A una settimana dall’insediamento di Donald Trump, stanno già arrivando i primi tagli alla spesa pubblica. L’Ufficio di Gestione e Bilancio della Casa Bianca (OMB) ha emesso una nota in cui ordina la sospensione temporanea di «tutta l’assistenza finanziaria federale», paralizzando potenzialmente una vasta gamma di programmi federali. A venire coinvolti sembrano essere progetti e attività che potrebbero essere implicati da uno qualsiasi degli ordini esecutivi del presidente, che vanno dai programmi di diversità e inclusione a quelli di assistenza per i migranti. L’iniziativa prevede tagli per un valore totale di circa 3 mila miliardi di dollari, ma è stata temporaneamente congelata da un giudice federale; a causa dell’eccessiva confusione generatasi dopo la sua pubblicazione, il governo ha revocato il memorandum, ma la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha specificato che l’ordine rimane in vigore. Nel frattempo, la Casa Bianca ha annunciato un’analoga sospensione dei finanziamenti per la cooperazione internazionale USAID; questo provvedimento dovrebbe garantire il risparmio di oltre 70 miliardi di dollari, con un possibile fermo generalizzato di tutti i programmi di assistenza estera in fase di approvazione, a esclusione di quelli in Israele e in Egitto.
I tagli alla spesa assistenziale interna prevedono uno stop ai finanziamenti per quello che la Casa Bianca definisce «avanzamento di eguaglianza marxista». L’ordine esecutivo, di preciso, istituisce una pausa temporanea nei programmi legati agli altri ordini del presidente, con lo scopo di dare alle agenzie il tempo di stabilire se l’assistenza finanziaria è conforme alle politiche stabilite da Trump e alla legge degli USA. I programmi coinvolti, sosteneva il memorandum poi abrogato, costituiscono il 30% della spesa assistenziale federale. Essendo il contenuto del documento vago e generalizzato, la Casa Bianca ha pubblicato una nota di domande e risposte (Q&A) per fugare ogni possibile dubbio. Eppure, anche il Q&A è vago, scritto per slogan e contraddittorio. Esso elenca generici obiettivi, quali quello di «proteggere il popolo americano dall’invasione», che sembrano suggerire che a venire minati saranno programmi di assistenza per i migranti, piani di diversità e inclusione, progetti di tutela delle persone transgender, e piattaforme legate alle politiche ambientali e all’energia rinnovabile. Tuttavia, in un passo si legge che «qualsiasi programma che offra vantaggi diretti ai singoli individui non è soggetto alla pausa» e non risulta chiaro se questo includa anche le persone affette dai programmi che l’ordine esecutivo intenderebbe bloccare: una cosa è infatti fermare i finanziamenti ai programmi, un’altra l’assistenza agli individui che non passa dalle piattaforme. Quando passa alla spiegazione di questo punto, il Q&A parla esplicitamente di Medicaid, assistenza alla casa, e finanziamenti alla produzione agricola, senza invece citare migranti, transgender e individui inclusi nei programmi per i quali è stata istituita la pausa.
Vista la confusione creatasi, la Casa Bianca ha deciso di revocare il memorandum, sostituendone l’intero contenuto con un più sintetico «se avete domande contattate il consigliere generale della vostra agenzia». Leavitt ha inoltre dichiarato in maniera piuttosto limpida che la scelta di ritirare il memorandum non comporta «una rescissione del congelamento dei finanziamenti federali». In sede di conferenza stampa, la stessa Leavitt ha confermato che la pausa dovrebbe riguardare i programmi destinati a persone transgender e migranti. La decisione di tagliare le spese federali è stata sin da subito oggetto di critiche da parte di attivisti umanitari e politici democratici. Poco prima della sua entrata in vigore, che era fissata per il pomeriggio del 27 gennaio, un giudice federale ha bloccato temporaneamente l’ordine. La sospensione amministrativa, motivata da una causa intentata da gruppi no-profit che ricevono fondi federali, durerà fino al pomeriggio di lunedì 3 febbraio; la mattina dello stesso giorno è infatti prevista un’udienza in tribunale per esaminare la questione.
Analogamente a quanto successo con il provvedimento sui sovvenzionamenti federali, anche l’annuncio dello stop agli aiuti tramite l’agenzia USAID ha generato caos e confusione, paralizzando diversi programmi. L’ordine esecutivo risale a lunedì 20 gennaio e stabilisce che «nessuna ulteriore assistenza estera venga erogata se non pienamente in linea con la politica estera del Presidente degli Stati Uniti». Il decreto, di preciso, istituisce una pausa di 90 giorni nell’assistenza allo sviluppo estero degli Stati Uniti per gli stessi motivi per cui sono stati fermati gli aiuti federali, ossia per lasciare spazio a una «valutazione dell’efficienza programmatica e della coerenza con la politica» – questa volta estera – «degli Stati Uniti». Esso è diretto a tutti i nuovi obblighi, ai fondi di assistenza allo sviluppo verso Paesi stranieri, alle organizzazioni non governative e alle organizzazioni internazionali. Il decreto dispone che le revisioni dei programmi vengano ordinate dal dipartimento responsabile e dai capi delle agenzie secondo le linee guida fornite dal segretario di Stato, dando un ampio margine di manovra a Rubio. Il segretario, di preciso, ha ordinato il fermo di tutti i programmi che non coinvolgono Egitto e Israele.
Dalla Birmania alla Thailandia, i programmi di aiuto di tutto il mondo hanno vissuto un attimo di terrore, senza capire se il 20 gennaio segnasse la fine dei finanziamenti statunitensi. In un primo momento, il fermo alle sovvenzioni sembrava coinvolgere progetti assistenziali di diversa natura, dai fondi per l’AIDS a quelli di assistenza ai rifugiati, e molteplici ONG e associazioni umanitarie hanno criticato aspramente l’iniziativa. Il Segretario Generale dell’ONU, Guterres, ha espresso «preoccupazione» per la manovra e chiesto ulteriori proroghe per i programmi umanitari più critici. Successivamente, tuttavia, Rubio ha disposto una deroga – di cui il Washington Post ha ottenuto una bozza – all’ordine, dichiarando che le forme di «assistenza salvavita» come medicine e servizi medici di base, cibo, alloggio, e tutti i costi associati per fornire tale assistenza non saranno soggetti alla pausa; non è tuttavia ancora chiaro quali programmi rientrino tra le piattaforme «salvavita». Una nota a margine va fatta per l’Ucraina, dove la situazione sembra particolarmente incerta. Un funzionario ucraino ha confermato al Financial Times che non ci sarà alcuna interruzione degli aiuti militari da parte degli Stati Uniti, ma sul destino delle altre piattaforme non si hanno ancora notizie. Ieri, riporta il Kiev Indipendent, il presidente Zelensky ha ordinato ai propri funzionari di redigere un elenco dei programmi che verranno affetti dall’iniziativa statunitense, dopo non essere riuscito a rispondere a una domanda sul tema postagli in conferenza stampa.
[di Dario Lucisano]