Due deputati del partito filocurdo presente nel Parlamento turco, il DEM, hanno potuto visitare il leader del PKK, Abdullah Öcalan, detenuto in isolamento nell’isola-prigione di Imrali da 25 anni. La visita segna la possibile ripresa dei colloqui di pace tra il governo turco e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, protagonista di una lotta armata in Turchia per l’autonomia del Kurdistan e guida delle Forze Democratiche Siriane, che autogovernano le zone curde della Siria. Secondo quanto riportato dai deputati che lo hanno incontrato, Öcalan, apparso in «buona salute e di alto morale», ha dichiarato che il processo di pace tra Turchia e PKK «non può più essere rimandato» e di essere «pronto a compiere i passi positivi necessari». L’incontro segue le recenti aperture del premier turco, Recep Tayyip Erdoğan, che ha parlato di una «finestra storica di opportunità» per porre fine al conflitto. Il PKK è considerato un’organizzazione terroristica dalla Turchia e dagli alleati occidentali. La guerra a bassa intensità tra lo Stato turco e le milizie curde ha provocato circa 40.000 morti dal 1984 a oggi.
L’incontro tra i deputati di DEM e il leader del PKK si è tenuto sabato 28 dicembre, presso il carcere dell’isola di Imrali, a sud di Istanbul, dove Öcalan sta scontando l’ergastolo dal 1999. Durante l’incontro, il fondatore del PKK ha rilanciato la questione curda e i canali di dialogo con la Turchia: «Rafforzare ancora una volta la fratellanza turco-curda non è solo una responsabilità storica, ma anche una questione di grande urgenza e importanza cruciale per tutti i popoli», si legge in un comunicato rilasciato da DEM che riporta le parole di Öcalan. Il fondatore del PKK ha così lanciato un appello a «tutti i gruppi politici in Turchia» affinché «prendano l’iniziativa senza far prevalere i propri interessi ristretti e a breve termine, agiscano in modo costruttivo e contribuiscano positivamente», specialmente entro le mura della Grande Assemblea Nazionale Turca, l’organo parlamentare unicamerale del Paese, che detiene il potere legislativo. Nel comunicato, Öcalan parla anche dell’attuale situazione nella regione, e in particolare in Siria e Palestina, che dimostrerebbe «che la soluzione di questi problemi, che gli interventi esterni cercano di trasformare in un problema cronico, non può più essere rimandata». Il leader del PKK apre «alla nuova prospettiva sostenuta da Bahçeli ed Erdoğan», e chiude le proprie considerazioni lanciando un appello: «È tempo di pace, democrazia e fratellanza per la Turchia e la regione».
Quella di sabato è la prima visita a Öcalan degli ultimi nove anni e mezzo: l’ultima risale all’aprile del 2015, quando il leader di HDP (Partito Democratico dei Popoli) e altri membri di spicco del partito, che oggi è di fatto stato soppiantato in assemblea da DEM, terza forza per numero di parlamentari, si recarono a incontrarlo. L’incontro si colloca sulla scia di un’apertura al dialogo da parte di alcuni alleati di Erdoğan, primo fra tutti Devlet Bahçeli, leader del Partito del Movimento Nazionalista, il più grande alleato esterno del presidente turco. A proporre l’incontro, lo scorso 26 novembre, è stato proprio Bahçeli: egli ha consigliato a Erdoğan di aprire un colloquio con Öcalan per porre fine al conflitto che dura da oltre trent’anni, suggerendo la possibilità di liberare il fondatore del PKK in cambio di un suo eventuale ordine di deporre le armi. Erdoğan ha reagito positivamente agli spunti dell’alleato, definendo i suoi suggerimenti una «finestra storica di opportunità», affermando poi di condividere la posizione di Bahçeli. A questa apparente apertura sono seguite la decisione turca di avviare un piano di sviluppo regionale da 14 miliardi di dollari per ridurre il divario economico tra la regione a maggioranza curda e il resto del Paese, e parole di fratellanza da parte di funzionari come Mehmet Uçum: «I curdi sono una parte inseparabile della Turchia e sono i fondatori del popolo turco. Questo secolo è il secolo dei turchi e dei curdi».
In molti ritengono che il tentativo di pacificazione turco sia dovuto all’attuale situazione mediorientale. La proposta di Bahçeli è arrivata il giorno prima dell’inizio delle incursioni di HTS in Siria e in parallelo all’entrata in vigore del cessate il fuoco in Libano, mentre a Gaza continuava a consumarsi il genocidio del popolo palestinese. A tal proposito c’è chi ritiene, come l’accademico Yektan Turkyilmaz, che Erdoğan voglia da una parte cogliere l’opportunità per allentare la pressione lungo il confine siriano e dall’altra impedire ai curdi di intessere nuove alleanze regionali. C’è chi, invece, riporta il canale mediatico curdo Kurdistan News 24, ritiene che Erdoğan si sia reso conto di non poter conquistare il Rojava, e abbia così deciso di concedere a DEM di vedere Öcalan come «parte di una nuova tattica per ingannare nuovamente i curdi». In ogni caso, non sembra che da questi primi abbozzati tentativi di colloquio, la Turchia stia prendendo in considerazione l’opzione di darla vinta ai separatisti; lo stesso Uçum ha infatti dichiarato: «La tesi delle due nazioni è funzionale alla strategia degli imperialisti ed è un tentativo di spartizione della Turchia».
[di Dario Lucisano]
Mi sembrava di aver letto su questo giornale che lo zio Sam, in prospettiva anti-Isis o Daesh o chi dir si voglia avrebbe intenzione di finanziare i Curdi (sic!), unica etnia comunista ancora esistente sul pianeta Terra, per proteggere i propri interessi, e quelli di Israele, nella tormentata area medio-orientale. Forse per questo il condottiero turco sta cercando un’ alleanza (falsa e fittizia) con l’ acerrimo nemico interno…