La lotta per il diritto alla casa in Spagna segna un’altra vittoria. Dopo il tentativo di sgombero del 31 gennaio e la conseguente manifestazione organizzata dal Sindicat de Llogateres i Llogaters, che ha portato un migliaio di persone davanti all’ingresso della Casa Orsola, un edificio modernista nel quartiere dell’Eixample di Barcellona, il Comune ha deciso di acquistare l’immobile e ha promesso che non ci saranno più sgomberi per gli inquilini ai quali non era stato rinnovato il contratto d’affitto.
Migliaia di persone di ogni età già dalla sera del 30 gennaio hanno espresso il proprio appoggio nei confronti della Casa Orsola, un edificio storico della città, acquistato nel 2021 dal fondo d’investimenti Lioness Inversores per sei milioni di euro. Il piano dell’ormai ex proprietario, Albert Ollé, consisteva nel trasformare una grande parte delle case del palazzo in appartamenti ad affitto breve, triplicandone il canone d’affitto (fino a 2.500 euro al mese). Per poter compiere il suo piano di speculazione, la Lioness non aveva rinnovato molti dei contratti degli affittuari e per Josep, inquilino del palazzo da più di vent’anni, era sopraggiunta l’ingiunzione di sgombero per le 10.30 del 31 gennaio. In risposta, il Sindacato ha organizzato una lunga manifestazione e molte persone hanno pernottato davanti all’ingresso dell’edificio, per mostrare empatia e trasmettere un messaggio chiaro alle istituzioni: la Casa Orsola non si sgombera.
L’interesse mediatico scaturito dalla protesta ha fatto sì che la vicenda fosse seguita in diretta da numerosi notiziari spagnoli e catalani, mentre la folla accorsa a sostegno di Josep si stringeva contro l’eventualità dell’arrivo delle forze dell’ordine. L’eventualità non si è mai realizzata: il comitato giudiziario ha proclamato il rinvio dello sgombero di 72 ore, alle 5 del mattino del 4 febbraio. Dal balcone di Josep il Sindacato ha rilanciato: «hanno avuto paura, per la notte del 4 ci sarà ancora più gente».
Mentre il sindacato organizzava la nuova manifestazione, la vicenda era ormai divenuta troppo grande per passare inosservata. Il proprietario, attraverso una lettera diretta alla cittadinanza, ha dichiarato l’intenzione di vendere l’edificio, «dopo aver ricevuto ogni tipo di insulto e accusa». Il 3 febbraio il comitato giudiziario rinviava nuovamente lo sgombero al 18 febbraio: sembrava chiaro che la storia di Josep fosse ormai diventata un simbolo di resistenza. Il 7 febbraio, Jaume Collboni, sindaco di Barcellona, ha ufficializzato l’acquisto da parte del Comune dell’intero stabile, insieme all’entità sociale Habitat 3.
È importante considerare, infatti, che la negoziazione tra Comune e fondo d’inversione è avvenuta senza tenere conto del Sindacato né tantomeno degli inquilini stessi della Casa Orsola. Questo ha portato, tra le altre cose, all’acquisto dello stabile per 9,2 milioni di euro, che ha generato un beneficio alle casse di Albert Ollé di 3 milioni di euro in soli tre anni, a fronte di una spesa di mezzo milione di euro, senza considerare gli ingressi ottenuti dagli affitti stagionali. Il messaggio si fa quindi chiaro: a Barcellona il mercato immobiliare è un’attività sempre redditizia.
Jaume Collboni si è quindi preso il merito di un successo popolare, che in realtà non gli appartiene. A pochi giorni dalla vicenda della Casa Orsola, veniva sgomberata senza preavviso e con cariche della polizia l’Antiga Massana, locale storico di proprietà dello stesso Comune e il giorno successivo si celebrava il giudizio di due manifestanti, poi rinviati a giudizio per incongruenza di prove, imputati di disordine aggravato e resistenza a pubblico ufficiale in occasione di una manifestazione avvenuta nel 2020 in carrer Olzinelles, nel quartiere di Sants a difesa di alcuni appartamenti occupati da quattro famiglie con minori.
Mentre Collboni si affranca di questa vittoria, simultaneamente tra le sale conciliari combatte una battaglia potenzialmente devastante per la difesa del diritto alla casa. Difatti, nel 2019, durante l’amministrazione di Ada Colau, venne approvata una legge che garantiva l’obbligo per ogni nuova costruzione o riforma di destinare il 30% degli stabili a protezione sociale. Ancora oggi questa legge fa sì che 3.909 edifici restino esclusi dalle dinamiche tentacolari della speculazione immobiliare. A causa di numerose proteste mosse da aziende di costruzione, agenzie immobiliari, associazioni di proprietari e compagini politiche di destra ed estrema destra, Jaume Collboni sembra voler affossare una delle poche politiche cittadine a protezione degli affitti a canone protetto.
Se la vittoria del sindacato e della resistenza cittadina ha un sapore agrodolce, la valanga scaturita può divenire inarrestabile. Il 9 febbraio ha avuto luogo anche a Madrid una grande manifestazione contro il caro affitti che ha visto la partecipazione ancora una volta di migliaia di persone. A Cadice e a Siviglia, città fortemente interessate dal fenomeno turistico, sono nate due sezioni del Sindacato di Inquiline e in Catalogna è nata, a seguito del secondo Congreso de la Vivienda (Congresso della Casa) una Confederazione sindacale che unisce, tra gli altri, la Plataforma de Afectados por la Hipoteca e il Sindicat de Llogateres i Llogaters.
Purtroppo, la Casa Orsola è solamente un simbolo; lo stesso sindacato ha annunciato che nelle prossime settimane il Comune potrebbe sgomberare le baracche del quartiere di Vallcarca, nella parte superiore della città, senza dare alternativa alla settantina di persone che attualmente vive lì.
Mentre dal balcone della Casa Orsola Enric Aragonés, portavoce del sindacato, annunciava la vittoria della resistenza popolare, un mare di chiavi sventolava al grido di «Casa Orsola, no estàs sola» (Casa Orsola non sei sola). La rivoluzione delle chiavi sta per sbaragliare la società spagnola, ma la politica se n’è accorta troppo tardi.
[Testo e foto di Armando Negro]