martedì 14 Gennaio 2025

Il presidente dell’Emilia-Romagna vuole continuare a cementificare, nonostante i disastri

Anno 2017: l’Emilia-Romagna è tra le prime regioni in Italia a dotarsi di una legge per limitare il consumo di suolo. Anno 2023: l’Emilia-Romagna, per l’ennesima volta, è la seconda regione in Italia per consumo di suolo. 815 ettari, equivalenti a quasi 1.200 campi da calcio coperti di cemento. Lo rileva ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che ogni anno pubblica i dati su quanto si è costruito in Italia. Secondo l’Istituto, la cementificazione in Emilia-Romagna procede a pieno ritmo, nonostante la tanto decantata legge urbanistica del 2017, che avrebbe dovuto ridurre la proliferazione del cemento favorendo la riqualificazione di quartieri e aree dismesse. E stando ai programmi del neo-governatore Michele de Pascale, il consumo di suolo sembra destinato a crescere ancora.

Una tendenza in continua crescita, nonostante le alluvioni

In realtà, dall’approvazione della legge urbanistica del 2017, il consumo di suolo non si è mai arrestato, mantenendosi costantemente sopra la media nazionale, così come già accadeva in precedenza. Dal 2006 al 2022 in Emilia-Romagna sono stati cementificati 11.000 ettari (110 km²): un’area pari a quella dell’intero Comune di Firenze coperta di asfalto.

«Siamo la locomotiva d’Italia» era il cavallo di battaglia dell’ex presidente Stefano Bonaccini. Una locomotiva che tuttavia non viaggia sui binari ma sul cemento delle autostrade, che collegano i grandi hub della logistica disseminati tra Piacenza e Rimini, i colossi produttivi della filiera agroalimentare e i complessi alberghieri di un turismo ben poco sostenibile lungo la Riviera.

La notizia, già di per sé preoccupante, diventa allarmante alla luce del fatto che l’Emilia-Romagna ha subito quattro grandi alluvioni in meno di due anni. Come dimostrato, la pioggia caduta con grande intensità ha allagato le città agevolata dall’asfalto che impedisce al terreno di assorbire l’acqua. I dati rivelano che, ad oggi, l’8,9% della superficie regionale è impermeabile, contro il 7,1% della media nazionale, mentre il 60% del territorio è a rischio frane o allagamenti.

«Nemmeno le quattro alluvioni che hanno colpito la nostra regione sembrano averci insegnato qualcosa – ha dichiarato Legambiente – visto che sono ancora previste nuove strade, autostrade, poli logistici, ipermercati… Chiediamo alla Regione un cambio di rotta deciso».

Una delle cause della distruzione causata dalle alluvioni in Emilia-Romagna è stata proprio il cemento. Infatti, la pioggia caduta con grande intensità ha allagato le città aiutata proprio dall’asfalto che impedisce al terreno di assorbire l’acqua

Il compito di attuare questo cambio di rotta spetta al nuovo presidente della Regione, Michele de Pascale, che però, da sindaco e presidente della provincia di Ravenna, è stato tra i maggiori responsabili dell’aumento del consumo di suolo. Durante il suo mandato, Ravenna ha detenuto il record regionale di cementificazione: solo nel 2023 sono stati consumati 89 ettari di terreno, portando la città addirittura al secondo posto a livello nazionale di questa triste classifica. Tra i cantieri citati nel rapporto che contribuiscono a rendere sempre più fitta la giungla di cemento nella cittadina romagnola c’è l’ampliamento della zona del porto, che cresce sempre di più ospitando ora anche un terminal delle crociere per i turisti che vogliono farsi un giro in città, ma anche la costruizione di un nuovo quartiere e l’ampliamento della Statale Adriatica. Non solo: negli ultimi anni il Comune si è fatto notare anche per la cessione di 500 ettari del parco del Delta del Po a un magnate della Repubblica Ceca e per voler utilizzare i soldi del Pnrr per abbattere 70 pini a Lido di Savio, nonostante le proteste dei cittadini. 

Nessun cambiamento in vista

Gli annunci fatti in campagna elettorale dal neo presidente sembrano confermare la continuità con il passato, a partire dalla legge urbanistica del 2017, quella “a consumo zero”, che De Pascale vorrebbe annacquare ulteriormente introducendo nuove deroghe. «È l’unica legge italiana che ha cancellato previsioni edificatorie – ha dichiarato  – ma questa dinamica ha prodotto l’effetto opposto: tutti quelli che potevano hanno avviato i lavori, scatenando una corsa al cemento.»

Peccato che la legge contenga già numerose eccezioni al “consumo zero”, una serie di norme e di cavilli che hanno permesso di continuare a costruire ovunque sbandierando finti comportamenti virtuosi. Un esempio eclatante è il Comune di Bologna, dove, secondo ISPRA, tra il 2017 e il 2022 sono stati consumati 600 ettari di suolo, mentre il Comune dichiara che il consumo netto è nullo.

Insomma, la matematica non è un’opinione ma i calcoli sul consumo di suolo si.  Il rapporto di Ispra che colloca l’Emilia-Romagna sul podio del cemento è stato messo in dubbio dalla Regione: «Quella adottata dall’Istituto superiore di ricerca e protezione ambientale fa riferimento anche a suoli che sono stati trasformati in maniera reversibile come, ad esempio, quelli connessi all’apertura di cantieri per la realizzazione di infrastrutture, di reti energetiche, ovvero di impianti fotovoltaici. Nel caso dell’Emilia-Romagna questo territorio incide per il 70% sul totale di consumo di suolo indicato da Ispra». In pratica, sostiene la Regione, i terreni occupati ora dai cantieri tornerebbero magicamente intatti e liberi una volta che i lavori saranno terminati. 

Nel frattempo, però, i lavori proseguono e Michele de Pascale non sembra intenzionato a fermarli. Nel suo discorso di insediamento ha lanciato un appello al governo per un “Patto sulle grandi opere”. Tra queste spicca il Passante di Mezzo di Bologna, una nuova autostrada a 18 corsie, situata a pochi chilometri dalla città, sulla quale transiteranno 65 milioni di veicoli l’anno. Contestato dalle associazioni ambientaliste e da numerosi cittadini, il progetto ha sollevato perplessità anche nella sua stessa maggioranza, con Alleanza Verdi e Sinistra che si è dichiarata contraria.

Un altro progetto controverso è quello del rigassificatore di Ravenna, fortemente voluto da Bonaccini e De Pascale nel 2022 e approvato a tempo di record. L’impianto, che sarà operativo nei prossimi mesi, consentirà di importare gas liquido via nave dagli Stati Uniti, con costi elevati sia sul piano economico che ambientale. «Una infrastruttura inquinante, costosa e inutile, che alimenta la crisi climatica» l’hanno definita i comitati contrari al progetto.

Era stata presentata come una misura di emergenza dopo che la guerra in Ucraina aveva ridotto le scorte di gas. Ora l’allarme è rientrato, i serbatoi nazionali sono di nuovo pieni, ma il grande impianto di Ravenna verrà inaugurato lo stesso in pompa magna tra pochi mesi, con una concessione di 25 anni.

[di Fulvio Zappatore]

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