giovedì 6 Febbraio 2025

Erdogan riceve Al Jolani e mette la Siria sotto l’ala della Turchia

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il neo-presidente siriano Ahmed al-Sharaa, precedentemente conosciuto come Abu Mohammad al-Julani, si sono incontrati martedì nella capitale turca, Ankara, per discutere come rafforzare la partnership tra i due Paesi, specie per quanto riguarda la Difesa, i migranti e il commercio. Quello di al-Sharaa è il secondo viaggio internazionale da quando è stato designato come presidente ad interim della Siria. In precedenza aveva infatti incontrato a Riyadh il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman. La Turchia, che ha sostenuto le milizie guidate da al-Sharaa nel rovesciamento di Bashar al-Assad, sta cercando di consolidare il suo potere in Siria. Il nemico numero uno di Erdogan sono i curdi, che insistono nella regione di Kobane, al confine sud della Turchia, e continuano ad essere sotto il tiro dei colpi delle milizie fedeli alla Turchia. Quest’ultima, inoltre, sta cercando di fare pressioni su Israele affinché non consolidi le sue posizioni nel sud della Siria, nelle zone al di fuori delle alture del Golan.

Durante la conferenza stampa congiunta con al-Sharaa, Erdogan ha detto che la Turchia intende collaborare con la nuova leadership siriana. «Ho detto ad al-Sharaa che siamo pronti a fornire il sostegno necessario alla Siria nella lotta contro tutti i tipi di terrorismo, che si tratti di Daesh o del PKK» ha dichiarato durante la conferenza stampa. Citando il PKK Erdogan si riferisce implicitamente a tutti i curdi che intende combattere, quindi anche le Unità di Protezione del Popolo (YPG), le quali costituiscono lo zoccolo duro delle Forze Democratiche Siriane (SDF), sostenute dagli Stati Uniti.

Da parte sua, al-Sharaa ha dichiarato di volere una “partnership strategica” con la Turchia, invitando Erdogan a visitare la Siria. «Stiamo lavorando alla costruzione di una partnership strategica con la Turchia per affrontare le minacce alla sicurezza nella regione e per garantire sicurezza e stabilità permanenti alla Siria e al Turchia», ha detto al-Sharaa. Quest’ultimo si è quindi riferito alle «minacce che impediscono l’unità territoriale nel nord-est della Siria», in un chiaro riferimento alle SDF. Al-Sharaa ha respinto qualsiasi forma di autogoverno curdo e ha esortato le SDF a consegnare le loro armi.

I due leader hanno anche discusso di un nuovo patto di difesa che prevederebbe la costruzione di nuove basi militari turche in Siria. In particolare, nella Siria centrale, precisamente nella vasta zona desertica nota come Badiyah, dovrebbero sorgere due nuove basi aeree turche, utili ad ampliare il perimetro con cui la Turchia può colpire i combattenti curdi.

Sul fronte economico-commerciale, Erdogan si è impegnato per continuare a spingere per la revoca delle sanzioni internazionali imposte alla Siria durante il governo di al-Assad. Il sollievo dalle sanzioni è stata la massima priorità di al-Sharaa. Quest’ultimo, dal canto suo, si è impegnato a portare a termine un piano che prevede il licenziamento di un terzo dei dipendenti del settore pubblico e la privatizzazione delle aziende statali cruciali.

Sulla questione dei rifugiati siriani, Erdogan ha detto che è necessario sforzarsi per aiutare queste persone a tornare in Siria. La Turchia ha ospitato il maggior numero di rifugiati siriani dopo lo scoppio della guerra civile siriana nel 2011, e al suo apice ha accolto circa di 3,8 milioni di rifugiati siriani.

Per quanto riguarda invece il sud della Siria, Erdogan dice di aver discusso con al-Sharaa la necessità di portare pressione internazionale su Israele affinché abbandoni le posizioni conquistate a seguito della caduta di al-Assad, così come le alture del Golan occupate da Israele dal 1967 e successivamente annesse in maniera unilaterale nel 1981.

Nel frattempo, nel giorno in cui Erdogan e al-Sharaa si incontravano ad Ankara, il Dipartimento della Difesa statunitense ha annunciato di voler sviluppare piani per ritirare tutte le truppe statunitensi dalla Siria, in tre scenari di tempo differenti: 30, 60 o 90 giorni. Tale operazione rafforzerebbe senz’altro la Turchia e il governo di al-Sharaa nello scontro con i curdi, ai quali mancherebbe un appoggio, quantomeno simbolico, importante.

[di Michele Manfrin]

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