giovedì 16 Gennaio 2025

Per la Cisgiordania niente tregua: nuovo massacro israeliano a Jenin

JENIN, TERRITORI OCCUPATI PALESTINESI- Non c’è pace in Cisgiordania, dove la guerra silenziosa di Israele continua a mietere vittime. Per Jenin sono state 24 ore di sangue: in due distinti attacchi aerei i droni di Tel Aviv hanno ucciso 12 persone e ferito numerose altre. Ieri, martedì 14 gennaio, tre missili israeliani hanno preso di mira un gruppo di giovani palestinesi riuniti fuori da una casa, nella città già stretta da oltre quaranta giorni nell’assedio dell’Autorità Palestinese. Solamente nella giornata di ieri sono sei i palestinesi uccisi, tra i quali un ragazzino di 15 anni e tre fratelli colpiti davanti alla loro casa. Al nostro passaggio, il sangue era ancora fresco sul cemento, i buchi dei missili ben visibili a due metri dalla porta della famiglia stretta in lutto. Centinaia di persone si sono radunate per accompagnare i corpi al cimitero del campo rifugiati di Jenin, mentre la città si è chiusa in uno sciopero generale, una protesta silenziosa contro l’ennesimo massacro. Nemmeno si era finito di piangere i sei morti che, ieri sera, un altro attacco aereo ha centrato due case nel campo rifugiati, mentre tutti aspettavano l’annuncio imminente del cessate il fuoco. Sono almeno altri sei i morti, numerosi i feriti tuttora in condizioni critiche.

Il funerale di ieri è stato l’ennesimo corteo funebre nella città forse più colpita dalla violenza dell’esercito di Tel Aviv, che ne ha distrutto sistematicamente le strade e le infrastrutture nelle decine di raid di questi ultimi due anni. Vari cori si sono levati contro le atrocità israeliane in corso in Cisgiordania, che hanno ucciso oltre 840 persone nel territorio occupato in poco più di un anno, mentre le incursioni proseguono senza sosta. Ma ben presente al funerale è anche la rabbia contro l’Autorità Palestinese, accusata di essere complice di Israele nell’attaccare la resistenza e i campi profughi del Nord. Dal 5 dicembre, infatti, Jenin, capitale della resistenza armata in Cisgiordania, è stretta nel più lungo assedio mai vissuto, e non da parte di Israele: sono i militari dell’Autorità Palestinese a bloccare gli accessi del campo rifugiati e sono palestinesi i poliziotti che in poco più di un mese hanno ucciso 8 abitanti della città, la maggior parte civili. L’Autorità palestinese ha anche sabotato le infrastrutture del campo per forzare la popolazione ad andarsene, ricordando le stesse pratiche portate avanti dai militari di Tel Aviv.

Anwar Rajab, portavoce delle forze di sicurezza dell’Autorità Palestinese, ha dichiarato che l’attacco israeliano ha lo scopo di «disturbare gli sforzi» dell’autorità per raggiungere la sicurezza e la stabilità a Jenin. Secondo Rajab, Israele non dovrebbe interferire sul territorio e lasciare l’Autorità continuare il suo sforzo di perseguire i «fuorilegge», ossia la resistenza. Le forze di resistenza riunite nella cosiddetta Brigata Jenin hanno dichiarato più volte che il loro nemico non era l’Autorità Palestinese, ma che i loro fucili erano puntati contro l’occupazione israeliana. Avvisano però che se le violenze contro gli abitanti del campo profughi non cesseranno, aumenteranno il livello di risposta armata. Intanto ribadiscono che l’assedio deve cessare immediatamente.

Hassan Khraisheh, membro del Consiglio legislativo palestinese, ha affermato che questi attacchi dimostrano la volontà di Israele di uccidere indiscriminatamente i palestinesi. «Questo è un chiaro messaggio dell’occupazione israeliana: ogni palestinese è un bersaglio», ha dichiarato Khraisheh, il quale chiede che l’Autorità Palestinese si ritiri immediatamente dai confini del campo profughi, ricordando le intenzioni e le grosse ambizioni israeliane sulla Cisgiordania. «Il nostro nemico è uno solo – che si tratti di combattenti della resistenza o di forze di sicurezza [dell’AP]», ha detto. «Nessuno è protetto dagli attacchi israeliani». Ha dichiarato che i membri dell’Autorità Palestinese dovrebbero tornare nelle loro caserme e stare con la loro gente, non contro di essa. «Quello che è richiesto ora è di opporsi all’occupazione israeliana, non di combattere gli uni contro gli altri», ha aggiunto. Le dichiarazioni del consigliere Khraisheh sembrano in contrapposizione con la politica repressiva portata avanti dall’Autorità, che negli ultimi mesi ha intensificato gli arresti e i raid contro i fighters e i critici di Abu Mazen.

Poche settimane fa, l’ANP ha anche sospeso l’emittente Al Jazeera nella Cisgiordania occupata, in quello che è considerato un ulteriore silenziamento del dissenso e della libertà di espressione – avvenuto proprio per la copertura dell’agenzia del Qatar di quello che stava succedendo a Jenin. I nuovi bombardamenti sul campo profughi potrebbero a questo punto spingere l’Autorità Palestinese a rompere l’accerchiamento e a mettere in discussione la politica repressiva attuata. Nel frattempo, la guerra silenziosa in Cisgiordania continua, mentre il tutti i territori occupati si festeggia (per lo più silenziosamente) il cessate il fuoco a Gaza. Le bombe, tuttavia, non smettono di cadere e uccidere, nè sulla Striscia nè in Cisgiordania.

[testo e immagini di Moira Amargi, corrispondente dalla Palestina]

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

+ visti