Dicembre e le feste natalizie per molte persone sono sinonimo di famiglia, solidarietà, condivisione. Tuttavia il vero e proprio collante di questo periodo dell’anno, simbolo delle feste, è rappresentato dal cibo, con cui spesso si esagera non solo in termini di consumismo e spreco alimentare, ma anche dal punto di vista nutrizionale e della salute. In questo periodo di feste e vacanze è bello stare con le persone che si amano, magari tutti seduti attorno a un tavolo pieno di prelibatezze di ogni genere, ma non bisognerebbe dimenticarsi della salute.
Quanti chili prenderemo tra Natale e Capodanno?
C’è un detto che recita «non preoccupatevi troppo di quello che mangerete tra Natale e Capodanno, ma di quello che mangiate tra Capodanno e Natale». Sebbene questo detto sia sensato e intelligente, in quanto suggerisce alle persone una riflessione corretta sul loro modo di alimentarsi tutto l’anno, esiste anche un dato di fatto e un risvolto della medaglia: gli italiani in media aumentano di peso sulla bilancia di circa 2-3 chili durante le feste di fine anno. Questo è dovuto al fatto che aumentano i ritrovi conviviali, in cui si mangia e si beve di più, i quali fanno sì che si arrivi ad assumere anche fino a 1500 calorie extra ogni giorno. Il nostro corpo aumenta di peso in due modi: stoccando grasso di riserva e trattenendo più liquidi a seguito dell’ingestione di cibi iper conditi, ricchi di grassi e di sale.
Nonostante per la maggior parte delle persone questo aumento di peso sia solo momentaneo, è possibile comunque porre più attenzione alla qualità dei cibi che mangeremo durante le feste. Non ha molto senso fare rinunce proprio in questo momento dell’anno, dove la convivialità e l’armonia familiare e con gli amici ci nutre in senso emotivo, rivestendo dunque una grande importanza. Non necessariamente bisogna rinunciare a panettone e lasagne al forno, ma potrebbe essere utile consumare prodotti di qualità superiore ed evitare al contempo quelli che, seppure siano simbolo del Natale e del Capodanno, sono preparati in maniera industriale e ricchi di sostanze poco salutari.
Panettone e pandoro
Al momento dell’acquisto del panettone sono immediatamente riscontrabili grandi differenze di prezzo. Per i panettoni industriali, il prezzo può oscillare tra i 4 e i 15 euro al chilo. Per quelli artigianali, da pasticceria o da forno, il prezzo sale ulteriormente. Sempre di panettone si tratta, eppure è evidente che devono esserci alcune differenze a giustificare tali importi. Non si tratta di un mero discorso di marca: quello che cambia sono la qualità degli ingredienti e le tecniche di preparazione.
Il vero panettone non può “scherzare” più di tanto sugli ingredienti. Deve essere fatto con il burro e non con altri grassi, contenere una certa quantità di tuorlo d’uovo, canditi e uvetta. Il lievito deve essere naturale e non istantaneo, quello normalmente utilizzato per le torte. La legge detta norme precise sugli ingredienti che devono essere aggiunti all’impasto del panettone: chi lo produce deve seguire scrupolosamente le indicazioni non solo sul tipo di materia prima da usare, ma anche sulla quantità. Questo perché la ricetta tradizionale del panettone (e anche quella del pandoro) sono protette da un disciplinare di produzione del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 2005, e non possono quindi essere replicati stravolgendone la lista ingredienti (per esempio usando margarine o qualsiasi altro tipo di grasso al posto del burro).
Quando è davvero di qualità, quindi, il panettone? Canditi e uvetta sono forse le componenti più caratteristiche del panettone da ricetta classica, una vera delizia per il palato e un tocco di salubrità in quanto forieri di sostanze benefiche come vitamine, minerali e antiossidanti – anche in virtù della quantità, che deve essere almeno il 20% sul totale del prodotto (non è poco). E pensare che c’è chi invece non li ama affatto e ha fatto nascere l’industria del panettone “senza canditi”. Più canditi ci sono in superficie, più ne ritroveremo anche nell’impasto. I canditi devono essere di buona qualità e di medio-grandi dimensioni (non piccoli e duri). Deve essere presente anche il cedro, più pregiato dell’arancia. Il disciplinare del panettone prevede una quantità minima di tuorlo d’uovo del 4%. Ovviamente più tuorli si utilizzano, più intenso sarà il colore giallo del prodotto alla fine. Un buon panettone si riconosce anche da questo. Se ci sono meno burro e meno uova, allora avremo più farina e più zucchero e la qualità sarà inferiore.
Altre differenze importanti riguardano il tempo di lievitazione – da 24 a 72 ore – e la qualità di alcune materie prime. La frutta candita (arancia e cedro), per esempio, può essere di provenienza italiana e di altissima qualità – come quella della costiera amalfitana o della Sicilia – oppure spagnola, o ancora arrivare dal Sud America. Per le arance si può scegliere tra scorza o scorzone (più pregiato). Se si leggono attentamente gli ingredienti, si noterà che la provenienza viene indicata espressamente nel caso in cui sia italiana. In caso non sia specificata, avremo un prodotto di qualità inferiore, con canditi provenienti verosimilmente da filiere industriali estere che impiegano anche pesticidi.
Il cotechino
Parliamo di uno dei prodotti simbolo del periodo natalizio e di fine anno. Spesso siamo portati ad acquistare cibo che si è sempre comprato per tradizione e convenzione, quando in realtà potremmo concederci delle alternative più salutari a quelle standard e commerciali presenti nei supermercati. Purtroppo, il cotechino classico da supermercato racchiude in sé molteplici sostanze e ingredienti poco salutari, nonostante si fregi di essere un prodotto tipico di «antica specialità gastronomica italiana».
Sul sito di una delle tante aziende produttrici che commercializzano questo prodotto nei supermercati si legge che «la certificazione IGP assicura che lo Zampone Modena e il Cotechino Modena siano proprio quelli nati dalla sapiente miscela di carni e aromi in uso fino dal lontano Rinascimento». Tuttavia, questo non garantisce affatto che la carne sia di suini italiani e meno ancora che provenga da allevamenti salubri e con animali al pascolo brado. Tutt’altro, purtroppo. Si tratta di carni di suini da allevamenti intensivi e industriali, dove non vi è alcuna attenzione per il benessere animale e dove i contenuti nutrizionali delle carni sono i peggiori possibili.
Oltre alle carni di discutibile qualità e valore nutrizionale, la lista degli ingredienti mostra come quello principale sia il grasso del maiale. Sebbene di per sé non sia affatto un alimento da condannare e possa avere un suo valore nutrizionale (qualora provenga da allevamenti di suini al pascolo brado), appare comunque di discutibile utilità preparare un secondo piatto solo a base di grasso e carne di maiale, aromi, sale, zucchero e conservanti (nitriti).
Il nitrito di sodio usato come conservante antibatterico è una sostanza che oggi sappiamo essere da limitare nella dieta, specie quando è presente come additivo. Nel 2015, l’OMS ha stabilito in via definitiva che le carni lavorate e conservate con i nitriti sono da limitare o evitare fortemente, proprio a causa dell’impiego eccessivo di tali sostanze conservanti e di sale. Nitriti e nitrati, a seguito di particolari reazioni chimiche che avvengono nello stomaco, si trasformano infatti molto facilmente in nitrosammine, sostanze ritenute altamente cancerogene dalla comunità scientifica per lo sviluppo dei tumori dello stomaco e dell’intestino. In un articolo dal titolo Gli additivi e i conservanti alimentari aumentano il rischio di tumori?, pubblicato sul proprio sito www.airc.com e aggiornato al 22 marzo 2023, l’Associazione italiana ricerca sul cancro (AIRC) dettaglia questo genere di rischi.
Consideriamo anche che una piccola quota di nitriti e nitrati sono presenti nell’acqua minerale in bottiglia e in quella dell’acquedotto comunale, quindi tra salumi, verdure non biologiche e acqua ne assumiamo una certa dose ogni giorno inevitabilmente. I bambini sono molto più esposti degli adulti alla intossicazione da nitriti e nitrati, pertanto è consigliabile non dare loro mai salumi contenenti i nitriti. Il prosciutto crudo, per esempio, è un’alternativa più salutare per l’alimentazione dei più piccoli rispetto a quello cotto, in quanto non contiene questo tipo di sostanze – mentre il prosciutto cotto sì.
I cibi delle feste che fanno bene alla salute
Le festività natalizie sono un periodo di stravizi in cui è inevitabile concedersi qualche eccesso alimentare e il pranzo di Natale, la cena della vigilia e il cenone di Capodanno non fanno di certo eccezione. Tuttavia, non sono pochi i cibi della tradizione natalizia ricchi di proprietà benefiche e non necessariamente ingrassanti, se cucinati e dosati nel modo giusto. Facciamo un elenco di questi cibi sani.
Salmone
Questo pesce, sia fresco che affumicato, è uno degli ingredienti più pregiati, sia degli antipasti che dei primi e dei secondi piatti di Natale. Contiene anche grassi, ma si tratta degli omega 3, ovvero i grassi “buoni” ad azione antinfiammatoria e utili per la salute del cuore. Per godere al massimo delle sue proprietà nutrizionali, prediligiamo il salmone selvaggio (ovvero pescato, non allevato) e le cotture brevi e a temperature non troppo elevate, come quelle in padella o al vapore, perché gli omega 3 tendono a danneggiarsi con il calore. Va bene anche il salmone affumicato, ma considerate che ha tanto sale e quindi bisogna mangiare una porzione più piccola rispetto al salmone fresco in trancio.
Lenticchie
Sono considerate un portafortuna irrinunciabile del cenone di San Silvestro, ma in realtà possiamo e dovremmo mangiarle più spesso durante tutto l’anno, in quanto, come tutti i legumi, sono un’ottima fonte di tanti nutrienti preziosi. Tra questi: proteine vegetali, ferro, minerali e fibre, che favoriscono la regolarità intestinale e la sazietà. Oltre che come contorno, si può preparare con esse un hummus di lenticchie alternativo a quello classico di ceci, da spalmare sul pane per un antipasto vegetariano.
Melagrana
La tradizione vuole che sia consumata l’ultima notte dell’anno, posizionandone una sulla tavola come buon auspicio. Si può scegliere di mangiarla nell’insalata o nel risotto o tenerla semplicemente come dolcetto sano di fine pasto. Oltre a portare fortuna, il melograno apporta anche molti nutrienti benefici, come gli antiossidanti, (antocianine e vitamina C), le fibre, le vitamine e i minerali, quindi è a tutti gli effetti un cibo sano delle festività.
Frutta secca
In genere costituisce la classica conclusione di ogni pranzo di Natale – soprattutto datteri e fichi ma anche noci o pistacchi e altro. È un’ottima fonte di grassi “buoni”, come gli omega 3, di sostanze antiossidanti come vitamina E e flavonoidi, oltre che di fibre, che aiutano a tenere sotto controllo glicemia e pressione sanguigna. Il consiglio è quello di non esagerare con le quantità e di “rompere” la tradizione e non mangiare la frutta secca a fine pasto ma come spuntino di metà mattina del giorno di Natale, oppure a colazione: col suo contenuto di fibre, che favoriscono la sazietà, ci darà una mano ad arrivare a pranzo meno affamati e, quindi, a non abbuffarci troppo. Un consiglio per acquistare questi prodotti: evitiamo quelle confezioni che hanno tra gli ingredienti dei conservanti nocivi, come l’anidride solforosa.
Clementine, mandarini e arance
Sono frutti tipici usati per chiudere in bellezza un menù di Natale. Sono una buona fonte di vitamina C, che aiuta a rinforzare il sistema immunitario, e di potassio, benefico per la salute di muscoli e cuore. Rinfrescanti, sgrassanti e ipocaloriche (circa 40 calorie per 100 grammi), sono frutti di stagione in inverno, che dovremmo mangiare tutti i giorni fino a che sono disponibili e non solo ai cenoni delle feste.
Cannella
Tra le spezie la protagonista indiscussa del Natale è la cannella, che è presente in tante ricette natalizie, anche in Italia, come i biscotti di zenzero e cannella oppure il panpepato tipico dell’Umbria, un dolce che prevede anche le mandorle, le nocciole e il cioccolato fondente. Per il menù di Natale, aromatizzare le ricette con un pizzico di cannella può essere un valido espediente per ridurre il contenuto di zucchero nei dolci: il suo profumo intenso e penetrante li renderà comunque appetitosi.
Cioccolato fondente
Sappiamo che se il cioccolato è veramente fondente (almeno il 70% di cacao) allora possiede delle proprietà salutistiche incredibili, a favore dell’apparato cardiovascolare (rinforza i vasi sanguigni e abbassa la pressione del sangue), del cervello e dell’umore (previene l’invecchiamento cerebrale e migliora l’umore) e della pelle (gli antiossidanti del cacao favoriscono un effetto antiinvecchiamento).
[di Gianpaolo Usai]