mercoledì 22 Gennaio 2025

ENI cerca di silenziare le critiche a suon di querele

Per la seconda volta in pochi mesi, ENI prova a silenziare le voci di chi ne critica l’operato a suon di querele. Questa volta è toccato a Michele Giuli, professore di Storia e membro di Ultima Generazione, che aveva sottolineato sui social come il colosso petrolifero fosse consapevole dei rischi delle emissioni di CO2 già dagli anni ’70, ma che nonostante ciò abbia continuato a investire massicciamente nei combustibili fossili, sfruttando «in modo coloniale» le risorse di Paesi come Nigeria e Mozambico. Per questo motivo, Giuli è stato denunciato per istigazione a delinquere e diffamazione. A novembre dello scorso anno era toccato ad Antonio Tricarico di ReCommon, a causa di alcune dichiarazioni rilasciate alla trasmissione Rai Report, dove evidenziò pesanti correlazioni fra le tempistiche dell’ottenimento della licenza del giacimento egiziano di gas Zohr da parte di ENI e le torture e l’assassinio di Giulio Regeni.

Il colosso dell’energia ha accusato il professor Giuli di istigazione a delinquere e diffamazione a mezzo stampa per alcune affermazioni rilasciate sui social. In particolare, ENI contesta a Giuli due distinte dichiarazioni, in cui il professore accusa l’azienda di avere avuto un ruolo attivo nell’aggravare la crisi climatica, malgrado la consapevolezza «dei rischi derivanti dalle emissioni», si legge in un comunicato di Ultima Generazione, gruppo a cui Giuli aderisce. La prima riguarda lo sfruttamento coloniale delle risorse di Paesi africani: «ENI continua a portare avanti affari illeciti dettando politiche energetiche all’Italia e sfruttando in modo coloniale le risorse di Paesi come la Nigeria e il Mozambico». Nella seconda, Giuli rimarca la colpevolezza di ENI nell’aggravare la crisi climatica: ENI «non sta rispettando alcun accordo internazionale e invece sta aumentando gli investimenti in combustibili fossili»; ma soprattutto «ENI sapeva fin dagli anni Settanta perché aveva pubblicato degli studi privati che dicevano, testuali parole, che ci sarebbero state delle conseguenze devastanti se avesse continuato ad immettere anidride carbonica nell’atmosfera».

«Le chiamano querele temerarie», scrive Ultima Generazione nel suo comunicato, «denunce che le grandi aziende e uomini politici fanno a privati cittadini – in genere giornalisti – per intimidirli e zittirli»; ma per quanto ENI possa provare a «intimidire», incalza il gruppo, «la verità è una sola»: ENI conosceva i rischi delle emissioni. «Da un’inchiesta di ReCommon», di cui abbiamo discusso anche su L’Indipendente, «sono emersi report del centro di ricerche di ENI che, già negli anni Settanta, avvertiva dei rischi derivanti dalle emissioni. Avvertimenti che evidentemente sono stati ignorati». Come per la consapevolezza dei rischi, anche rimarcare il suo sforzo nell’aumentare gli investimenti in combustibili fossili corrisponde a «dire la verità». A tal proposito, Ultima Generazione cita un rapporto dell’organizzazione Oil Change International (di cui abbiamo parlato in un articolo de L’Indipendente), basato su documenti ufficiali del colosso energetico, che riporta come «il 90% del capitale investito di ENI riguarda progetti di estrazione ed esplorazioni di nuove fonti fossili». A esso si aggiunge il fatto che «nell’anno 2022 ENI, a fronte di un miliardo investito in Plenitude (il segmento “rinnovabile delle sue attività”), ha investito 15 miliardi nel segmento legato ai combustibili fossili». Ultima, ma non meno importante, l’accusa di colonialismo, che verrebbe comprovata dai numerosi «interessi di ENI in Africa, nei Paesi citati dal Prof. Giuli, Nigeria e Mozambico, così come in Egitto, come rimarcato da Tricarico».

[di Dario Lucisano]

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