Nelle grandi città del nostro Paese ci sono sempre meno giovani. Ad attestarlo sono i dati di Istat, diramati all’interno del nuovo rapporto “I giovani nelle città metropolitane: la fragilità dei percorsi educativi nei contesti urbani”, riferito agli anni 2022 e 2023. Secondo le statistiche dettagliate nel report, infatti, nell’ultimo trentennio un milione e mezzo di ragazze e ragazzi hanno abbandonato i grandi centri urbani della Penisola. Si tratta del 24,5% in meno rispetto al 2023. Un declino attribuibile a una combinazione di fattori, tra i quali spiccano la riduzione delle nascite e della fertilità e il crescente invecchiamento della popolazione. L’immigrazione, che in passato ha contribuito a mitigare la perdita di giovani, appare non più sufficiente a bilanciare il calo demografico.
Al 1° gennaio 2024, i giovani di età compresa tra gli 0 e i 24 anni che risiedono nelle città metropolitane sono 4,8 milioni, ovvero il 36,8% del totale italiano. Essi costituiscono il 22,6% della popolazione complessiva e sono diminuiti di oltre 1,5 milioni rispetto al 1993. A risentire del calo maggiore sono in particolare tre città del Sud, ovvero Napoli, Catania e Palermo. Fra i comuni capoluogo, il maggiore calo di bambini e ragazzi fino a 14 anni è attestato a Catania (21,7%). Tra le prime cinture Palermo fa segnare il risultato più alto (24,6%), tra le seconde cinture svettano Napoli e ancora Palermo (entrambe con il 22,6%). Nelle città metropolitane del Sud e delle Isole si sottolinea una importante riduzione della componente giovanile oltre la media nazionale (-23,9%), che nella città metropolitana di Cagliari scende fino a -45,3%. La riduzione è presente ma attenuata nel Centro-Nord dello Stivale, dove solo la città metropolitana di Bologna fa registrare risultati in controtendenza, con un aumento della popolazione giovanile (+13,2%) determinato dal rilevante incremento di bimbi e ragazzi fino a 14 anni (+42,4%). Un dato che risulta però attutito dalla contestuale riduzione della popolazione tra i 15 e i 24 anni. La crisi demografica è aggravata dall’esodo di giovani adulti verso l’estero o altre regioni italiane, attratti da migliori opportunità lavorative. Questo fenomeno riduce ulteriormente la vitalità economica e culturale delle città metropolitane, già alle prese con una crescente frammentazione sociale e una riduzione dei servizi dedicati alla gioventù.
Il calo della popolazione giovanile ha ripercussioni dirette sul sistema educativo. Negli ultimi cinque anni, le iscrizioni scolastiche nelle città metropolitane sono diminuite del 3,7%, con flessioni particolarmente significative nelle scuole dell’infanzia (-9,1%). Le scuole primarie e secondarie di primo grado registrano cali più contenuti, mentre le scuole secondarie di secondo grado segnano un lieve aumento (+2%). Tuttavia, il livello di istruzione dei giovani resta disomogeneo: nel Sud, solo il 53,5% dei giovani stranieri tra i 20 ei 24 anni ha completato la scuola secondaria di secondo grado, contro l’88,6% degli italiani. Un altro indicatore rilevante è l’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia. Nonostante un miglioramento generale, solo Bologna e Firenze raggiungono il parametro del 45% di copertura stabilito dall’Unione Europea per il 2030, mentre città come Napoli e Catania restano sotto il 15%. Nel complesso dei territori metropolitani il 61,6% dei comuni ha almeno un servizio per la prima infanzia, contro il 52% del totale dei comuni italiani. L’obiettivo di copertura del 75% dei comuni, fissato a livello nazionale dal Decreto legislativo 65/20176, viene però raggiunto solo dalla metà delle città metropolitane, con percentuali superiori al 90% nelle città di Firenze, Milano, Bologna e Bari. Nella città metropolitana di Reggio Calabria, invece, i comuni con almeno un servizio sono poco più di un terzo, mentre a Palermo non superano il 40%.
[di Stefano Baudino]