Un nuovo sondaggio YouGov rivela il calo del sostegno in Europa alla guerra “fino alla vittoria” in Ucraina, mentre cresce l’appoggio a una soluzione negoziata. In Italia, il 55% degli intervistati preferisce il dialogo, contro il 15% favorevole al conflitto prolungato. Percentuali simili si registrano in Spagna (46% per la soluzione negoziale), Germania (45%) e Francia (43%). Al contrario, in Svezia, Danimarca e Regno Unito il sostegno alla guerra resta prevalente, ma in calo rispetto a gennaio 2024. Il sondaggio evidenzia inoltre lo scetticismo sulla sufficienza degli aiuti militari occidentali, con una maggioranza contraria all’aumento degli invii di armi. L’Italia spicca per la quota più alta di cittadini (39%) che ne chiedono la riduzione.
Il sondaggio, pubblicato dal The Guardian, è stato condotto in sette Paesi dell’Europa occidentale, ovvero Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia, Danimarca e Regno Unito, che complessivamente hanno fatto registrare una significativa diminuzione della volontà di sostenere l’Ucraina “finché non vincerà”. In ogni Paese è infatti aumentata la percentuale di cittadini favorevoli a una fine negoziata dei combattimenti, anche se ciò dovesse comportare la cessione di territori ucraini alla Russia di Putin. Tale opzione è ora la preferita dalla maggioranza in quattro di essi. I risultati del sondaggio hanno mostrato che la disponibilità a sostenere l’Ucraina finché non sconfiggerà la Russia è rimasta alta in Svezia (50%) e Danimarca (40%), mentre il Regno Unito è al 36%. Tali livelli sono però scesi di ben 14 punti rispetto alle cifre di gennaio, quando si attestavano rispettivamente al 57%, al 51% e al 50%. Nello stesso periodo, contestualmente a un calo della disponibilità a sostenere il governo di Kiev fino alla sua vittoria, le percentuali di coloro che affermano di preferire una pace negoziata sono aumentate dal 45% al 55% in Italia, dal 38% al 46% in Spagna, dal 35% al 43% in Francia e dal 38% al 45% in Germania.
Agli intervistati è stato inoltre domandato se reputino il sostegno militare offerto all’Ucraina sufficiente a non far vincere le forze russe. La risposta è stata negativa: circa il 66% dei danesi, il 63% degli svedesi e degli spagnoli, il 59% dei britannici, il 53% dei tedeschi e degli italiani e il 52% dei francesi hanno infatti affermato che l’assistenza complessiva a Kiev non è stata sufficiente a tale scopo. In un altro quesito di chiedeva invece se gli Stati occidentali dovrebbero aumentare gli invii di armi: a rispondere di sì, in tutti gli Stati, è solo una minoranza: si va dal 29% della Svezia all’11% dell’Italia. Il nostro Paese detiene inoltre la percentuale più alta di intervistati che ritengono che il supporto militare all’Ucraina andrebbe ridimensionato, ovvero il 39%. Seguono Germania (35%), Francia (30%), Danimarca e Spagna (22%), Regno Unito (18%) e Svezia (15%). Nel frattempo, l’imminente ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca solleva dubbi sulla continuità dell’assistenza militare statunitense a Kiev: la maggioranza degli intervistati in quasi tutti i Paesi – il 62% dei tedeschi, il 60% degli spagnoli, il 56% dei britannici, il 52% dei francesi e il 48% degli italiani – ritiene probabile che Trump ridurrà il sostegno alle forze di Kiev dopo il suo insediamento.
Nel frattempo, il presidente russo Vladimir Putin sembra continuare a lanciare concreti segnali al neo eletto presidente degli Stati Uniti. Ieri il capo del Cremlino, che questa settimana ha ospitato a Mosca il primo ministro slovacco Robert Fico, ha dichiarato che quest’ultimo – dichiarato oppositore del sostegno militare dell’Unione Europea all’Ucraina – ha offerto il suo Paese come sede per i colloqui tra Russia e Ucraina. Putin ha aggiunto che la Russia è aperta alla proposta della Slovacchia di ospitare colloqui di pace con l’Ucraina per concludere un conflitto che, a suo dire, la Russia è determinata a portare a termine. Juraj Blanar, ministro degli Esteri slovacco, ha dichiarato che la Slovacchia cerca da tempo una soluzione pacifica al conflitto e che le parole di Putin rappresentano un «segnale positivo» per la fine della guerra.
[di Stefano Baudino]