giovedì 30 Gennaio 2025

Napoli, la polizia sgombera i lavoratori GLS in protesta contro lo sfruttamento

A Napoli e provincia va avanti da mesi la lotta di 58 lavoratori GLS, licenziati per aver chiesto il rispetto dei propri diritti. Uno scenario distopico, che si aggiorna di settimana in settimana a suon di repressione. L’ultimo episodio, in ordine cronologico, è avvenuto mercoledì scorso, quando il picchetto al magazzino di Gianturco, quartiere industriale di Napoli, è stato sgomberato dalla polizia. Contestualmente un coordinatore provinciale del SI Cobas è stato condotto in Questura e denunciato per resistenza e violenza privata. Lo stato di agitazione va avanti, con i lavoratori sostenuti da diversi movimenti e associazioni locali, parti della rete Liberi/e di lottare – Fermiamo il DDL 1660.

Martedì sera, con l’inizio dello sciopero nazionale della filiera dei trasportatori indetto dai Cobas, riguardante i dipendenti di SDA, Bartolini e GLS, è partita anche una mobilitazione provinciale a sostegno dei 58 lavoratori licenziati. Questi ultimi, insieme a decine di solidali, hanno bloccato i principali magazzini di TEMI, a Gianturco e Frattamaggiore. La mattina seguente il picchetto nel quartiere industriale di Napoli è stato caricato e sgomberato dalla polizia. Un evento commentato, insieme al fermo del coordinatore provinciale Peppe D’Alesio, dal SI Cobas a L’Indipendente: «Il fronte delle lotte operaie della logistica è da anni, al di là dei colori dei governi nazionali, dai decreti-sicurezza di Salvini, il primo fronte dell’attacco repressivo dello Stato alla classe lavoratrice e ai movimenti sociali con una potenzialità anticapitalistica – come del resto ha riconosciuto lo stesso ministro della polizia Piantedosi. Non a caso, è stato l’unico comparto della classe proletaria a reagire anche contro la legge liberticida, da Stato di polizia, che il governo Meloni vuole varare con il DDL ex-1660».

Alla chiamata di solidarietà lanciata dai Cobas hanno risposto da tutta Italia, da Genova a Roma, passando per Piacenza, Milano, Brescia: all’alba di mercoledì i lavoratori di Bartolini hanno bloccato il magazzino di Orbassano (Torino). A San Pietro Mosezzo, in provincia di Novara, i corrieri GLS hanno incrociato le braccia per tutta la mattinata. La mobilitazione nazionale ha dunque colpito la Federazione Italiana Trasportatori (FEDIT) dove fa più male, dritto al profitto.

La TEMI, di proprietà del gruppo Tavassi, lavora in franchising con GLS, gestendone per Napoli e provincia il servizio di trasporto e spedizione delle merci. Lo schema è quello tipico dell’imprenditoria italiana, cioè ad appalto. Proprio le aziende in appalto del gruppo Tavassi, due mesi fa, hanno licenziato 58 lavoratori. «La loro unica “colpa” – sottolinea l’ala napoletana del SI Cobas – è quella di aver denunciato pubblicamente le condizioni di sfruttamento, sotto-salario e illegalità di ogni tipo in cui erano costretti a lavorare quotidianamente». Gli ex dipendenti hanno denunciato turni spezzati massacranti, dalle 5 del mattino fino a mezzogiorno e dalle 16 alle 22, con una pausa di quattro ore, che per molti vuol dire pranzare senza rincasare a causa delle distanze. 13 ore di lavoro, per un impegno che di fatto copre i tre quarti della giornata, sei giorni su sette. Si configura un sistema da oltre 300 ore lavorative mensili, a fronte di uno stipendio di 1300 euro netti (per una paga oraria di circa 4 euro), che non rispetta il diritto basilare a un riposo giornaliero di 11 ore continuative. Parte dei licenziati lavorava inoltre stabilmente con un contratto interinale – un tipo di rapporto di lavoro attraverso cui le aziende ricevono una prestazione senza offrire un’assunzione vera e propria.

La pressione su Tavassi e sulla filiera FEDIT, arricchitasi del fronte nei magazzini di SDA e Bartolini, ha come obiettivo immediato la difesa della libertà di scioperare e il reintegro dei lavoratori licenziati, guadagnando allo stesso tempo terreno, forza e consenso per il rinnovo dei contratti di secondo livello. Questi ultimi «hanno permesso a migliaia di lavoratori in tutta Italia di ottenere il riconoscimento dei ticket, dei passaggi automatici livello in base all’anzianità, dei premi di risultato, del pagamento di indennità di disagio per i turni spezzati e così via. Gli accordo-quadro di secondo livello sono ormai scaduti e non è stata manifestata alcuna volontà da parte padronale di procedere a un loro rinnovo ed adeguamento», ha commentato l’organizzazione sindacale a L’Indipendente. Con l’approvazione del disegno di legge repressione alle porte, Napoli, territorio oppresso dal lavoro nero e dallo sfruttamento, batte un colpo per rivendicare la crucialità dello sciopero e del dissenso nella tutela dei diritti.

[di Salvatore Toscano]

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