venerdì 3 Gennaio 2025

La nuova mossa securitaria del Viminale: zone vietate a chi ha precedenti penali nelle città

Dopo la notizia dell’introduzione di una serie di “zone rosse” a Milano da parte della prefettura, il Viminale ha chiesto alle amministrazioni locali di tutta Italia di varare un’analoga misura per Capodanno. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha infatti inviato una direttiva ai prefetti per spingerli ad adottare apposite ordinanze che individuino le aree urbane dove vietare la presenza di «soggetti pericolosi» o con precedenti penali, disponendone l’allontanamento. Il ricorso alle “zone rosse” viene giustificato dal Viminale come una misura volta a garantire la tutela della sicurezza urbana e degli spazi pubblici cittadini. Eppure, alla lettura dell’ordinanza e del comunicato che l’ha annunciata, emergono la vaghezza dei criteri tratteggiati dal dicastero per l’individuazione delle persone “pericolose” e l’ampia discrezionalità garantita a tal fine alle forze dell’ordine.

In un comunicato, il Ministero dell’Interno ha reso noto che, lo scorso 17 dicembre, il ministro Piantedosi ha inviato una direttiva ai prefetti «per sottolineare l’importanza di individuare, con apposite ordinanze, aree urbane dove vietare la presenza di soggetti pericolosi o con precedenti penali e poterne quindi disporre l’allontanamento». Di fatto, la direttiva invita dunque i prefetti a sfruttare tutte le possibilità del cosiddetto “daspo urbano”, misura inserita nel decreto legge n. 14 del 2017 che prevede un ordine di allontanamento per le persone che «impediscono l’accessibilità e la fruizione» di luoghi pubblici come stazioni ferroviarie o fermate di mezzi pubblici, estendendo il suo ambito di applicazione per la determinazione delle “zone rosse”. Questo strumento è in vigore a Milano per Capodanno e fino al 31 marzo, avendo già visto una sua prima applicazione a Firenze e Bologna, dove in 3 mesi sono stati 105 i soggetti destinatari di provvedimenti di allontanamento su 14mila persone controllate. Il Ministero delinea le finalità del ricorso alle “zone rosse” anche in altre città, che potranno essere estese a «zone della movida, caratterizzate da un’elevata concentrazione di persone e attività commerciali e dove si registrano spesso episodi di microcriminalità (furti, rapine), violenza (risse, aggressioni), vandalismo, abuso di alcol e degrado», spiegando che esso rientra «nella più ampia strategia volta a garantire la tutela della sicurezza urbana e la piena fruibilità degli spazi pubblici da parte dei cittadini».

Eppure, è evidente la discrezionalità delle misure adottate, data l’ampiezza dello spettro degli individui ritenuti passibili di allontanamento dalle “zone rosse”. Nella nota si comunica infatti che si tratterà di «soggetti pericolosi o con precedenti penali»: la possibilità di allontanare individui con precedenti figura però all’interno del DDL Sicurezza – provvedimento che non ha ancora ottenuto il definitivo via libera dal Parlamento – che, come la stessa direttiva di Piantedosi evidenzia, «reca un’ulteriore estensione del divieto di accesso a coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel corso dei cinque anni precedenti, per delitti contro la persona o contro il patrimonio commessi nelle aree interne e nelle pertinenze di infrastrutture ferroviarie, aeroportuali, marittime e di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano». La fumosità della direttiva si coglie ancora meglio nel passaggio successivo, ove si legge che «la misura del divieto di accesso dovrà essere disposta ogni qual volta il comportamento del soggetto risulti concretamente indicativo del pericolo che la sua presenza può ingenerare per i fruitori della struttura».

A scagliarsi contro l’ordinanza della prefettura di Milano entrata in vigore ieri – quando ancora non si conoscevano i contenuti della direttiva di Piantedosi – sono stati gli avvocati della camera penale del capoluogo lombardo. Questi ultimi hanno criticato il provvedimento si dicano allarmati dal fatto che «diritti tutelati a livello costituzionale e convenzionale» siano «compressi con provvedimenti dai contenuti tutt’altro che tipici che rimandano a categorie impalpabili (atteggiamenti aggressivi? Concreto pericolo per la sicurezza pubblica?), e di durata non corrispondente alle presunte ragioni di urgenza legittimanti il provvedimento di natura eccezionale», intervenendo «su libertà fondamentali del cittadino». Secondo gli avvocati, il fatto che tali provvedimenti «si rivolgano contro persone destinatarie di mera segnalazione all’autorità giudiziaria» sia un dato «altrettanto preoccupante, contrario al principio della presunzione di non colpevolezza e peraltro anche al buon senso, trattandosi in diversi casi di tipologie di reato perseguibili a querela suscettibile di remissione». In ultimo, i firmatari della nota manifestano sorpresa per l’adozione del provvedimento da parte della Prefettura nonostante analoghe ordinanze «siano state annullate dai giudici amministrativi».

[di Stefano Baudino]

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5 Commenti

    • Il provvedimento è consigliato e indetto proprio da coloro i quali noi tutti cittadini dovremmo difenderci…cioè i parlamentari.Il parlamento italiano è luogo di estrema corruzione.traditori tutti.ghigliottina per tutti questi personaggi…lì dentro non si salva nessuno

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