martedì 11 Febbraio 2025

Uno studio fa luce sulle turbolenze aeree, uno dei problemi irrisolti della fisica

È stato compiuto un significativo e “raro” passo avanti nella comprensione della turbolenza, uno dei fenomeni più complessi e meno dettagliati della fisica, che potrebbe portare a numerose implicazioni in settori come l’aerodinamica, la meteorologia e persino l’ingegneria biomedica: è quanto emerge da un nuovo studio sottoposto a revisione paritaria e condotto da un team internazionale di scienziati, che ha dettagliato i risultati ottenuti sulla rivista scientifica Science Advances. Sviluppando un nuovo approccio sfruttando un metodo ispirato all’informatica quantistica, i ricercatori hanno mostrato come tale tecnica consenta di ottenere simulazioni più efficienti rispetto ai metodi tradizionali, caratterizzate da un minor tempo di calcolo e uso della memoria. Tuttavia, nonostante il potenziale, gli autori sottolineano che il passo compiuto sarà da ampliare tramite ulteriori analisi, visto che si tratterebbe più di un progresso che «scalpella il problema ed amplia i nostri confini».

La turbolenza è stata a lungo un enigma per la fisica teorica. Il fisico teorico tedesco Werner Heisenberg avrebbe detto sul letto di morte: «Quando incontrerò Dio, gli porrò due domande: perché la relatività? E perché la turbolenza? Credo davvero che avrà una risposta per la prima». Sebbene si sappia che il flusso turbolento si sviluppa con la formazione di vortici che si frammentano in strutture sempre più piccole, infatti, una descrizione matematica completa del fenomeno è tuttora sfuggente: le simulazioni numeriche utilizzate per studiare il problema richiedono enormi risorse computazionali, rendendo impossibile modellare flussi complessi con precisione assoluta. Fino ad oggi, la maggior parte degli studi si è basata su metodi deterministici, che producono sempre gli stessi risultati a partire dalle stesse condizioni iniziali. Tuttavia, come spiegato dagli autori, questi approcci si scontrano con la natura intrinsecamente caotica della turbolenza, limitando la loro efficacia.

Per questo motivo, i ricercatori hanno proposto una svolta adottando un approccio probabilistico, ispirato al funzionamento dei computer quantistici: in particolare, la squadra ha applicato un algoritmo basato sulle reti tensoriali – uno strumento matematico utilizzato per simulare sistemi quantistici – riuscendo a ridurre drasticamente l’uso della memoria e il tempo di calcolo. Gli scienziati hanno spiegato che i computer quantistici elaborano le informazioni in un modo fondamentalmente diverso dai computer classici: i computer tradizionali, infatti, eseguono calcoli utilizzando bit, ovvero dati che esistono in uno stato alla volta, uno o zero. I computer quantistici, invece, utilizzano bit quantistici (o “Qbit”), che possono essere zero, uno o una qualsiasi combinazione di entrambi. Ciò, ha spiegato l’autore principale e ricercatore dell’Università di Oxford Nik Gourianov, consentirebbe di ottenere risultati in poche ore, laddove un supercomputer tradizionale impiegherebbe giorni. «La simulazione che stanno eseguendo è una simulazione fluida di due diverse sostanze chimiche che si mescolano e reagiscono. Utilizzando questa rappresentazione, significa che questo calcolo piuttosto complesso può utilizzare molta meno memoria, consentendone l’esecuzione su un laptop. È raro assistere a progressi come questo (un utilizzo della memoria un milione di volte migliore e un’accelerazione dei calcoli di mille volte) e questo rende questo un progresso entusiasmante nella modellazione della turbolenza», ha commentato James Beattie, ricercatore associato post-dottorato e ricercatore presso il dipartimento di scienze astrofisiche della Princeton University nel New Jersey, non coinvolto nello studio. Tuttavia, i “passi significativi” non forniscono ancora un quadro completo, in quanto servirebbero algoritmi e hardware di elaborazione “drasticamente nuovi” rispetto a quelli disponibili attualmente: «Molti scienziati (eccezionalmente talentuosi e dotati) hanno esaminato questo problema, ma non siamo ancora nemmeno vicini a risolverlo», ha concluso Gourianov.

[di Roberto Demaio]

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