giovedì 16 Gennaio 2025

Tajani getta la maschera: “l’Italia non arresterà Netanyahu”

Il governo italiano ha rassicurato Israele: se il premier Benjamin Netanyahu dovesse visitare il Paese, non verrà arrestato, nonostante il mandato spiccato a novembre dalla Corte penale internazionale (CPI) per i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra che hanno segnato la carneficina a Gaza. La notizia di questa decisione è arrivata durante una visita a Roma del ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, che ha affermato di aver ricevuto garanzie in tal senso dal ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, e dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio. A confermarla è stato lo stesso Tajani, che ha citato la Convenzione di Vienna come base legale per questa posizione. Il tema aveva sin da subito diviso l’esecutivo italiano: se da un lato Tajani e il vicepremier Matteo Salvini avevano espresso pieno sostegno a Netanyahu, definendolo “benvenuto in Italia”, il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva assunto una posizione più cauta, ribadendo il rispetto del diritto internazionale.

«Ho parlato con Tajani e Nordio. Io non riferisco mai quello che dicono le altre parti, ma posso dire che non c’è nessun problema per chiunque voglia venire a Roma, neanche per Netanyahu», ha dichiarato Sa’ar durante un incontro con la comunità ebraica della Capitale. «Le immunità vanno rispettate», ha sottolineato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, liquidando le richieste di esecuzione del mandato come «irrealizzabili». Secondo fonti del Times of Israel, il governo italiano avrebbe infatti ricevuto una consulenza legale che assicura l’immunità di cui godrebbero i capi di Stato durante le visite ufficiali, sulla base del dettato della Convenzione di Vienna. La scelta del governo Meloni di non procedere all’arresto del premier israeliano rappresenta un segnale politico di grande rilevanza, soprattutto considerando che l’Italia è uno dei Paesi firmatari dello Statuto di Roma, che ha istituito la CPI. Quest’ultima ha già criticato gli Stati che non collaborano con le sue decisioni e il caso Netanyahu è destinato a sollevare ulteriori interrogativi sulla capacità della comunità internazionale di far rispettare le decisioni della Corte in un quadro sempre più polarizzato. A sollevare interrogativi è anche il differente approccio con cui vengono trattati il caso Netanyahu e quello del presidente russo Putin, anch’egli colpito da un mandato di arresto della CPI per l’accusa di deportazione di bambini ucraini. Rispetto al quale nessuno, nel nostro Paese, ha mai brandito il testo della Convenzione di Vienna al fine di evidenziare la presunta immunità di cui godrebbe se giungesse in territorio italiano.

A livello giuridico, appare difficile trovare il bandolo della matassa: secondo molti giuristi, la Convenzione di Vienna è subalterna allo Statuto di Roma, che regola la CPI, e i crimini imputati a Netanyahu non sarebbero tecnicamente coperti dall’immunità prevista dalla Convenzione, non rientrando nelle sue funzioni di governo. Tuttavia, la questione si complica: Israele non riconosce lo Statuto di Roma, quindi non si sente vincolato dalle decisioni della CPI, mentre l’Italia, che ha contribuito alla nascita della Corte, rischia di mettere in discussione il diritto penale internazionale se decide di ignorare il mandato d’arresto. A ogni modo, in tale contesto, il nostro Paese sembra voler rafforzare la propria posizione come alleato strategico di Israele in Europa. Non a caso, Tajani ha annunciato una prossima missione in Israele e Palestina per promuovere il processo di pace e valutare una possibile partecipazione italiana a una missione di sicurezza ONU nella Striscia di Gaza. «Siamo pronti ad assicurare una presenza militare, in previsione di un’amministrazione modello Unifil per unificare Gaza e Cisgiordania», ha dichiarato il ministro.

La pronuncia della Corte Penale Internazionale era arrivata lo scorso 21 novembre. Nello specifico, Netanyahu e l’ex ministro della Difesa del suo governo, Yoav Gallant, sono stati accusati per i «crimini contro l’umanità e crimini di guerra» commessi nella Striscia di Gaza tra l’8 ottobre 2023 e «almeno il 20 maggio 2024». Nelle ore successive, il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, intervistato a Porta a Porta su Rai 1, aveva criticato una sentenza definita «sbagliata», affermando però che, se Netanyahu e Gallant approdassero in Italia, «dovremmo arrestarli, perché rispettiamo il diritto internazionale». Una posizione che riecheggia quella della gran parte dei Paesi europei, subito esplicata – e recentemente ribadita – dall’Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri Joseph Borrell, il quale aveva sottolineato che la pronuncia è da considerare valida in tutto il territorio dell’UE. Ma su cui l’esecutivo italiano ha ufficialmente fatto marcia indietro.

[di Stefano Baudino]

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