giovedì 30 Gennaio 2025

Repubblica Democratica del Congo, i ribelli prendono Goma: si aggrava la crisi col Ruanda

La capitale della provincia del Nord Kivu, Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, è ora definitivamente sotto il controllo della milizia ribelle M23 (sostenuta, secondo diverse indagini delle Nazioni Unite, dal Ruanda). Dall’inizio del nuovo anno, questa ha lanciato una massiccia offensiva, conquistando la più grande parte di territorio degli ultimi 10 anni. La battaglia per la conquista della capitale regionale è durata 4 giorni, durante i quali sono stati uccisi un numero imprecisato di cittadini e numerosi ospedali sono andati in tilt, oltre ad essersi verificata un’evasione di massa dal carcere della città, con almeno 4 mila fuggitivi. E mentre nella capitale del Paese, Kinshasa, i cittadini protestano con rabbia contro l’inattività della comunità internazionale, l’ONU cerca di capire come gestire una crisi che sembra muoversi sempre più nella direzione di uno scontro diretto tra RDC e Ruanda.

Goma è conquistata

Già nel 2012 la M23 era riuscita a conquistare e mantenere il controllo di Goma. Dopo due settimane, tuttavia, la città fu liberata, sotto la pressione internazionale e la chiusura dei programmi di sviluppo in Ruanda. Questa volta, la battaglia è durata 4 giorni: a partire dal 25 gennaio scorso, infatti, i miliziani hanno intimato ai soldati congolesi e alle milizie filo-governative presenti a Goma di arrendersi, consegnando le armi ai soldati della missione delle Nazioni Unite MONUSCO. Secondo quanto affermato sul profilo X delle forze armate uruguaiane, facenti parte del contingente di pace, nella serata di domenica 26 gennaio almeno 100 tra miliziani e soldati regolari hanno lasciato le armi. Tuttavia, una volta entrati a Goma i ribelli hanno trovato ancora molti pronti a respingerli. Per due giorni la città è stata teatro di scontri che hanno ucciso un numero imprecisato di civili e mandato in tilt gli ospedali cittadini: «ci sono al momento centinaia di persone negli ospedali, la maggior parte con ferite d’arma da fuoco» ha affermato ieri il Adelheid Marschang, coordinatore dell’unità di emergenza per la RDC dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Secondo l’agenzia stampa francese AFP, solo lunedì sono morti 17 civili e ne sono stati feriti 367. Cifre che, secondo diverse ONG locali, sarebbero molto più alte ma difficilmente calcolabili fino a che non ci sarà la possibilità di raccogliere i corpi senza vita lasciati per le strade. Secondo quanto riportato dal portavoce dell’Ufficio Umanitario delle Nazioni Unite, Jens Laerke durante i giorni di combattimento ci sono stati «stupri commessi dai combattenti, saccheggi di proprietà… e strutture sanitarie umanitarie colpite». In tutto questo, è stata riportata anche un’evasione di massa dal carcere della città, con almeno 4.000 fuggitivi. È accertata anche la morte di almeno 17 soldati facenti parte delle missioni di pace di ONU e SADC (South African Development Community), tra questi almeno 9 provenienti dal Sudafrica. 

Fino a lunedì 27 era difficile riuscire a capire chi avesse il controllo della città. Diversi esponenti delle milizie ribelli assicuravano di aver conquistato Goma, come già aveva dichiarato lunedì a Reuters Corneille Nangaa, leader delle milizie alleate al M23. Dall’altra parte, sempre lunedì, il ministro della RDC per lo Sviluppo Rurale, Muhindo Nzangi, affermava tramite la radio locale Top Congo FM che almeno l’80% della città era sotto il controllo delle forze armate congolesi. Fino a ieri entrambe le parti hanno continuato a dichiarare di avere la città sotto controllo: in serata, tuttavia, è arrivata la conferma della conquista dell’aeroporto della città da parte del M23 e del controllo totale delle vie d’accesso e uscita dalla capitale regionale. Secondo diverse fonti anonime delle Nazioni Unite, sembrerebbe accertata la presenza di soldati in uniforme ruandese nella capitale del Nord Kivu. Ma non solo nella città si è arrivati allo scontro diretto tra truppe congolesi e ruandesi. Poco distante da Goma c’è infatti il confine che separa Ruanda e RDC, dove da lunedì sono stati riportati diversi scontri a fuoco. Un ufficiale dell’esercito ruandese ha dichiarato a AFP che sono stati riportati 5 morti e 25 feriti nei pressi di Gisenyi, città al confine con la RDC. 

Violente proteste nella capitale Kinshasa

Le violenze e la tensione non sono state circoscritte alle regioni orientali dell’enorme Paese africano. Ieri a 1.500 chilometri da Goma, nella capitale della RDC Kinshasa, la popolazione è scesa in piazza manifestando contro l’inattività della comunità internazionale nel sanzionare e fermare il Ruanda dal suo obbiettivo di conquistare i centri estrattivi più importanti nelle regioni orientali della RDC. Durante le proteste sono state prese d’assalto le ambasciate di diversi Paesi sia del continente africano – come quelle di Uganda, Sudafrica e chiaramente Ruanda – sia quelle di Stati Uniti, Francia, Belgio e strutture delle Nazioni Unite. I manifestanti hanno dato alle fiamme macchine e pneumatici per le strade della capitale, arrivando allo scontro con le forze dell’ordine. A stretto giro dall’assalto alle ambasciate è arrivata la condanna da parte del segretario per gli affari esteri del Kenya Korir Sing’Oei, al quale ha fatto eco il ministro degli esteri francese Jean-Noel Barrot definendo gli attacchi «inaccettabili». 

Venti di guerra

Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si è riunito in seduta straordinaria 3 volte da sabato chiedendo sempre più insistentemente al Ruanda di smettere il rifornimento e l’appoggio al M23 e alla milizia di ritirarsi dalle posizioni conquistate, soprattutto per evitare l’aggravarsi di una crisi umanitaria che vede più di 7 milioni di sfollati interni. Secondo le Nazioni unite sono presenti sul suolo congolese almeno 4.000 effettivi dell’esercito ruandese, che però Kigali ha giustificato come missione a protezione dei suoi confini. La tensione tra i due Stati della Regione dei Grandi Laghi è sempre più alta e sembra possibile l’inizio di una guerra regionale, dopo che sabato 25 Kinshasa ha richiamato il suo ambasciatore a Kigali e ha cacciato i funzionari ruandesi dal suolo della RDC. La ministra degli esteri congolese, Thérèse Kayikwamba Wagner, in sede ONU, ha anche detto che «la presa di Goma da parte delle forze ruandesi e i suoi alleati equivale a una dichiarazione di guerra». Domenica il presidente Keniano William Ruto – oggi presidente di turno dell’East African Community, di cui fanno parte sia la RDC che il Ruanda – ha annunciato una seduta straordinaria dell’EAC con l’obbiettivo di far sedere a un tavolo i presidenti Tshisekedi e Kagame per arrivare a una soluzione diplomatica della situazione. Nessuno dei due però ha rilasciato commenti su questo incontro che dovrebbe tenersi tra oggi e domani. Questa mattina, invece, il presidente ruandese Paul Kagame, tramite il suo profilo X , ha dichiarato di aver avuto un colloquio con il segretario di Stato americano Marco Rubio, con il quale si è trovato d’accordo sulla necessità di arrivare il prima possibile a un cessate il fuoco, senza però dire nulla per quanto riguarda il ritiro delle truppe dalla RDC. Anche la contro parte congolese, Felix Tshisekedi ha avuto un colloquio con Rubio l’altro ieri nel quale il Segretario di Stato USA ha condannato la posizione del Ruanda nella guerra in corso.

L’obbiettivo di Kigali sembrerebbe sempre più chiaro: la conquista delle miniere di coltan, tungsteno e tantalio, tutti minerali indispensabili alla fabbricazioni di batterie elettriche. L’M23 ha fatto sapere agli abitanti di Goma di rimanere tranquilli e che da adesso la città sarà gestita dai miliziani, che hanno imposto la loro struttura di comando anche nelle altre città conquistate e nelle miniere limitrofe. Tutto sembra far pensare a una annessione de facto delle regioni conquistate dall’M23. 

Negli ultimi 30 anni l’est della RDC è stato teatro di continui scontri, sfollamenti di massa e uccisioni perpetrate dai più di 100 gruppi armati presenti nella regione. Ognuno di questi gruppi combatte per il controllo delle miniere e delle vie commerciali della regione al soldo di potenze straniere, nascondendo i propri obbiettivi dietro divergenze etniche. In più di 30 anni si parla di quasi 5 milioni di morti, centinaia di migliaia di violenze contro le donne congolesi, milioni di sfollati e  migliaia di persone che soffrono la fame. Quella che è stata chiamata la maledizione delle risorse, più che una maledizione sembra un obbiettivo perseguito con efferatezza da tutti quelli che quelle risorse non le hanno ma le bramano, una bramosia distruttiva.  

[di Filippo Zingone]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria