martedì 28 Gennaio 2025

In Serbia le proteste popolari vanno avanti da ormai tre mesi

Sono passati quasi tre mesi dal tragico crollo della pensilina della stazione ferroviaria di Novi Sad, che il 1° novembre 2024 ha causato 15 morti e due feriti gravi in Serbia. Quella vicenda, considerata il simbolo più tangibile della corruzione e dell’incuria che permeerebbero le istituzioni serbe, ha acceso la miccia di una protesta popolare senza precedenti. Da allora, il movimento studentesco e sociale serbo non si è fermato. Anche ieri, decine di migliaia di ragazzi sono scesi in piazza a Belgrado e in molte altre città del Paese contro il governo del presidente Aleksandar Vučić e del Partito Progressista Serbo (SNS), al potere dal 2012: gran parte delle strutture scolastiche della capitale sono rimaste chiuse, in quanto i sindacati degli insegnanti hanno appoggiato l’appello degli studenti a indire uno sciopero. La mobilitazione continua ad allargarsi, coinvolgendo sempre più categorie professionali e strati della popolazione.

Lunedì 20 gennaio, le lezioni avrebbero dovuto riprendere dopo le vacanze natalizie. In molte scuole, però, così non è stato: gli insegnanti hanno scioperato in solidarietà con gli studenti. A loro si sono uniti avvocati, medici, lavoratori dell’azienda statale dell’energia EPS, organizzazioni culturali e ONG. Migliaia di ragazzi si sono radunati ieri di fronte al palazzo principale del governo a Belgrado e sono rimasti in silenzio per 15 minuti per ricordare coloro che sono morti nel crollo della pensilina di Novi Sad. Decine di migliaia di persone si sono unite alla loro protesta, rimpinguando un enorme corteo che ha attraversato le strade della città. Oltre alla capitale, si sono tenute manifestazioni a Novi Sad, Nis, Zajecar, Valjevo, Sombor, Kraljevo, Pozega e in molti altri centri del Paese. Molte le attività commerciali hanno abbassato le serrande in segno di protesta, benché il governo abbia cercato di minimizzare la portata dell’evento. Nel frattempo, l’Ordine degli avvocati della Serbia ha votato all’unanimità la sospensione dei suoi lavori fino alla fine della settimana.

La più imponente manifestazione si è tenuta il 22 dicembre a Belgrado, con la partecipazione di oltre 29mila persone. Una protesta particolarmente significativa si è svolta il 17 gennaio sotto la sede della televisione pubblica RTS, accusata di avere spalmato la sua informazione sulla linea dell’esecutivo. I manifestanti, in silenzio fino all’inizio del telegiornale serale, hanno poi fatto il massimo rumore possibile con fischietti e tamburi, interrompendo simbolicamente la narrazione filogovernativa. Nel corso delle proteste, gli studenti hanno formando cordoni di sicurezza per proteggere gli edifici governativi durante le manifestazioni e smentendo le accuse di Vučić, che li ha definiti estremisti manipolati da potenze straniere. Contestualmente, la televisione pubblica e gran parte dell’universo mediatico ha dipinto i manifestanti come facinorosi al soldo di forze estere, mentre agenti di polizia e servizi segreti hanno convocato attivisti per interrogatori informali e sequestrato telefoni, spesso infettati con spyware. Episodi di violenza contro i manifestanti non sono mancati: il 22 novembre uno studente è stato investito e gravemente ferito da un automobilista durante un presidio.

Lo slogan “Avete le mani insanguinate” è diventato il simbolo del movimento, che richiama la responsabilità del governo non solo per il crollo di Novi Sad, ma anche per il clima di oppressione e manipolazione che domina il Paese. Le richieste dei manifestanti sono chiare e puntano a una profonda trasformazione delle istituzioni serbe. Tra queste, spiccano la pubblicazione completa della documentazione sui lavori di ristrutturazione della stazione di Novi Sad, la formulazione di accuse penali contro i responsabili del crollo, la fine delle repressioni contro i manifestanti e maggiori stanziamenti per il sistema universitario. I collettivi studenteschi chiedono inoltre le dimissioni del primo ministro Miloš Vučević e del sindaco di Novi Sad. Alcuni risultati sono stati ottenuti, tra cui la pubblicazione parziale dei documenti sulla stazione di Novi Sad e l’apertura di indagini su alcuni funzionari. Il clima, però, resta rovente, mentre si allarga lo scollamento tra le alte gerarchie del potere politico-mediatico e la popolazione.

[di Stefano Baudino]

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