giovedì 20 Febbraio 2025

Repubblica Democratica del Congo, i ribelli avanzano: si teme l’allargamento del conflitto

Dopo la presa di Goma, capitale della provincia orientale del Nord Kivu, ieri, domenica 16 febbraio, i ribelli congolesi sono entrati a Bukavu, seconda città della sponda est e capitale provinciale del Sud Kivu. Il governo congolese ha chiesto alle truppe del Ruanda, che sosterrebbero i ribelli, di ritirarsi dal territorio del Paese, mentre l’ONU ha lanciato un appello ai vari membri perché agiscano in supporto del Congo. A rendere ancora più instabile la situazione nella regione, ci sono gli attacchi delle Forze Alleate Democratiche (ADF), un movimento islamista affiliato allo Stato Islamico, contro cui ha deciso di muoversi Muhoozi Kainerugaba, capo dell’esercito ugandese e figlio del presidente. Dopo avere dato un ultimatum alle forze in gioco, Kainerugaba ha iniziato a marciare verso Bunia, capitale della regione congolese dell’Ituri, a nord della provincia del Nord Kivu, accusando il governo centrale di non stare proteggendo i cittadini dall’ADF. L’esercito ugandese sostiene quello congolese nella lotta contro i militanti islamisti dal 2021, tuttavia, secondo esperti delle Nazioni Unite, anch’esso fornirebbe supporto all’M23, per mettere le mani sulle tante risorse minerarie della regione.

L’avanzata dell’M23 verso Bukavu è iniziata poco dopo la caduta di Goma di fine gennaio. Gli scontri sono stati inaugurati venerdì 14 febbraio, quando i ribelli hanno annunciato di avere conquistato l’aeroporto della città. Nell’arco di una manciata di ore, le forze dell’M23, secondo il governo congolese sostenute direttamente dall’esercito ruandese, sono riuscite a penetrare nella città, e il giorno seguente sembra siano scoppiati i primi scontri nel centro di Bukavu. Lo stesso sabato 15 febbraio, un portavoce del Programma Alimentare Mondiale ha detto all’agenzia di stampa Reuters che il deposito cittadino dell’agenzia, che conteneva 6.800 tonnellate di cibo, era stato saccheggiato, aggiungendo che le attività del gruppo risultavano ormai sospese da settimane a causa del deterioramento della sicurezza. Parallelamente, nella città sono state svuotate le carceri, mentre l’esercito regolare ha tentato di salvare il salvabile, dando fuoco ai depositi di armi per evitare che i ribelli ne entrassero in possesso. Domenica 16 febbraio è arrivata conferma che i ribelli avevano conquistato la città. Il comandante dell’M23 Bernard Byamungu ha dichiarato a Reuters di avere preso il controllo di Bukavu a partire da circa mezzogiorno, pare, secondo le testimonianze, senza incontrare una reale resistenza. Poco dopo, è arrivata la conferma da parte del governatore della provincia del Sud Kivu, Jean-Jacques Purusi. Non è ancora chiaro se l’M23 ha intenzione di continuare la propria avanzata.

Ad aggravare la crisi davanti a quella che sembra una inarrestabile cavalcata dell’M23 è arrivato il capo dell’esercito ugandese, e secondo molti erede alla presidenza. Sabato 15 febbraio, Muhoozi Kainerugaba ha iniziato a marciare verso Bunia per liberare la città dalle forze islamiste che la attaccano, accusando il governo congolese di non stare difendendo adeguatamente la popolazione. A Bunia, denuncia Kainerugaba, le persone di etnia Bahima starebbero venendo uccise dai movimenti islamisti a causa delle inadempienze dell’esercito regolare, che non sarebbe riuscito a sfruttare la presenza ugandese sul territorio, impedendo il dispiegamento delle truppe alleate. L’Uganda sostiene infatti l’esercito congolese nel suo contrasto alle incursioni dell’ADF dal 2021, e a gennaio e febbraio ha mandato ulteriori forze di supporto. Lo stesso sabato, il generale ha condiviso un post che denunciava la scarsa capacità di gestire la crisi da parte dell’esercito congolese mostrando un video che ritraeva i morti che sarebbero stati causati le milizie islamiste della regione. Nello stesso post, l’autore scrive che «un totale di 21 tribù di Ituru hanno tenuto un incontro e hanno formato un’organizzazione politica per combattere per la propria sopravvivenza», aggiungendo che «sette delle loro milizie, completamente armate, hanno formato un alto comando congiunto per proteggere sé stessi e le loro famiglie». Pare che questa nuova forza abbia chiesto all’Uganda di rimanere fuori dalle questioni interne al Congo, ma il generale ha deciso di marciare comunque.

La marcia di Kainerugaba ha alimentato le preoccupazioni che il conflitto tra le forze congolesi e i ribelli dell’M23 sostenuti dal Ruanda possa sfociare in una guerra regionale più ampia. Malgrado il supporto contro l’ADF, infatti, anche l’Uganda è ritenuto vicino all’M23, mentre lo stesso Kainerugaba non ha mai nascosto la propria vicinanza nei confronti del presidente ruandese Paul Kagame. Dopo tutto, l’area interessata, di preciso quella del Congo orientale, fa gola a diversi attori. Il Congo è infatti una terra ricca di risorse minerarie. Negli ultimi 30 anni l’est del Paese è stato teatro di continui scontri, sfollamenti di massa e uccisioni perpetrate dai più di 100 gruppi armati presenti nella regione. Ognuno di questi gruppi combatte per il controllo delle miniere e delle vie commerciali della regione, spesso al soldo di potenze straniere quali gli stessi Ruanda e Uganda, nascondendo i propri obbiettivi dietro divergenze etniche. In più di 30 anni si parla di quasi 5 milioni di morti, centinaia di migliaia di violenze contro le donne congolesi, milioni di sfollati e migliaia di persone che soffrono la fame.

[di Dario Lucisano]

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