Il sistema di apartheid e genocidio portato avanti da Israele si nutre di radici economiche e finanziarie profondissime e capillari. Colpire queste radici è una delle chiavi per porre fine all’ingiustizia che subiscono i palestinesi». Con queste parole, in un’intervista rilasciata a L’Indipendente, la relatrice ONU per i Territori Occupati Palestinesi, Francesca Albanese, sottolineava l’importanza del boicottaggio delle aziende coinvolte nelle politiche di occupazione israeliana. A questo scopo, è attiva a livello globale la campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni), che si impegna a sensibilizzare l’opinione pubblica, rendendo note le aziende con una comprovata storia di complicità nelle violenze israeliane. La campagna invita i consumatori ad adottare scelte di consumo critico e consapevole, astenendosi dal finanziare tali marchi. Tra le aziende nel mirino di BDS figura la grande catena di supermercati Carrefour. Il colosso francese, che gestisce oltre 1200 punti vendita in Italia, è definito senza mezzi termini dalla campagna come un facilitatore del genocidio in atto in Palestina. Carrefour ha infatti stretto una serie di partnership strategiche con Israele, aperto filiali negli insediamenti illegali e sostenuto attivamente l’esercito israeliano durante l’assedio della Striscia di Gaza.
La complicità di Carrefour nel progetto sionista
Il 21 dicembre scorso la sezione italiana del BDS ha organizzato una giornata di mobilitazione nazionale contro la complicità di Carrefour nel genocidio condotto in Palestina da Israele, oltre che nel collaudato sistema di colonialismo, occupazione e apartheid. Nel 2022 l’azienda francese ha stipulato un accordo di franchising con l’israeliana Electra Consumer Products e la sua controllata Yenot Bitan, due tra le maggiori realtà della grande distribuzione organizzata locale. In questo modo, i prodotti a marchio Carrefour sono sbarcati in Israele, nei circa duecento punti vendita di Yenot Bitan presenti sul territorio. Cinquanta di questi sono stati convertiti in filiali Carrefour a tutti gli effetti, con tanto di insegna all’esterno. L’azienda israeliana ha inoltre ottenuto il via libera per manifatturare merci della partner francese, da vendere poi in giro per il mondo. «Siamo fiduciosi che l’arrivo di Carrefour in Israele contribuirà in modo significativo a migliorare l’esperienza di acquisto locale e il potere d’acquisto dei clienti con offerte migliori a prezzi più accessibili» ha dichiarato Patrick Lasfargues, presidente di Carrefour International Partnership, noncurante del ruolo di Electra Consumer Products e della sua controllata nel progetto sionista. Otto punti vendita di Yenot Bitan sorgono infatti nelle colonie israeliane illegali, nella Cisgiordania occupata, tra cui Ariel e Ma’ale Adumim. Due filiali di Carrefour risultano inoltre aperte nella città-insediamento di Modi’in-Maccabim-Re’ut. Da due anni il colosso francese dei supermercati trae quindi profitto da una situazione di illegalità e di violazione dei diritti umani, commerciando all’interno di colonie che dirottano le risorse naturali, perpetrano un sistema violento e segregativo e impediscono la continuità territoriale tra città e villaggi palestinesi.
L’illegalità degli insediamenti israeliani in Cisgiordania – così come il sostegno offerto loro da terzi – è stata di recente ricordata dalla Corte Internazionale di Giustizia (CIG), che sta processando Israele per le accuse di genocidio avanzate in primis dal Sudafrica. Le violazioni dei più basilari diritti umani da parte dello Stato ebraico sono state più volte oggetto di condanna anche in sede ONU; senza l’azione concreta degli Stati, però, il diritto internazionale resta lettera morta. Proprio di fronte all’inerzia e dunque alla complicità di gran parte della comunità internazionale, assume valore la campagna BDS, che attraverso la pressione mediatica ed economica intende scardinare l’impunità di Israele. Consumatori consapevoli possono fare la differenza e lanciare un messaggio chiaro ai partner di Tel Aviv: lo status quo va superato. Oltre a non acquistare da Carrefour, BDS invita a scrivere all’azienda francese per ricordarle la sua complicità e chiederne la fine.
Un anno dopo gli accordi con Electra Consumer Products e Yenot Bitan, Carrefour ha rafforzato il commercio con Tel Aviv annunciando l’avvio di una partnership con diverse startup israeliane – tra cui Vulcan, specializzata nella sicurezza informatica, AI21Labs, Iguazio e Wasteless, impegnate invece nel ramo dell’intelligenza artificiale. Si tratta di due settori cruciali per uno Stato moderno, a maggior ragione per Israele, che basa la propria sopravvivenza sulla repressione dell’indigeno. Sui palestinesi vengono sperimentate tecnologie all’avanguardia (sic!) da esportare e vendere in giro per il mondo. L’intelligenza artificiale è stata usata anche nel massacro di Gaza: il sistema Lavender ha identificato più di 37 mila palestinesi come obiettivi militari, elaborando un database di obiettivi non confermati ma presunti. Per colpirli, l’esercito occupante ha adottato una politica estremamente permissiva riguardo alle vittime collaterali, ritenendole accettabili in un numero compreso tra 15 e 20 per ogni (presunto) combattente della Resistenza ucciso. Mentre i soldati delle Forze di difesa israeliane mettevano a ferro e fuoco la Striscia di Gaza, Carrefour garantiva loro supporto, fornendo gratuitamente migliaia di razioni alimentari.
La complicità di Carrefour nell’assedio di Gaza è stata la goccia che ha fatto traboccare il famoso vaso, inasprendo la campagna di boicottaggio nei suoi confronti. In tutto il mondo si sono verificate proteste contro l’azienda francese; Milano, Nairobi, Lione sono soltanto alcune delle città dove i manifestanti hanno sanzionato Carrefour, danneggiando vetrine e distribuendo volantini informativi circa il suo ruolo in Medio Oriente. Proprio nella regione, il movimento BDS ha trovato il suo fulcro: una settimana prima dell’annuncio della tregua a Gaza, avvenuto la sera del 15 gennaio scorso, Carrefour ha confermato la chiusura di tutti i suoi negozi in Oman; a novembre era stata la volta della Giordania. Due vittorie prontamente rivendicate da BDS, che ha ringraziato il popolo arabo per il suo consumo informato. Il mercato del Medio Oriente è risultato infatti in forte contrazione per Carrefour, che ha registrato un calo significativo dei clienti e degli utili. Nei primi sei mesi del 2024 l’azienda francese ha visto diminuire il suo profitto del 47% rispetto all’anno precedente.
L’importanza del boicottaggio
Il cessate il fuoco a Gaza – su cui aleggiano comunque dubbi circa la tenuta (almeno al 18 gennaio, data di scrittura dell’articolo) – non è piovuto dal cielo, Israele si è trovato costretto a sedersi al tavolo con Hamas perché in un anno e mezzo non è riuscito a raggiungere il suo scopo: l’annientamento della Resistenza, tanto militare quanto culturale. È stata proprio la Resistenza legata alla Sumud, unitamente alla voce dei popoli in giro per il mondo e alle campagne come quelle del BDS, a centrare l’obiettivo.
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Il BDS si ispira al movimento anti-apartheid sudafricano, fondamentale per la caduta, avvenuta nel 1994, del regime segregazionista che per oltre quarant’anni separò i bianchi dai neri comprimendo i diritti di questi ultimi. La campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni nei confronti di Carrefour intende ottenere la fine degli accordi con Electra Consumer Products e Yenot Bitant, così come della partnership con le start-up israeliane. Infine, chiede di fermare le vendite dei prodotti provenienti dagli insediamenti illegali dello Stato ebraico nelle migliaia di supermercati che Carrefour gestisce in tutto il mondo. «Dobbiamo concentrarci strategicamente su un numero relativamente piccolo di aziende e prodotti accuratamente selezionati per ottenere il massimo impatto», ha dichiarato il BDS in una nota, ricordando le vittorie ottenute negli anni con i dietrofront di G4S, Veolia, Orange, Ben & Jerry’s e Pillsbury nelle loro politiche di complicità verso Israele.
La maturazione a livello globale del capitalismo rilancia l’attacco al profitto quale strumento di pressione, operabile da consumatori consapevoli, consci del potere delle proprie scelte e dell’unità potenziale di queste ultime.
[di Salvatore Toscano]
L’ unione fa’ la forza. Oltre a non entrare in Carrefour e non avere fondi di investimento, almeno per quanto le mie ricerche me lo consentano, gestiti da Blackrock, faccio una fatica tremenda ad entrare nei negozi Conad dopo che, nello scellerato anno 2021, la proprietà aveva intimato ai propri dipendenti l’ obbligo di vaccino pena il licenziamento. Ricordiamocelo.
Continueremo fin quando non esisteranno più.