come “Free Palestine” e “Assassini”. Un distributore Eni in via Amilcare Ponchielli è stato analogamente preso di mira, venendo ricoperto di scritte con bombolette spray. I movimenti per il diritto all’abitare si sono staccati dal corteo principale e per raggiungere piazza Indipendenza, dove hanno tenuto un presidio concordato con la questura. Su via San Martino della Battaglia, sono stati lanciati petardi contro il portone di una sede dell’ambasciata di Germania. Poco prima di arrivare a piazza del Popolo, il camion di testa ha spezzato una simbolica catena di cartone, richiamando la rottura delle catene imposte dal Ddl Repressione.
Il Ddl Repressione è un disegno di legge che intende introdurre un gran numero di nuove pene, inasprire quelle già presenti e fornire maggiori diritti alle forze dell’ordine, nel quadro della più smaccata forma di criminalizzazione del dissenso. In un’intervista a L’Indipendente, l’avvocato Eugenio Losco, da tempo attivo nella difesa di cause relative a proteste e movimenti sociali, ha definito la norma come un «disegno di legge caratterizzato dalla volontà evidente di reprimere qualsiasi forma di lotta e di conflitto sociale, andando a colpire i vari movimenti e le lotte sociali in maniera specifica e dettagliata». Tra le varie cose, esso introduce una norma che prevede il carcere se due o più persone protestano bloccando il traffico o intralciano la circolazione sui binari di una ferrovia, così come un’aggravante per i reati commessi in stazioni ferroviarie e delle metropolitane. Inasprisce le pene per chi occupa abusivamente le abitazioni, che rischierebbe fino a 7 anni di reclusione. Introduce la norma che rende facoltativo, e non più obbligatorio, il rinvio della pena per le donne gravide e le madri con i figli al di sotto dell’anno di età, così come la stretta sulla cannabis light, che produrrà il blocco dell’intera filiera della canapa.
Diverse norme sono già passate in fase di lettura, ma le proteste dell’opposizione, dei movimenti e degli stessi esperti e avvocati penalisti stanno rendendo l’iter di approvazione del pacchetto ben più ostico di quanto sembrasse in un primo momento. Lo stesso presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha chiesto al governo di apportare delle modifiche ad alcune norme contenute nel disegno di legge, poiché è molto probabile che alcune di esse vengano bocciate dalla Corte Costituzionale.
[di Dario Lucisano]
Una volta facevano leggi Licurgo e la Gens Cornelia, oggi gli idioti Salvini e Meloni.