Il Tribunale di Roma ha respinto la class action di 104 cittadini contro la costruzione del Ponte sullo Stretto, dichiarandola inammissibile e imponendo ai ricorrenti il pagamento di quasi 300mila euro di spese legali. I ricorrenti contestavano alla Società Stretto di Messina la violazione di diligenza, correttezza e buona fede nel portare avanti il progetto, ritenuto privo di interesse strategico e non fattibile a livello ambientale, strutturale ed economico. I giudici hanno stabilito che l’azione non è giustificata, poiché non esisterebbero danni ambientali evidenti e la società starebbe agendo secondo la legge. Sono però ancora pendenti i ricorsi contro l’opera dei comuni di Reggio Calabria e Villa San Giovanni, su cui si esprimerà il TAR, e quello di Legambiente, Lipu e WWF.
Nella class action bocciata dal Tribunali, i firmatari chiedevano «la cessazione immediata da parte della società Stretto di Messina, di ogni atto o comportamento pregiudizievole dei diritti e degli interessi collettivi» e «di ogni attività tendente all’approvazione del progetto definitivo ed esecutivo». A loro dire andava infatti accertata «la responsabilità della società e il danno ingiusto» provocato «per la violazione del dovere di diligenza, correttezza e buona fede proseguendo nell’attività per la realizzazione del Ponte sullo Stretto, nonostante l’opera non abbia alcun reale interesse strategico e non è fattibile sotto i profili ambientali, strutturali ed economici». I giudici hanno però respinto il ricorso, affermando che «i ricorrenti hanno prospettato il pregiudizio in termini del tutto evanescenti ed ipotetici, avendo essi stessi ammesso che la procedura non ha ancora superato la fase di approvazione del progetto definitivo adottata dal Cipess e che tale adempimento dovrà essere preceduto dalla richiesta del MIT, dopo aver verificato la compatibilità delle valutazioni istruttorie (comprese quelle ambientali) acquisite dalla conferenza dei servizi, anche alla luce delle risultanze della valutazione di impatto ambientale, come disposto al comma 7 dell’art. 3, valutazione ancora in corso». I giudici scrivono dunque che «è di tutta evidenza quanto sia prematura l’iniziativa giudiziale degli odierni ricorrenti», che avrebbero agito «non solo in assenza di alcun effettivo danno ambientale che si sia iniziato a produrre in conseguenza di una condotta illecita, ma addirittura senza che il pregiudizio all’ambiente sia stato prospettato come imminente».
La decisione del Tribunale ha scatenato reazioni contrastanti. Il vicepremier Matteo Salvini, principale sostenitore dell’opera, ha esultato sui social: «Sconfitta per i signori del NO. Avanti per più sviluppo, lavoro e futuro in Sicilia, Calabria e resto d’Italia con il Ponte sullo Stretto.». Di segno opposto il commento del WWF Italia, che ha definito la condanna alle spese legali «priva di giustificazione e pericolosa», parlando di «una pagina nera per il diritto italiano, perché vengono colpiti semplici cittadini che hanno scelto di esercitare il proprio diritto di accesso alla giustizia». Gli avvocati dei ricorrenti, Aurora Notarianni e Giuseppe Vitarelli, hanno annunciato che proporranno immediato appello con richiesta di sospensiva, sostenendo che «la condanna alle spese nell’importo determinato possa essere frutto di un errore, non essendo la determinazione neppure motivata e non essendo rinvenibile nelle tariffe un conto importo».
Il 2025 sarà un anno cruciale per il destino dell’opera. Per quanto concerne la questione finanziaria, con un emendamento alla legge di Bilancio sono stati recentemente stanziati 1,5 miliardi, che hanno portato a circa 13 miliardi e mezzo di euro il suo costo complessivo. Il ponte vero e proprio ha un costo stimato di circa 5 miliardi, mentre oltre 8 miliardi sono destinati a opere accessorie e compensative sul territorio calabrese e siciliano. All’appello manca ancora il progetto definitivo con il piano economico-finanziario. Spetterà al Cipess – il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile presieduto dalla presidente del Consiglio – dare il proprio timbro definitivo. Contestualmente, è ancora pendente il ricorso congiunto presentato dal Comune di Villa San Giovanni e dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria al TAR del Lazio, il cui esame è previsto per domani, che solleva interrogativi sulla regolarità del progetto in relazione a norme ambientali e urbanistiche. Anche Legambiente, Lipu e WWF hanno proposto ricorso, che sarà però esaminato con procedura ordinaria. E dunque con tempistiche più lunghe.
[di Stefano Baudino]
Un ponte che servirà a collegare il continente al deserto, vista la situazione attuale della Sicilia e delle sue infrastrutture. Ma capitan nutella esulta! Forse esulta per le mazzette che voleranno da qui alla fine di questa farsa.
catania non ha le fognature ma il ponte è necessario… avanti così Italia