La Regione Sardegna ha respinto il referendum di iniziativa popolare riguardo all’installazione di impianti di energia rinnovabile sul territorio e in mare. Il quesito, depositato lo scorso settembre, aveva raccolto 19.221 firme e chiedeva ai cittadini di esprimersi riguardo alla modificazione del paesaggio sardo mediante l’installazione di impianti eolici e fotovoltaici. Secondo l’Ufficio regionale per il referendum, la domanda non risultava conforme alle competenze dell’istituzione regionale, perché la transizione energetica è un argomento di interesse nazionale e non può essere regolata su scala locale. L’avvocato Michele Pala ha annunciato che i promotori valuteranno se presentare un ricorso al Tar, sottolineando che il problema sollevato dal quesito non si limita alla sola installazione di impianti energetici, ma si estende anche al rispetto della democrazia e della libertà di espressione.
Il referendum riguardo all’installazione di impianti di energia rinnovabile sul territorio e in mare era stato depositato lo scorso 11 settembre presso la Corte d’Appello di Cagliari e presso la Regione. Protagonisti dell’iniziativa erano l’avvocato Michele Pala, promotore responsabile, e il medico di Arzachena Pietro Satta, referente per la Gallura. Il quesito recitava: «Volete voi che il paesaggio sardo, terrestre e marino, sia modificato con l’installazione sul terreno e in mare di impianti industriali eolici e/o fotovoltaici per la produzione di energia elettrica?». A bloccarne la richiesta, lo scorso 19 dicembre, è stato l’Ufficio per il referendum istituito in seno alla presidenza della Regione, composto da quattro magistrati tutti «nominati dalla stessa presidente della Regione», secondo quanto denunciato dai promotori. L’Ufficio ritiene che «la richiesta deve essere considerata illegittima, in quanto la materia su cui verte non può costituire oggetto di referendum consultivo perché, pur non essendo tale tipo di referendum vincolante e non concorrendo a formare la volontà degli organi che lo indicono, esula del tutto dal campo degli atti che potrebbero essere compiuti in futuro dalla Regione». Secondo l’Ufficio, insomma, non essendo la transizione energetica un argomento di competenza della Regione, il parere dei cittadini, oltre a non essere vincolante, è superfluo. «Non si tratta più di un problema di pale eoliche o di pannelli fotovoltaici, qui c’è un problema di democrazia e di libertà», ha dichiarato l’avvocato Pala all’agenzia di stampa ANSA. «Il referendum consultivo, così come avvenuto con quello sul nucleare, avrebbe dato a tutti i sardi la possibilità di esprimersi». Il promotore dell’iniziativa ha inoltre annunciato la possibilità di fare ricorso al Tar contro la bocciatura.
La popolazione sarda lotta da anni per la tutela del patrimonio paesaggistico e naturale dell’isola contro l’“invasione” di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Lo scorso ottobre, i cittadini si sono mobilitati per presentare oltre 210.000 firme raccolte a favore della legge di iniziativa popolare “Pratobello” che, contrariamente alla legge “aree idonee”, approvata dalla Regione, bloccherebbe in maniera definitiva gli impianti non ancora autorizzati o completati e consegnerebbe nelle mani della Regione la gestione di questi progetti. Malgrado la consegna delle firme, la legge è stata momentaneamente accantonata, ma le proteste non si sono fermate. Parallelamente, sono continuate anche le contestazioni contro gli espropri per il Tyrrhenian Link, il lungo cavo che collegherà la Sardegna alla penisola per trasportare l’energia elettrica prodotta dall’eolico sull’isola: il 20 novembre, il presidio di Selargius, la cosiddetta “rivolta degli ulivi”, è stato sgomberato per fare spazio alle ruspe di Terna, l’azienda incaricata di effettuare i lavori per la messa in funzione del Tyrrhenian Link, ma i cittadini hanno annunciato nuove mobilitazioni.
[di Dario Lucisano]
Ma la Sardegna che al tempo di Tiscali era all’avanguardia non ha altro di cui preoccuparsi, pensa sempre che i problemi siano di Roma e l’energia arrivi gratis?
La Sardegna e’ considerata una colonia da depredare da parte del potere peninsulare. E’ servita negli anni 50-60 per addestrare le polizie a reprimere la popolazione mediante le provocazioni contro i pastori e i contadini allevatori di bestiame. Successivamente e’ servita per esperimentare armi di distruzione di massa. Attualmente e’ occupata da installazioni militari della Nato. Come se non bastasse dovrebbe ora produrre energia da far consumare nel continente a costo dell’agricoltura locale e non ultimo del paesaggio. Bisogna avere rispetto per la Sardegna e i Sardi.
Sei in grado di allegare link che dimostra che la Sardegna darebbe energia al Continente?
Comunque sono Federalista, se la Sardegna intende liberarsi dalla Roma unitaria, non ne vedo l’ora.
Se vuole le rimando il link all’articolo che lei stesso ha commentato. Le suggerisco di rileggerlo con maggiore attenzione.
Guarda Giovanni, che avendo il solare da anni ho capito con le rinnovabili che vanno e vengono, i cavi a cosa ancora servono e quanti watt poi mancano ancora…