Il Governo italiano ha di fatto posto il segreto di Stato sul caso Paragon, celando all’occhio pubblico ogni informazione aggiuntiva riguardante il rapporto tra Forze dell’ordine e il programma di spyware noto come Graphite. Dopo giorni di mezze omissioni, velate imprecisioni e chiusure ermetiche, resta il dubbio su chi abbia sorvegliato illecitamente giornalisti e attivisti, nonché il ruolo rivestito dall’Amministrazione Meloni sull’intera faccenda.
Come successo per il caso Almasri, il Governo non ha assunto responsabilità dirette, non ha invocato esplicitamente la ragion di Stato per occultare le informazioni riguardanti l’azienda israeliana Paragon Solutions, piuttosto ci è girata scivolosamente attorno. Palazzo Chigi aveva affrontato inizialmente le voci che la legavano allo spyware con una nota pubblicata il 5 febbraio in cui, sostanzialmente, diceva di essere consapevole di “presunte attività di spionaggio”, ma si dichiarava estranea a ogni illegalità. Da allora, The Guardian e Haaretz hanno rivelato non solo che l’Italia ha firmato dei contratti con Paragon Solutions, ma che questi sono stati sospesi, se non addirittura cancellati, a causa della violazione dei termini di servizio e del quadro etico dell’azienda.
Il 12 febbraio, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani (FdI), ha risposto a molteplici interrogazioni parlamentari dell’opposizione, ammettendo l’esistenza di un legame contrattuale in essere tra l’impresa israeliana e lo Stato. “Nessuno ha rescisso in questi giorni alcun contratto nei confronti dell’intelligence. Tutti i sistemi sono stati e sono pienamente operativi contro chi attenta agli interessi e alla sicurezza della Nazione”, ha dichiarato il politico, minacciando poi querele a chiunque sostenga che il Governo abbia spiato giornalisti e attivisti. Due giorni dopo, i servizi segreti hanno comunicato all’agenzia di stampa ANSA che “l’Intelligence italiana e Paragon Solutions hanno concordato di sospendere l’operatività del sistema fino alla conclusione della procedura di due diligence condotta dal Copasir e dall’Agenzia nazionale per la cybersicurezza”. Non è mai stato esplicitato se la sospensione in questione sia quella citata nei giorni scorsi dalle testate straniere o se la stessa sia avvenuta successivamente all’intervento di Ciriani.
Essendo rimasto un certo grado di ambiguità, le opposizioni son tornate a fare domande, tuttavia ieri, 18 febbraio, il Governo ha annunciato che non si sarebbe presentato al Question Time previsto per oggi. Ovvero, si rifiuta di rispondere. Fanpage rivela che la decisione sia stata ufficializzata da un comunicato siglato dal Presidente della Camera, Lorenzo Fontana (Lega), il quale riporta che quanto già detto dal Governo in occasione della passata interrogazione contenga “le uniche informazioni pubblicamente divulgabili”. Secondo Alfredo Mantovano, sottosegretario con delega ai servizi segreti, il resto “deve intendersi classificato” e l’Amministrazione Meloni avrebbe intenzione di rispondere solamente al comitato parlamentare che cura i rapporti con i servizi segreti, il Copasir.
Non è chiaro come mai il Governo, dopo aver risposto a colpi di mezze verità, abbia improvvisamente deciso di trincerarsi nel silenzio. Aleggia il sospetto che il cambio di rotta sia dovuto alla serie di domande che erano previste per oggi, le quali riguardavano specificatamente il rapporto tra Polizia penitenziaria e lo spyware Graphite. Un’ipotesi che è parzialmente sostenuta dalle dichiarazioni social di Matteo Renzi (IV), il quale sostiene di aver “parlato a lungo oggi con il sottosegretario Mantovano. Mi ha detto che il governo sarebbe venuto solo se avessimo cambiato le domande“. Nel frattempo, la Federazione nazionale della Stampa italiana (Fnsi) e l’Ordine nazionale dei giornalisti hanno entrambe avviato una denuncia contro ignoti presso la Procura di Roma.
[di Walter Ferri]
Fascisti de mierda!