lunedì 20 Gennaio 2025

PFAS nell’acqua minerale in bottiglia: un test conferma l’allarme

La maggior parte dei consumatori tende di norma a pensare all’acqua minerale in bottiglia come a un prodotto puro e sicuro per antonomasia, ideale per la salute quotidiana. Tuttavia, un recente studio condotto dall’associazione ambientalista Pesticide Action Network Europe (PAN Europe) ha lanciato un preoccupante allarme, attestando come molte marche di acqua minerale provenienti da diversi Paesi europei contengano PFAS, sostanze perfluoroalchiliche associate a numerose patologie. Il test ha confermato la presenza di questi composti, resistenti alla degradazione ambientale, in oltre la metà delle 19 marche oggetto di analisi, nessuna delle quali viene però venduta in Italia.

Nella ricerca, effettuata nell’estate del 2024 e recentemente pubblicata, sono state analizzate varie marche di acqua minerale provenienti da sette Paesi europei: Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Ungheria. I risultati hanno rivelato la presenza di acido trifluoroacetico (TFA), un composto appartenente alla famiglia dei PFAS, in 10 campioni sui 19 complessivamente esaminati. In sette casi, i livelli di contaminazione superavano i limiti stabiliti per l’acqua potabile per i metaboliti dei pesticidi, (100 ng/l). L’acqua minerale belga Villers conteneva tra i 3.200 e i 3.400 ng/l di TFA, un livello che supera abbondantemente la soglia massima per i PFAS totali (500 ng/l) indicata dalla Direttiva europea per l’acqua potabile, che entrerà in vigore nel 2026. Anche altri marchi, come Gesteiner e Waldquelle (Austria), Ordal (Belgio) e Vittel (Francia), presentavano contaminazioni significative

Il TFA è un sottoprodotto della degradazione di pesticidi, gas fluorurati e altre sostanze chimiche industriali. Questa molecola è particolarmente preoccupante per la sua elevata persistenza ambientale e la capacità di accumularsi negli organismi viventi, con effetti tossici documentati sul sistema riproduttivo e sul fegato. Inoltre, il TFA è estremamente mobile nell’ambiente, il che rende difficile la sua rimozione sia dall’acqua che dal suolo. Le analisi condotte in altre aree del mondo confermano la portata globale del problema. In Belgio, il TFA è stato rilevato nel 93% di oltre 600 campioni di acqua analizzati, con concentrazioni particolarmente elevate nelle regioni agricole. In Svizzera, questa sostanza è onnipresente nelle acque sotterranee, mentre negli Stati Uniti è stata trovata in tutti i campioni di acqua piovana analizzati in Michigan. La Commissione europea sta già valutando il divieto di pesticidi contenenti TFA e altri composti simili, ma il processo normativo è lento e complesso. Nel frattempo, molte organizzazioni ambientaliste chiedono interventi più rapidi e mirati per proteggere la salute pubblica.

In Italia, le acque minerali coinvolte nello studio non sono commercializzate. Secondo Mineracqua, la Federazione Italiana delle Industrie delle Acque Minerali Naturali, tutte le marche in vendita nel nostro Paese rispettano i limiti stabiliti dal Decreto ministeriale del 10 febbraio 2015. Tuttavia, l’Italia non è affatto immune al pericolo PFAS: un rapporto pubblicato lo scorso giugno da Greenpeace, dal titolo “La contaminazione da PFAS in Italia”,  ha registrato la presenza di PFAS nei corsi d’acqua di 16 Regioni italiane, segnalando una contaminazione presente nel 17% dei risultati ottenuti dai controlli. Nel frattempo, si attende che arrivi a sentenza il processo penale istruito sullo scandalo PFAS in Veneto, che vede dirigenti della Miteni e delle società a essa legate accusati a vario titolo di avvelenamento di acque, inquinamento ambientale, disastro innominato aggravato e bancarotta fraudolenta. La vicenda processuale ha avuto origine dalla scoperta, nel 2013, del grave inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche di una vasta falda acquifera che avrebbe coinvolto 350mila cittadini nelle aree di Vicenza, Verona e Padova. Lo scorso anno, uno studio dell’Università di Padova aveva calcolato l’aumento della mortalità dal 1985 al 2018 all’interno dell’“area rossa”, attestando come a causa dei PFAS siano morte quasi 4mila persone, con la media di un decesso in più ogni tre giorni.

[di Stefano Baudino]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria