Il nuovo DDL Sicurezza che il governo italiano si appresta ad approvare «restringe il diritto a manifestare e a esprimersi pacificamente», motivo per il quale «i senatori dovrebbero astenersi dall’adottarlo, a meno che non venga modificato in modo sostanziale»: questo il contenuto di una lettera che il Commissario per i Diritti Umani presso il Consiglio d’Europa, Michael O’Flaherty, ha inviato al presidente del Senato, Ignazio La Russa. Chiara la risposta del presidente, che ha annunciato di aver dato indicazione agli uffici del Senato di respingere la «pretesa» di O’Flaherty, definendola una «inaccettabile interferenza nelle decisioni autonome e sovrane di un’assemblea parlamentare». La lettera del commissario segue una serie di analoghe segnalazioni provenienti dal mondo della magistratura e delle associazioni umanitarie, e costituisce solo l’ultimo caso di una lunga lista di denunce da parte degli organismi comunitari per ciò che concerne il rispetto dei diritti umani in Italia.
La lettera di O’ Flaherty sul DDL Sicurezza è stata trasmessa a Ignazio La Russa lo scorso lunedì 16 dicembre. Nelle prime righe del testo, il commissario fa riferimento ai «diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica, sanciti dagli articoli 10 e 11 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo» che definisce «pietre miliari della società democratica»; per tale motivo «qualsiasi restrizione a tali diritti deve essere prescritta dalla legge, necessaria, proporzionata, non discriminatoria e soggetta a controllo giurisdizionale indipendente». Comportamenti di «alterazione temporanea» della vita di comunità, «anche attraverso la generazione di rumore, l’ostruzione del traffico stradale» o altre pratiche di disturbo, «non esentano le autorità statali dal loro obbligo positivo di facilitare l’effettivo esercizio del diritto di riunione pacifica».
Il commissario comunica di aver scelto di affrontare «specificamente i rischi legati alla libertà di riunione pacifica ed espressione», pur riconoscendo al disegno di legge una portata più ampia che «solleva diverse ulteriori preoccupazioni riguardo ad altri diritti». In particolare, O’Flaherty si concentra sugli articoli 11 e 14 del disegno di legge, che introducono la fattispecie penale di disturbo della circolazione stradale «in luogo del già esistente illecito amministrativo», con l’aggiunta di aggravanti. Egli critica anche l’articolo 13, che estende le circostanze in cui i commissari di polizia possono impedire agli individui l’accesso ad alcune aree in prossimità di strade, ferrovie, aeroporti e altre infrastrutture; l’articolo 24, che prevede pene per il deturpamento di edifici pubblici «quando lo scopo è arrecare danno all’onore, al prestigio o al decoro di un’istituzione»; l’articolo 26, che introduce il reato di ribellione nelle carceri; e l’articolo 27, che prevede lo stesso nei CPR, «rivolgendosi anche a coloro che hanno resistito solo passivamente».
Secondo O’ Flaherty tutti questi reati vengono «definiti in termini vaghi». Il DDL Sicurezza, inoltre, include «restrizioni severe» e crea spazio per «applicazioni arbitrarie e sproporzionate che incidono sulle attività che rappresentano un legittimo esercizio della libertà di riunione pacifica o di espressione». Così facendo, esso mina un diritto riconosciuto da diverse carte fondamentali e apre la strada alla criminalizzazione di individui per il solo fatto di aver partecipato a una manifestazione. Il pacchetto di leggi, infine, prevede una serie di norme «volte specificamente a raggiungere obiettivi mirati», come, per esempio, gli attivisti per l’ambiente. Il suo stesso ufficio, sottolinea O’Flaherty, ha già «osservato un aumento delle segnalazioni di misure restrittive nei confronti di individui che sostengono un’azione urgente per proteggere l’ambiente».
Effettivamente, la lettera del 16 dicembre non è la prima in cui un organismo europeo o un’associazione umanitaria bacchetta l’Italia per la propria svolta repressiva. Recentemente, il Consiglio d’Europa ha accusato la politica e la polizia italiane di razzismo in un rapporto redatto dall’istituto della Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza (ECRI). In questo documento, l’ECRI denuncia i «frequenti fermi e controlli basati sull’origine etnica» che, fomentati dalle dichiarazioni e dagli episodi di discorso d’odio della politica, rischiano di tradursi nella «profilazione razziale come una forma di potenziale razzismo istituzionale».
[di Dario Lucisano]