giovedì 6 Febbraio 2025

Dopo mesi finisce l’odissea di Maysoon Majidi, attivista curda scambiata per scafista

Dopo oltre un anno dal suo inizio, è finita con la piena assoluzione l’odissea giudiziaria di Maysoon Majidi. Attivista di origini curdo-iraniane, 28 anni, era stata arrestata il 31 dicembre 2023, giorno in cui sbarcò con altre 77 persone sulla costa di Crotone. Accusata di essere una scafista nonostante le poche e fragili prove a suo carico, il tribunale di Crotone aveva precedentemente disposto la sua liberazione alla luce delle dichiarazioni dei testimoni, che hanno fatto venire meno i pochi e contraddittori indizi di colpevolezza a suo carico. Dopo 302 giorni di carcere, può «tornare a vivere», come ha detto lei stessa alla sua avvocata Serena Chiodo. «Questa vicenda ha evidenziato ancora una volta le gravi lacune di un assetto normativo che mira a criminalizzare le persone migranti e le azioni di solidarietà, piuttosto che perseguire i veri trafficanti di esseri umani», ha commentato Chiodo.

Attivista politica, membro dell’ONG Hana e dell’associazione curda della diaspora, regista e reporter, Maysoon era arrivata in Italia a seguito della fuga dall’Iraq, Paese nel quale si era rifugiata dopo aver preso parte alla rivoluzione esplosa in Iran a seguito dell’uccisione di Mahsa Amini. Appena messo piede sul suolo italiano, Maysoon prova a sottrarsi alle autorità, per paura di essere rimpatriata in Iran, ma viene arrestata e portata in carcere con l’accusa di essere una degli scafisti complici del «traffico di esseri umani» dalla Turchia alle coste italiane. «Concorso in favoreggiamento dell’immigrazione irregolare» è, in particolare, l’accusa che le viene rivolta dalla pm Maria Rosaria Multari. Rigettando fermamente queste accuse, Maysoon aveva iniziato in cella uno sciopero della fame che l’ha portata a scendere ad appena 40 kg di peso. Tuttavia, dovrà trascorrere dieci mesi in carcere prima che le autorità si decidano a rilasciarla, il 22 ottobre dello scorso anno: le ripetute richieste (cinque) dell’avvocato difensore che le fossero assegnati gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico sono puntualmente cadute nel vuoto.

Le accuse nei suoi confronti si sono basate sulle testimonianze di due persone presenti a bordo dell’imbarcazione sulla quale viaggiava Maysoon, che l’hanno identificata come parte dell’organizzazione di “scafisti” perchè distribuiva acqua e cibo tra i migranti. Resisi irreperibili per un certo periodo di tempo, i due testimoni sono stati successivamente rintracciati in Germania e hanno ritrattato la versione rilasciata alla magistratura, negando ogni complicità di Maysoon con la traversata. «Il fatto che avesse distribuito acqua e cibo durante la traversata è stato usato dal pm durante tutte le udienze, compresa l’arringa finale di ieri» spiega a L’Indipendente Filippo Sestito, presidente provinciale dell’ARCI, che ha seguito la vicenda di Maysoon sin dall’inizio. Molte udienze, spiega Sestito, sono girate intorno al fatto che l’accusa (che ha definito Maysoon «hostess» del viaggio) sosteneva che sul suo telefonino vi fossero chiamate e messaggi compromettenti, fatto poi rivelatosi non vero. «Noi eravamo convinti che sarebbe arrivata l’assoluzione, abbiamo seguito tutte le udienze e sapevamo che l’accusa non avrebbe retto».

Lo scorso 12 novembre era stato condannato per il reato di “scafismo” Ufuk Akturk, di 28 anni, accusato di aver guidato l’imbarcazione che ha condotto Maysoon e gli altri migranti fino alle coste italiane. Proprio lui aveva dato una svolta alle indagini, testimoniando in merito al non coinvolgimento di Maysoon con la traversata. L’accusa nei confronti di Ufuk, come sostiene l’organizzazione Free Mayson Majidi, è giunta per il solo fatto di aver condotto l’imbarcazione a destinazione, senza che l’uomo fosse coinvolto in alcun modo con l’organizzazione del viaggio – e senza che avesse ricevuto alcun compenso in denaro per averlo fatto, se non donazioni spontanee dai passeggeri in forma di ringraziamento. Come sottolineano gli attivisti, «chi si trova in situazioni economiche critiche come quelle di Ufuk accetta di guidare le imbarcazioni al posto di pagare le somme esorbitanti che questi viaggi costano». Tuttavia, «non hanno nessun ruolo nei complicati sistemi che speculano su questi viaggi, di cui sono complici i Paesi europei, in particolare con finanziamenti alle guardie costiere criminali», come quella libica o quella turca.

Alle 17 di ieri, dopo una breve sessione in camera di consiglio, i giudici hanno decretato la fine della vicenda per l’attivista curdo-iraniana, che può finalmente lasciarsi questa storia alle spalle. «Siamo felicissimi, e anche lei come noi tutti, perchè è potuta uscire da questa vicenda da donna libera» dichiara Sestito. Al momento, Maysoon si trova in un centro SAI (Sistema di Accoglienza Internazionale) in provincia di Reggio, in attesa della convalida della richiesta di asilo. Il suo desiderio, tuttavia, non è mai stato quello di rimanere in Italia, ma di riuscire ad arrivare in Germania – tanto da aver pagato per questo chi l’ha condotta fino in Italia.

Tuttavia, la storia di Maysoon non è l’unica di questo genere. La sua vicenda è infatti per molti versi simile a quella di Marjan Jamali, anch’essa accusata di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare a seguito di testimonianze rilasciate da uomini iracheni – successivamente spariti – che si trovavano sull’imbarcazione con lei. Marjam, arrestata due giorni dopo lo sbarco a Roccella Jonica, lo scorso ottobre, era in fuga dalle violenze del suo compagno e del regime iraniano. Anche nei suoi confronti le prove sembrano essere deboli, ma sull’esito della vicenda non vi è ancora nessuna certezza.

[di Valeria Casolaro]

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1 commento

  1. 1) Quando vengono finanziate le guardie costiere libiche o turche i Paesi Europei lo fanno al fine di NON FAR PARTIRE i migranti e se questi ultimi non partono gli scafisti NON guadagnano quindi non vedo proprio come questi fginanziamenti possano agevolare gli scafisti 2) Relativamente al caso specifico a riflessione è più PROFONDA, è evidente che il nostro sistema giudiziario NON funziona bene se basta un testimone senza riscontri oggettivi per mandare in galera una persona, è già successo con Enzo Tortora, indicato come delinquente da un mafioso ma poi era tutto FALSO, e con Franco Franchi indagato perchè durante uno suo spettacolo diversi spettatori lo hanno salutato e tra questi c’era un mafioso, come ben sappiano entrambi questi personaggi pubblici sono morti per IL DISPIACERE. E’ ora di una riflessione PROFONDA sulla possibilità di mandare una persona in galera privandola DELLA LIBERTA’ solo sulla base del “L’ho vista fare questo…” senza altri riscontri OGGETTIVI!!!

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