lunedì 6 Gennaio 2025

Vittoria dei comitati: il TAR boccia il progetto dell’ovovia di Trieste

Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Friuli Venezia Giulia ha annullato l’iter autorizzativo per la costruzione della cabinovia di Trieste, segnando una significativa vittoria per le associazioni ambientaliste e i cittadini contrari al progetto. L’opera, fortemente sostenuta dal sindaco Roberto Dipiazza di Fratelli d’Italia, mirava a creare un collegamento tra Trieste e Opicina attraverso due linee di trasporto sospese. Tuttavia, il TAR ha giudicato l’intero procedimento «illegittimo», evidenziando gravi carenze nella conformità urbanistica e ambientale. Esultano gli attivisti del Comitato No Ovovia, da sempre in prima linea contro il progetto, che giudicano questo verdetto come «la prova che un’opposizione informata, determinata e trasparente può fare la differenza».

Nello specifico, il TAR del Friuli Venezia Giulia ha accolto due ricorsi presentati dai residenti dell’altipiano, sostenuti dal Comitato No Ovovia e da un cartello ambientalista Lipu-Wwf-Legambiente contro Regione, Comune e ministero della Cultura. Secondo i giudici, il progetto era stato avviato prematuramente, senza la necessaria approvazione della variante urbanistica al Piano Regolatore Generale (PRG). Le concessioni rilasciate dal Comune e validate dalla Regione erano dunque prive di una base normativa solida. Bocciando l’idea che le concessioni post conferenza dei servizi potessero avere lo stesso valore di una variante urbanistica, il TAR ha richiesto un riavvio completo del procedimento, affidando alla Regione il compito di verificare la compatibilità urbanistica e ambientale dell’opera prima di procedere. I giudici hanno evidenziato come non sia stata compiuta «la necessaria disamina dei vincoli territoriali vigenti e interessanti l’area d’incidenza della cabinovia» e dunque, perché «possano essere rilasciate le concessioni per la costruzione e l’esercizio di impianti a fune, è necessaria la preventiva e sicura verifica della piena compatibilità dell’opera con i vincoli urbanistici e paesaggistici». Il TAR ha scritto che la Regione sarà ora chiamata a valutare «se concludere il procedimento verificando la compatibilità urbanistica dell’opera oppure se sospenderlo fino a quando la variante 12 al Piano regolatore includerà la localizzazione della cabinovia e sarà pienamente entrata in vigore», mettendo nero su bianco che non avrebbe senso, da parte della pubblica amministrazione, «elaborare e proporre un progetto definitivo di un’opera sin dall’origine vietata dai vincoli territoriali». Mancando «uno dei requisiti fondamentali», le condizioni per portare avanti il progetto risultano «decisamente aleatorie», hanno scritto i giudici.

Nonostante la battuta d’arresto, il Comune di Trieste ha minimizzato l’impatto della decisione, sostenendo che l’iter potrebbe proseguire regolarmente una volta soddisfatte le condizioni richieste dal TAR. Tuttavia, il progetto appare sempre più isolato, con un crescente consenso pubblico contrario alla sua realizzazione. Il Comitato No Ovovia ha celebrato la sentenza come una vittoria per il territorio e per il buon senso. In una nota, il gruppo ha ringraziato le associazioni coinvolte, tra cui Lipu, Wwf Italia, Legambiente e Rete Associativa, per il loro contributo nella difesa del patrimonio naturale e urbanistico della città. «La battaglia non finisce qui, continueremo a vigilare e a lavorare per fermare quest’opera illegittima, inutile, impattante, insostenibile e insicura”, hanno scritto gli attivisti.

Il Comitato aveva scelto di intraprendere vie legali nel gennaio di due anni fa. Il progetto dell’ovovia, sostenuto economicamente con 48 milioni di euro del PNRR, era finito nel mirino della cittadinanza triestina per i concreti impatti ambientali che presentava. Tra questi, il Comitato evidenziava il rischio di infrazione del decreto ministeriale in materia di “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (Zsc) e a Zone di protezione speciale (Zps) della Rete ecologica Natura 2000”, che vieta l’installazione di impianti a fune nelle aree inserite in detta Rete di aree protette, nonché l’abbattimento di oltre mille alberi e un aumento del rischio di dissesto idrogeologico per l’area interessata.

[di Stefano Baudino]

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