giovedì 23 Gennaio 2025

Il PD di Bologna ha donato tutti i circoli agli ex dirigenti e ora ne deve chiudere 40

4 milioni di euro di debiti, più di 40 circoli da chiudere e un patrimonio che contava più di 100 immobili e diversi terreni, andato completamente in fumo: ceduto gratuitamente a una fondazione libera di farne ciò che vuole e che ora vuole battere cassa. Questo è l’incredibile guaio in cui si è infilato il Partito Democratico bolognese, che in questi giorni sta facendo i conti con la furia degli iscritti e dei gestori dei circoli, i quali, da un giorno all’altro, hanno scoperto che le loro sedi dovranno chiudere. Circoli che hanno fatto la storia del partito e di quelli che l’hanno preceduto, dai DS fino al vecchio PCI. Alcuni sono ex case del popolo costruite negli anni ’60 grazie alle donazioni degli iscritti e al lavoro dei militanti che, come in molti ricordano in questi giorni, prendevano addirittura le ferie per contribuire alla costruzione di edifici ritenuti un bene collettivo. Erano anni in cui, nella rossa Bologna, c’era un forte senso di appartenenza al partito, ora spazzato via dalle leggi di mercato e dalle scelte discutibili dei suoi dirigenti.

Per capire come sia stato possibile, bisogna fare un salto indietro di quasi 20 anni. Al 2007, l’anno della nascita del Partito Democratico, figlio della fusione tra i Democratici di Sinistra e la Margherita, uniti dalla grande visione politica che avrebbe poi dato a Walter Veltroni la spinta necessaria per maturare la clamorosa sconfitta delle elezioni del 2008. «Un matrimonio senza patrimonio», si disse all’epoca. I DS, infatti, prima di unirsi alla Margherita, si spogliarono di ogni bene, cedendo tutto a delle Fondazioni create ad hoc in tutta Italia su indicazione dell’allora tesoriere nazionale, Ugo Sposetti. A Bologna nacque così Fondazione Duemila, alla quale venne affidato gratuitamente l’intero patrimonio immobiliare. Una cassaforte in piena regola, con centinaia di fabbricati e terreni appartenuti prima al PCI e poi alla Quercia. A controllarla, un consiglio di amministrazione i cui componenti sono stati nominati a vita, con totale libertà di azione e senza alcun tipo di controllo da parte del vecchio partito. Presidente, dal giorno della sua fondazione, Mauro Roda, ex dirigente del PCI e poi dei DS. Il valore del patrimonio immobiliare della Fondazione, e della sua controllata, Immobiliare Porta Castello, è stimato in mezzo miliardo di euro, tutto in immobili e terreni.

L’intera vicenda è ben riassunta nel sito della stessa Fondazione: «Fondazione Duemila nasce nel luglio 2006; qualche mese dopo riceve in donazione il patrimonio storico e immobiliare dei Democratici di Sinistra con l’impegno della sua valorizzazione per salvaguardare un pezzo importante della storia della Sinistra italiana, promuovendo attività volte allo studio, alla ricerca, alla formazione e all’innovazione della politica». Negli anni, tuttavia, «l’impegno della valorizzazione» sembra essersi indirizzato sempre più verso il carattere economico del patrimonio, come quando, nel 2022, ha venduto la Casa del Popolo in via Dozza e al suo posto è stato costruito il parcheggio di un centro commerciale.

Fino ad ora gli 87 circoli del Partito Democratico hanno pagato una sorta di affitto “convenzionato” alla Fondazione. «È lo stesso meccanismo di quando si affitta un appartamento a un figlio o a un nipote – ha spiegato il tesoriere del PD, Massimo Fina – C’è un canone, ma spesso i tempi si allungano, il prezzo è calmierato e nessuna delle due parti se ne preoccupa». Ora, però, la Fondazione ha deciso che il tempo è finito e che il PD deve saldare i debiti (4 milioni di euro) oltre che cominciare a pagare regolarmente gli affitti (che nel frattempo verranno aumentati del 10%). Risultato: il partito sarà costretto a un taglio spietato e degli 87 circoli ne dovranno rimanere 40. Il piano di rientro del debito è stato messo nero su bianco con la Fondazione il 9 gennaio e approvato ufficialmente nel corso della direzione provinciale del PD del 20 gennaio. Presenti, tra gli altri, il tesoriere Fina, la segretaria Federica Mazzoni, il sindaco Lepore e l’ex sindaco Virginio Merola. Tutti d’accordo su un’unica cosa: i debiti vanno pagati e i circoli vanno chiusi.

Resta ora la grana di doverlo spiegare agli iscritti. Da qui fino al 30 aprile verranno organizzati incontri con i responsabili dei circoli per decidere quali dovranno chiudere definitivamente i battenti. Tra questi anche alcune sedi storiche, come il circolo Passepartout, la Casa Rossa, il circolo Arci di via Brecht o il circolo Galvani, dove era iscritto anche Romano Prodi e dove, ironia della sorte, mosse i primi passi l’attuale segretaria Elly Schlein.

All’uscita della direzione, la solita girandola di commenti: c’è chi, come il tesoriere Fina, ha assicurato che «Tutti i debiti verranno pagati», chi, come il sindaco, ha cercato di calmare gli animi pronosticando che «Le sedi chiuse non saranno tante», e chi, come l’ex sindaco Merola, se l’è presa con il «mancato finanziamento pubblico ai partiti, che cede la politica in mano ai ricchi come Trump e Musk».

Nessun mea culpa, nessuna ammissione di responsabilità, nessuna parola di scuse rivolta agli iscritti, che non sono mai stati coinvolti in alcuna decisione, tanto che hanno scoperto dai giornali della tagliola che pendeva sulle loro teste. D’altronde si parla di cose accadute 20 anni fa. Ora è il momento di «aprire una fase nuova», come si legge nel comunicato diffuso al termine dell’incontro. Insomma: i vecchi dirigenti hanno avuto, i militanti hanno dato. Scurdammoce ’o passato.

[di Fulvio Zappatore]

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