La Repubblica democratica del Congo si è rivolta ad un gruppo internazionale di avvocati per presentare due denunce penali contro le filiali Apple in Francia e Belgio. L’accusa rivolta alla multinazionale californiana è quella di aver contaminato la propria catena di approvvigionamento con “minerali insanguinati” provenienti da zone di conflitto nell’Africa sub-sahariana. Inoltre, il colosso USA è stato accusato di usare pratiche commerciali ingannevoli per rassicurare i propri consumatori sulla questione. Secondo la nazione africana, tali attività hanno alimentato un ciclo di violenza e di conflitti che ha contribuito al lavoro minorile forzato e alla devastazione ambientale.
La porzione orientale della Repubblica Democratica del Congo è una regione da tempo martoriata da sanguinosi conflitti tra milizie, gli stessi che sono al centro delle gravi accuse mosse nei confronti dell’azienda statunitense. Accusata di alimentare controverse catene di approvvigionamento di minerali essenziali alla produzione di smartphone e computer, la Apple ha però respinto ogni accusa. Secondo gli avvocati, minerali quali stagno, tantalio e tungsteno – noti come minerali 3T, fondamentali per l’industria elettronica – vengono estratti illegalmente da miniere controllate da gruppi armati nell’est della Repubblica Democratica del Congo e successivamente riciclati attraverso il Ruanda. Un portavoce dell’azienda ha dichiarato alla BBC che, con l’aggravarsi del conflitto nella regione, l’azienda ha imposto ai suoi fornitori di sospendere l’approvvigionamento di minerali dalle zone più critiche, ribadendo che i suoi fornitori rispettano standard rigorosi.
Qualunque sia la verità, il fenomeno in corso è tutt’altro che una novità. Parlando di “minerali insanguinati” non si può ad esempio non pensare ai “blood diamonds”, o meglio, all’estrazione di diamanti legata a devastanti guerre civili in varie parti dell’Africa, oggetto anche di un famoso romanzo firmato John le Carré. La Repubblica Democratica del Congo, tra le regioni più ricche di risorse minerarie al mondo, è così da lungo tempo teatro di una crisi umanitaria senza precedenti, scaturita e aggravata dalla competizione feroce tra oltre 100 gruppi armati per il controllo delle miniere. Secondo le Nazioni Unite, milioni di persone hanno subito violenze di ogni genere, inclusi omicidi di massa e stupri sistematici.
In particolare però, dietro le accuse ad Apple si cela un conflitto diplomatico più ampio tra la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, dove quest’ultima è accusata di sostenere il gruppo armato M23, responsabile del saccheggio di risorse minerarie. Non è chiaro se la Repubblica Democratica del Congo intenda realmente ottenere una condanna contro Apple o se utilizzi il caso per spostare l’attenzione dalla propria gestione controversa della crisi. A detta del Ruanda, la denuncia potrebbe essere niente più che una trovata mediatica. Ad ogni modo, la denuncia del governo congolese potrebbe avere effetti imprevisti, creando un precedente per mettere in luce più facilmente la complicità e le responsabilità delle multinazionali in questioni lesive dei diritti umani. La sola pressione esercitata su Apple e altre aziende tecnologiche potrebbe inoltre aprire nuove prospettive per migliorare la trasparenza nelle catene di approvvigionamento globali. O almeno è quanto auspicano diverse organizzazioni per i diritti umani che da tempo denunciano le atrocità legate al traffico di minerali e il ruolo della fame globale di queste risorse indispensabili a soddisfare la crescente domanda tecnologica.
[di Simone Valeri]