domenica 2 Marzo 2025

“Ode all’odore della legna”, una poesia di Pablo Neruda (1955)

Tardi, con le stelle
aperte nel freddo
aprii la porta.
Il mare
galoppava
nella notte.

Come una mano
dalla casa oscura
uscì l’aroma
intenso
della legna custodita.

L’aroma era visibile
come
se l’albero
fosse vivo.
Come se ancora palpitasse.

Visibile
come una veste.

Visibile
come un ramo spezzato.

Girai
dentro
la casa
circondato
da quella balsamica
oscurità.
Fuori
le punte
del cielo scintillavano
come pietre magnetiche,
e l’odore della legna
mi toccava
il cuore
con dita
come di gelsomino,
come di alcuni ricordi.

Non era l’odore acuto
dei pini,
no,
non era
la scalfittura nella pelle
dell’eucalipto,
non erano

neppure
i profumi verdi
della vigna,
ma
qualcosa di più segreto,
perché quella fragranza
una sola,
una sola
volta esisteva,
e lì, di tutto ciò che vidi nel mondo,
nella mia stessa
casa, di notte, presso il mare d’inverno,
lì stava attendendomi
l’odore
della rosa più profonda,
il cuore reciso della terra,
qualcosa
che m’invase come un’onda
staccata
dal tempo
e si perse in me stesso
quando aprii la porta
della notte.

La poesia è sensorialità radicale, è percezione assoluta. L’orchestra delle immagini in Neruda allestisce una compagnia di strumenti che alternano urli e sussurri, dove i profumi innalzano il tempo a una vertigine senza contorni: «come una mano/ dalla casa oscura/uscì l’aroma/ intenso/ della legna custodita».

Ma c’è una posizione particolare del poeta, una soggettiva circolare che snida i retaggi, in un vortice di sguardi e percezioni, che confonde aromi e ricordi, che punteggia di porte metafisiche il paesaggio marino.

«Il cuore reciso della terra» rende antropomorfico il tutto, come «la scalfittura nella pelle/ dell’eucalipto». Tutto si fa mitologico, personale, corporeo, trafitto di eros e nostalgia.

Ogni segreto, cioè ogni oggetto che fa esplodere il suo senso e il suo sentore, colma di scintillii e di oscurità l’intorno.

La poesia è svelamento, confessione di un modo speciale di cogliere la natura, il destino sublime di ogni dettaglio, rivestito di stelle e di «pietre magnetiche».

[di Gian Paolo Caprettini]

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