Il governo italiano ha avviato l’iter per il ritorno del nucleare civile. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha infatti inviato a Palazzo Chigi il testo di un ddl delega sul «nucleare sostenibile»: tra le proposte, ci sono l’adozione di tecnologie avanzate e piccoli reattori modulari (SMR), un piano nazionale per la neutralità carbonica entro il 2050 e la creazione di un’Autorità indipendente per la sicurezza nucleare. Nel provvedimento si prevedono la «predisposizione di una disciplina organica dell’intero ciclo di vita dell’energia nucleare» e la realizzazione di «un coordinamento e un dialogo costante con i gestori delle reti elettriche». La mossa del governo va dunque a disattendere risultati dei referendum del 1987 e 2011, con cui i cittadini si erano espressi per mettere fine all’energia atomica in Italia: l’esecutivo si giustifica però asserendo che il nucleare di oggi non sia comparabile con quello che gli italiani avevano rifiutato nelle consultazioni referendario, sottolineando che oggi si punta su tecnologie più avanzate, mentre le vecchie centrali saranno dismesse.
Il testo è già stato trasmesso alla Presidenza del Consiglio e sarà discusso nel prossimo Consiglio dei Ministri. Se approvato, il governo avrà 24 mesi di tempo per emanare i decreti attuativi necessari per disciplinare ogni aspetto della produzione di energia nucleare sostenibile sul territorio nazionale. Il disegno di legge individua quattro obiettivi fondamentali: garantire la sicurezza nazionale attraverso l’indipendenza energetica, riducendo la dipendenza da fornitori esteri e proteggendo il Paese dagli effetti delle crisi geopolitiche; raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050, in linea con gli impegni del Green Deal europeo; assicurare continuità e stabilità nell’approvvigionamento energetico, in un contesto di domanda crescente; mantenere la competitività del sistema industriale e a contenere i costi per gli utenti finali. Si prevede inoltre la definitiva archiviazione degli impianti nucleari del passato, destinati alla dismissione, realizzando un “Piano Nazionale” per la produzione di energia nucleare sostenibile, con particolare attenzione ai piccoli reattori modulari (SMR).
I decreti legislativi che seguiranno il ddl dovranno disciplinare vari aspetti, tra cui la localizzazione, costruzione e gestione delle nuove centrali, lo smaltimento delle scorie e il riordino delle competenze in materia. Nonostante le ambizioni del governo, il ritorno al nucleare presenta sfide significative. La tecnologia dei piccoli reattori modulari è infatti ancora in fase sperimentale e immaginarne la diffusione entro i primi anni del prossimo decennio appare decisamente ottimistico. Inoltre, il tema dei costi resta cruciale: finora, le centrali nucleari sono state realizzate solo grazie a ingenti finanziamenti pubblici. Sarà fondamentale dimostrare la sostenibilità economica di queste soluzioni. Altro nodo critico è la gestione delle scorie. Il nostro Paese non ha infatti ancora individuato un deposito nazionale per i rifiuti radioattivi, nonostante decenni di tentativi.
C’è poi un’altra questione di peso, rappresentata dai risultati dei referendum con cui gli italiani, in due diverse occasioni, hanno in passato bocciato l’energia nucleare. Nel 1987, vinse con percentuali tra il 71% e l’80% il “sì” al referendum che chiedeva l’abolizione dell’intervento statale ove un Comune non avesse concesso un sito per l’apertura di una centrale nucleare nel suo territorio, l’abrogazione per gli enti locali dei contributi pubblici per la presenza nel loro territorio di centrali nucleari e l’esclusione della possibilità per l’Enel di partecipare alla costruzione di centrali nucleari all’estero. Poi, nel 2009, il governo Berlusconi annunciò l’intenzione di rilanciare il nucleare: due anni dopo andò in scena un referendum che riguardava l’abrogazione delle norme che consentivano la realizzazione di nuove centrali nucleari in Italia: con un’affluenza del 54,8%, gli italiani votarono “sì” nel 94% dei casi, annullando di fatto i piani dell’esecutivo. Oggi, però, il tema torna in pista, e il governo sembra aver già trovato l’escamotage per uscire dall’impasse. «Il nucleare sostenibile oggi rappresenta una delle fonti energetiche più sicure e pulite – si legge nella relazione illustrativa del ddl –. Esso non è dunque tecnologicamente comparabile con quello al quale, anche a seguito di referendum, il Paese aveva rinunciato». Secondo il Mase, ciò rende legittimo «intervenire sulla materia senza alcun rischio che i precedenti referendari possano costituire un ostacolo normativo all’intervento del legislatore». La partita, dunque, è ora più aperta che mai.
[di Stefano Baudino]